Cuperlo: “Il governo Draghi e la riflessione di Iacopo Melio”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
Al governo nato ieri gli auguri van fatti per motivi diversi. Il primo è che dovrà gestire mesi complicati, il piano di vaccinazione più imponente della storia recente (e non solo), la programmazione dei fondi in arrivo dall’Europa e l’impatto della crisi su redditi e famiglie già provati da un anno di chiusure e licenziamenti.
Detto ciò tra qualche giorno il discorso alle Camere del premier chiarirà aspetti centrali dell’azione che caratterizzerà l’esecutivo.
Per una volta sarà interessante, nel senso di non scontato, ascoltare le richieste che pubblicamente avanzeranno i rappresentanti dei partiti entrati nella nuova maggioranza e questo perché, oltre ogni ritualità, saranno espressione di punti di vista anche radicalmente distanti su temi centrali (politiche fiscali, accoglienza dei migranti, strategie di ristoro e sostegno al reddito compreso quello di cittadinanza, coordinamento tra Stato e Regioni, gestione della campagna vaccinale…).
Stamane la rassegna stampa brulica di analisi, scenari, commenti. Tutte letture utili (se avete tempo e tenacia).
Un articolo però spicca (nel senso letterale che, a mio modesto avviso, domina) sugli altri.
Lo ha scritto un ragazzo – a ventotto anni per i parametri nostri lo si è ancora – che da qualche mese è consigliere regionale del Pd in Toscana (per inciso, il più votato).
Ho conosciuto Iacopo (Iacopo Melio) anni fa a Lazzeretto dove vive, località dell’empolese sopra Cerreto Guidi. Lui aveva da pochi giorni, una settimana circa, lanciato la sua personale campagna civile battezzata #vorreiprendereiltreno.
Me lo presentò Gabriella Menichetti, cara compagna di lì, e parlammo un po’ a margine dell’iniziativa fissata, dove poi anche lui prese la parola.
Iacopo è una persona dallo straordinario valore, acutezza, capacità. E oggi su Repubblica ha scritto un articolo di straordinaria intelligenza, passione, sincerità.
Ha spiegato con parole semplici e colte (condite persino dal concedere a sé stesso una battuta da black humor), dicevo ha spiegato perché l’idea (e la pratica) di un ministero della Disabilità sia un errore e una regressione sotto il profilo politico e culturale.
Ha descritto, e sa di cosa parla, perché sia sbagliato consolidare persino in chiave istituzionale l’esistenza di una “categoria a parte” e dunque l’esigenza di provvedimenti “speciali” per persone “speciali” aiutando i disabili “nel recinto loro, infilandoli in uno scompartimento, sia mai ambissero allo stesso trattamento degli altri cittadini”.
E ha pure indicato la via maestra che sarebbe utile imboccare: “basterebbe che tutti i ministri tenessero di conto della disabilità quando, nel proprio settore, vengono realizzate nuove manovre, rendendole inclusive per tutti”.
Per concludere che “basterebbe ricordarsi di ogni diversità, non solo quella fisica, senza indossare guanti bianchi ma uno sguardo aperto e intersezionale, che non appiccichi etichette ma le combatta convintamente al punto da non vederle”.
E infine e soprattutto “basterebbe sfruttare ciò che già esiste e funziona benissimo in un’ottica di uguaglianza: il ministero per le Pari Opportunità, ad esempio, perché di questo stiamo parlando, di persone che chiedono stessi diritti e non di specie in via d’estinzione da salvaguardare”.
“Siamo persone e non dei panda” conclude Iacopo.
E io non ho diritto alcuno di aggiungere altro, se non mandargli un abbraccio carico di stima e affetto.
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