I valdostani, l’autonomia regionale e il virus. Breve storia triste.
In Val d’Aosta la legge regionale anti-DPCM è stata emanata in nome del principio di autonomia. Come dire che, regione per regione, ognuno si fa il Covid che vuole. C’è quello toscano, quello abruzzese e quello valdostano, appunto. Non credo, tuttavia, che i valdostani siano così sciocchi da ritenere che l’autonomia sia declinabile anche in termini virali o patologici. Ne deduco, perciò, che si tratta della solita manfrina “aprite/aprite” a uso delle categorie locali (bar, ristoranti, pizzettari e paninari), per trarne qualche vantaggio elettorale o consenso spicciolo.
Una litania “aprite/aprite” che, solitamente, è seguita da un “chiudete/chiudete” quando gli ospedali scoppiano e le terapie intensive diventano l’anticamera del peggio, proprio a causa dell’ “aprite/aprite” antecedente. I politici regionali di cui sopra sono perciò costretti a porre rimedio al danno, tentando di frenare l’escalation del contagio, ovviamente, accusando il governo di non chiudere. Oppure, come Zaia, fanno la manfrina chiudendo il traffico intercomunale ma solo dopo le quattordici, eh, quando ormai si sono già mischiati tutti al mattino e chi s’è visto s’è visto. O ancora come Toti che, fino a pochi giorni fa, chiedeva tutta zona bianca per Natale, come se il Covid fosse religioso, timorato, e ci risparmiasse le feste. È come chiedere una tregua politica a fronte di nessuna tregua epidemica, anzi.
Come vedete la politica delle regioni, dei comuni, dei condomini è una specie di loop, gira a vuoto alla ricerca di un buono-consenso da spendere alla prima occasione di saldi o di 3×2 elettorale. La colpa è sempre dello Stato, ovviamente, che “imprigiona” i territori e li soffoca, impedendogli di morire tutti in pochi mesi. Davvero cattivo. Quando lo Stato, in realtà, il governo e le autorità sanitarie, giorno dopo giorno, da mesi, sono alla ricerca di quel sottilissimo equilibrio che consenta di deliberare chiusure e distanziamenti senza perciò provocare rivolte, senza irritare nessuno (o pochi), ma anzi creando consenso (quello buono, non quello elettorale) attorno a decisioni prese per il bene di tutti, a partire dai più fragili, non di questo o quello.
Il bene, dunque, anche degli esercizi commerciali e delle “categorie”, perché tanto l’economia non riparte se si è sotto schiaffo del virus, e la gente che ha paura di certo non affolla i ristoranti tanto per fare piacere a qualcuno. Dico quindi solo una cosa: abbiate pazienza, fate i bravi, anteponete l’intelletto alla pancia e occupatevi del bene e della salute pubblica, perché a questo siete stati chiamati, invece di scalpitare come bambini a cui è stato rubato il giocattolo e, pur di farselo ridare, mettono a rischio la vita dei più fragili.