Caso Tridico: I pareri discordi di Gianni Cuperlo e Flavia Perina, ma entrambi condivisibili sull’aumento di stipendio

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gianni Cuperlo / Flavia Perina
Fonte: La Stampa
di Gianni Cuperlo
Questa polemica sullo stipendio di Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, è l’ultimo scorcio del clima che da anni inseguiamo (anzi, ci insegue).
Tutto sta a come la racconti.
Se il titolo è “Tridico si raddoppia lo stipendio mentre l’INPS ancora non ha pagato la cassa integrazione a migliaia di famiglie” la partita è chiusa prima di iniziare.
Diciamo che è come chiedere agli italiani se vogliono cancellare un terzo dei parlamentari e restituire quei soldi a chi ne ha bisogno.
Ma è tutto così semplice?
È chiaro che esiste sempre un tempo adatto a fare le cose. Gli antichi dicevano est modus in rebus. Ma vediamo il merito e poi ciascuno giudichi.
Premessa: perché si passa (parliamo della carica di Presidente) da 62mila euro a 150mila euro l’anno?
Perché Lega e 5Stelle, al tempo al governo assieme, avevano scelto che il presidente e il vice gestissero a pari grado i 103mila euro della indennità prevista in precedenza per il solo Presidente.
Da qui i 62mila per Tridico e 41mila per Morrone (il Vice della Lega, ed era vice dell’Inps anche durante la vicenda del crack informatico di aprile).
Dal 15 aprile la vice è Luisa Gnecchi (mia ex compagna di banco alla Camera) che non riceve emolumenti perché in pensione (i lavoratori pubblici e privati in quiescenza non possono ricevere emolumenti dalla PA).
Dopo quella ripartizione però Lega e 5S avevano preso l’impegno con Tridico a uno stipendio per il Presidente pari a 150mila euro. Il che era pure logico tenuto conto che un dirigente di prima fascia dell’INPS prende 240mila euro, e sono 43, mentre un dirigente di seconda fascia ne prende 160mila, e sono oltre un centinaio.
Detto ciò l’aumento è uguale per INPS e INAIL (i soli 2 che non prendono nulla sono Luisa Gnecchi e Cesare Damiano).
Ad aprile, il 22 per la precisione, Tridico aveva fatto vedere al CdA dell’INPS la griglia del Ministero della Pubblica Amministrazione su tutti i CdA pubblici per cui il presidente dell’INPS avrebbe dovuto prendere 240mila euro, ma Tridico in quell’occasione aveva detto che siccome col precedente governo aveva concordato 150mila euro per lui era giusto mantenere quella cifra confermata successivamente da un decreto del governo in data 7 agosto 2020.
Certo, uno se la può cavare col vecchio motto, chi semina vento….
Per parte mia continuo a sperare e credere che si possa tornare a ragionare dei problemi, delle persone, delle responsabilità e dei meriti e demeriti di ciascuno fuori da una demagogia che da troppo tempo non aiuta, ma inquina.

Se la politica perde il contatto con il Paese

I partiti di governo prendono le distanze all’unisono dagli aumenti concessi in agosto al presidente dell’Inps Pasquale Tridico e all’intero Cda dell’istituto. E tuttavia non riescono a mettere a fuoco con esattezza il problema che li riguarda: la disconnessione, mai evidente come in questo caso, tra le scelte del Palazzo e la condizione anche emotiva del Paese. È una disconnessione “politica” nel senso più profondo del termine, perché l’arte di gestire la Polis è innanzitutto quella di capirne e interpretarne problemi e sentimenti. Come diavolo è potuto venire in mente al ministero del Lavoro, peraltro in concerto col Mef, di raddoppiare i compensi ai vertici della previdenza nel pieno della tempesta Covid, il 6 agosto, appena usciti dal lockdown, con centinaia di migliaia di italiani potenzialmente disoccupati, decine di migliaia di lavoratori che non hanno ancora preso la cassa integrazione, e l’economia in ginocchio? E come è possibile che nessuno, tra i molti che hanno letto e validato quel decreto, abbia pensato di sollevare l’obiezione che forse non era il momento? Mistero. O forse ovvia dimostrazione della differenza, a lungo dimenticata, che passa tra la categoria del populismo e un’autentica vocazione popolare. I desideri, le emozioni, le volontà del popolo sono da anni la bussola quasi esclusiva dei partiti, talvolta la loro ossessione, nonché il metronomo che regola i tempi del governo e del Parlamento, suggerisce di dilazionare o accelerare leggi, lanciare campagne o metterle a dormire. E’ bizzarro scoprire che a questa inesausta rincorsa del favore del popolo sia sfuggito l’elementare dato di realtà che il popolo italiano sta attraversando la crisi economica più grave della sua storia recente. Ha cancellato progetti di vita, spese non indispensabili, vacanze. Sta attingendo ai risparmi per sostenere figli che hanno perso il lavoro. Tira la cinghia in cassa integrazione senza sapere se a gennaio avrà ancora un reddito o no.  Cerca la via dell’emigrazione. Una percezione anche minima di questa condizione, che riguarda una parte rilevante dei cittadini, sarebbe bastata a suggerire un rinvio degli aumenti ai dirigenti Inps.
Sarebbe stato forse ingiusto – Tridico prendeva uno stipendio ridicolo, meno di un dirigente di seconda fascia – e magari scoraggiante per i vertici dell’Istituto, su cui pesa un superlavoro mai visto. Ma la politica è fatta anche della capacità di capire la condizione generale del Paese, e di pronunciare un “non possumus” quando i tempi lo richiedono.
Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.