Al voto al voto, riaprite riaprite, la gente la gente. Tutta qui la destra

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

Al voto al voto, riaprite riaprite, la gente la gente. Tutta qui la destra.

Giorgia Meloni quasi la immagino mentre dice che ‘l’umore del Paese sta cambiando”. Immagino il volto teso e la protervia politica. Perché, qual era l’umore del Paese prima, Giorgia? Si saltava e si ballava davanti alle bare? Mentre oggi si è tristi? Oggi si è indignati? Oppure Giorgia vuol dire che la ‘gente’ si è stancata di stare a casa, mentre il contagio è ancora così diffuso nel Paese? E se anche fosse, che cosa dovremmo dedurne? Che questo governo se ne deve andare e si deve votare a maggio, come lei sosteneva quando già il virus montava, la gente moriva e la stessa Meloni si infervorava davanti ai sondaggi? Ricordatelo bene, perché la memoria è sacra: mentre Salvini diceva ‘aprite, aprite’, lei faceva il coro con ‘votiamo, votiamo’. Oggi, invece, è pronta a saltare sul carro dell’angoscia e del dolore delle persone pur di raspare qua e là qualche voto. La gente, come la chiama lei, è più responsabile dei suoi presunti rappresentanti politici. oggi più che mai. Lo ripeto ancora: meno male che c’è questo governo e meno male che c’è questo popolo. Quel mojito di troppo, l’agosto scorso, è stato provvidenziale. Ogni tanto ci vuole.

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Non è tempo per loro. La crisi è una soglia da varcare.

È fenomenale come fino a ieri esistesse solo la decisione, solo il Capo, solo Palazzo Chigi, sono i faccioni, solo le dirette fb, solo l’uomo solo, solo la crescita, solo i numeretti, e il Parlamento fosse una specie di vuoto a perdere, anzi una scatoletta di tonno da aprire, mentre oggi si invochi non solo il Parlamento, ma addirittura la collegialità, il dibattito pubblico, si auspichi la voce dei ‘piccoli’ partiti, sino a ieri vere e proprie petecchie, ci si appelli allo spazio della ‘mediazione’ dopo averlo arrogantemente stracciato e si metta sotto accusa la comunicazione, segnatamente quella del governo, dopo averne abusato al punto da non conoscere altro. Alla faccia della Meloni, che almeno resta fascista e del suo medesimo avviso: pugno di ferro e non se ne parli più.

Non è la politica a essere in crisi. È la destra a doversi dimettere, sono certi giovanotti ambiziosi a dover tornare nei ranghi, sono certi personaggi a doversi ridimensionare. Finché si è trattato di prendere a calci i neri, tirando fuori dal cuore del Paese il peggio del peggio, sono stati davvero a loro agio. Finché si è trattato di cavalcare l’onda sulla spuma della comunicazione mediale, ne hanno davvero goduto. Finché si è trattato di fare i sovranisti e alzare cortine in un mondo occidentale la cui unica presunta insidia erano i barconi, anche i più squallidi hanno avuto il loro momento di gloria. Ma oggi che la realtà ha dato le carte, e la minaccia e il rischio sono veri e riguardano l’umanità nel suo complesso, è tempo che la sinistra e gli uomini di buona volontà indichino una prospettiva oltre l’emergenza e ricostruiscano una trama politica e sociale, come già stanno facendo. Gli ultimi trent’anni vanno ribaltati. La crisi è una soglia da varcare. Coraggio.

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