Cittadini o aziende? That’s the question!

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Cittadini o aziende? That’s the question!
Capisco i Sindaci. In questa frenetica politica mediatica, dove chi occupa il proscenio è in posizione di vantaggio, i Presidenti di Regione stanno davvero riempiendo la scena a danno del resto degli attori. E così è scattata la contromossa. Dicono i primi cittadini: “vaccino obbligatorio, così liberiamo le città” (tradotto: la gente almeno può fare shopping e mangiare in bar e ristoranti). Ovviamente il cattivone è sempre il governo, che non obbliga alla vaccinazione, limitandosi a fissare solo limitazioni, impedendo, così, la circolazione delle risorse e il libero consumo (e i miliardi di euro di ristori, dove li mettiamo?).
Ora, il Comune si caratterizza giuridicamente per tre elementi: territorio, patrimonio e popolazione. Per quanto riguarda quest’ultima, ciò si traduce necessariamente nel compito della sicurezza sociale, il più organico alle mansioni dell’ente comunale. Il Comune tutela socialmente, salvaguardia, ‘protegge’ i suoi residenti. E lo fa ad esempio con specifiche attività a favore soprattutto della popolazione più fragile (i minori, gli anziani, le donne che subiscono il ricatto della violenza da parte del partner…). Guarda caso, proprio quelli che più subiscono gli effetti letali del virus!
I Sindaci insomma dovrebbero occuparsi principalmente delle persone. In epoca di Covid, ciò vuol dire sostenere il contrasto all’epidemia con iniziative che tutelino piuttosto che esporre al contagio. Significa occuparsi di salute, non di promozione commerciale, vuol dire concentrarsi sulla situazione sociale, non fare marketing. Da qualche tempo, invece, i Sindaci sono soprattutto promoter territoriali, sindacalisti locali, agenti che lavorano per i fatturati, che si spendono per le “categorie”, che tentano di “catturare” investimenti esterni. Milano non si ferma, insomma. C’è stato come uno snaturamento, come un salto di fase dalle persone alla economia, che ha coinciso dapprima con il ribaltone liberista e poi, istituzionalmente, con l’elezione diretta dei Sindaci. Il territorio ha nominato il suo scudiero verso l’esterno – non più chi lavora invece per tutelare i propri concittadini all’interno (tutti, non solo i portatori di interessi economici).
I Sindaci eletti direttamente dal ‘popolo’ (ma senza ovviamente generalizzare) non rappresentano più paradossalmente la popolazione, ma i soggetti economici (forti e deboli) che operano nel loro territorio, come se il Comune fosse una camera di commercio o, meglio, un consorzio economico. Un ribaltone, dicevo, che ha snaturato i compiti dell’ente di massima prossimità. Ovviamente, un sindacato territoriale apre vertenze col governo, non si assume responsabilità verso tutti, ma proprio tutti, i cittadini. Prima i bar, come ha detto Sala quando ha chiesto ai dipendenti-bancomat in smart working di “uscire dalla grotta”, sennò chi li compra i panini?
Anche per questo, in fondo, sono calate le risorse destinate alla salvaguardia sociale, e la prospettiva è mutata, divenendo quella territorialmente corporativa, che fa leva principalmente sulle forze economiche invece che sulla protezione sociale. In epoca di Covid, tuttavia, questo ribaltone diviene palese, smaccato, perché le esigenze di salvaguardia della popolazione obiettivamente si amplificano, mentre la risposta locale tende a restare la stessa: “aprite aprite, le aziende ne hanno bisogno”. L’appello al governo cattivone che non obbliga alle vaccinazioni, è solo l’esito naturale di questa corsa ai paninari.
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