Autore originale del testo: Alfredo Morganti
La fiducia al governo e la responsabilità di un nuovo centrosinistra
Ci vuole coraggio o spregiudicatezza a far dimettere le proprie ministre (Teresa, Elena) dal governo e poi dire che non c’è preclusione, le porte del dialogo restano aperte e che, semmai, è Conte che non vuole discutere. Uscire battendo la porta non è mai un segno di dialogo, o forse sì nello strano universo alternativo renziano. Ma i fatti sono questi, e quel gioco di continui tira e molla è palesemente terminato e non più efficace. Anche perché è davvero contro intuitivo e poco comprensibile che uno che se ne va accusando il governo e le forze politiche di populismo, poi dica di essere pronto a discutere di contenuti. Quali? Non poteva farlo prima con la dovuta intelligenza e il dovuto rispetto invece di sparare penultimatum?
Il problema di Renzi è paradossale: ossia contenere quel suo misero extra small 2% all’interno di un involucro narcisistico extra- extralarge. È chiaro che non c’è alcuna congruità, e che la misura è sbagliata. È il caso tipico del mingherlino che decide di indossare una canotta gialla dei Los Angeles Lakers, prima o poi ci inciampa. La regola base è che, in un governo di coalizione, si conta per quanto si vale (e i renziani, peraltro, nel governo Conte contavano ben al di sopra dei loro mezzi effettivi, per palesi ragioni legate a una marginalistica rendita politica, la stessa che il Renzi premier negava ai “piccoli partiti”). Questo non per cattiveria o per rivalsa personale, ma per ragioni democratiche ineludibili.
Oggi Conte fa bene ad appellarsi al Parlamento. La parola “responsabilità” è un’ottima parola, soprattutto in politica e nella vita civile. Dunque è giusto che la spenda in Aula, dinanzi alle forze politiche, mostrando come la ricerca di responsabilità avvenga alla luce del sole e sia dichiarata pubblicamente, in nome della salvezza del governo e della legislatura. Cosa si aspettava Renzi, un tappeto rosso? La Boschi ministra? Lui alla NATO? Magari come premio per la sagacia dimostrata.
Detto questo, la battaglia vera non finisce qui, anche nel caso Conte ottenesse la fiducia. I passi successivi chiedono una strategia politica che metta in sicurezza la prospettiva con alcune mosse politiche di lungo corso, ma necessarie, che io riassumo così: nascita di un nuovo, grande partito della sinistra, che sia largo e plurale, una casa per tutti; evoluzione (già in corso) del Movimento verso una forza che si senta a suo agio nelle istituzioni, pur senza perdere l’ancoraggio popolare; nascita di un terzo polo democratico, liberale, istituzionale che presidi il centro politico delle istituzioni.
Diciamo che potrebbe trattarsi di un nuovo centrosinistra a tre poli, che sappia garantire presente e futuro lungo una linea di rinnovamento e di cambiamento profondo del Paese nel senso della sostenibilità, della giustizia sociale, della uguaglianza e dei diritti, secondo le parole chiave emerse in questi mesi di pandemia: solidarietà, cura, ricchezza sociale, partecipazione e, appunto, responsabilità personale e pubblica. La stessa, in fondo, che oggi si chiede coerentemente al Parlamento, per evitare che l’Italia vada a rotoli piegata dai particolarismi e dalle ambizioni politiche, come se il virus non fosse ancora in strada, a seminare incertezza, sofferenza, morte.