Effetto Renzi sul turismo
Nei dati sulle presenze turistiche siamo scivolati al quinto posto, superati anche della Cina, doppiati dalla Francia e tallonati dalla Turchia (!?).
E’ peraltro significativo che nessuno dei principali giornali italiani abbia pubblicato la notizia, impegnati anche nelle vacanze di agosto a inseguire le dichiarazioni insensate di Renzi & Co.
All’apparenza il giudizio verso Renzi è ingiusto perchè, a parte essere stato un mediocre sindaco di Firenze, non ha responsabilità sui 35 milioni di euro bruciati per il portale del turismo che non ha mai funzionato. E non è stato Renzi l’artefice quasi 20 anni fa del passaggio delle competenze del turismo alle regioni, una delle troppe leggi di questi anni che ha ottenuto il risultato di aumentare i denari sprecati ed ha di fatto impedito un piano industriale del settore.
Il turismo dimostra in modo esemplare l’allarmante grado di difficoltà dell’Italia di oggi; si può anche dare la colpa all’Europa ma la mancanza di competitività nel turismo è solo colpa nostra.
L’Italia ha tutte le condizioni per primeggiare nel turismo: paesaggio, clima, beni archeologici, la maggior parte del patrimonio artistico del mondo. Senza dimenticare la cucina ed i prodotti tipici che hanno una originalità ed una qualità invidiate in tutto il mondo.
Con la globalizzazione milioni di persone si sono affacciate nel mercato del turismo provenienti dai paesi emergenti (Cina e India) e l’industria del turismo cresce del 5% l’anno. Nel mondo il turismo non è in crisi ma in Italia sì. L’Italia possiede ricchezze naturali da gallina dalle uova d’oro e invece ogni anno si perdono quote sempre più consistenti di mercato; le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: inadeguatezza dei servizi offerti, squilibrio tra qualità e prezzo, inefficienza organizzativa, uso limitato degli strumenti informatici, mancanza di fruibilità di molti beni (musei e prodotti tipici).
Notizia nella notizia: l’unico segmento che non perde quota è il turismo religioso per il semplice motivo che in quel campo esiste un regime momopolistico, c’è un unico Papa (veramente sono due in questo periodo) e risiede in San Pietro per cui Roma, grazie alla popolarità di papa Francesco aumenta i visitatori (sconfortati peraltro dai servizi scadenti della capitale). Per il resto, perdiamo presenze importanti perchè non riusciamo a considerare il turismo quello che è: il prodotto di una industria strategica in regime di concorrenza. La gallina dalle uova d’oro si è trasformata in una gallina veccia e bollita in un’acqua malsana e non commestibile, tant’è vero che per tornare competitivi e uscire da questa crisi strutturale ci vorranno anni, probabilmente una generazione sempre che si inverta la rotta: basterebbe copiare il modello adottato in tutta Europa e si otterrebbe la collaborazione di tutti quelli che operano in questo campo. Occorrono investimenti (non tanti se i denari vengono spesi bene) per informatizzare, catalogare il patrimonio artistico e renderlo fruibile, tenere aperti i musei, curare la manutenzione dei beni e salvaguardare l’ambiente, incentivare l’agricoltura di scopo e i prodotti tipici. Tutte azioni che avrebbero il pregio di aumentare l’occupazione e, con un progetto condiviso in cui credere, si intraprenderebbe il cammino della coesione tra generazioni, del miglioramento della qualità della vita e del turismo indigeno.
Ora veniamo alle responsabilità di Renzi & Co. Ogni giorno emettono proclami, che hanno l’unico scopo di nascondere l’incapacità di attuare una politica efficiente. E’ esemplare la continua suggestione di un intervento privato risolutivo quando in tutto il mondo la gestione del turismo è pubblica, non fosse altro per la trasversalità che chiama in causa l’impegno convergente di tutti i comparti della pubblica amministrazione. Serve innanzitutto un progetto unitario coordinato dallo stato, poi ben vengano iniziative ed ancor meglio investimenti privati. E’ facile prevedere che si andrà avanti sempre peggio, dal suo insediamento Renzi ha dato l’illusione agli italiani di essere l’uomo della provvidenza che a colpi di twitter avrebbe cambiato le cose in un batter di ciglia. Non posso non ricordare lo spietato comportamento nei confronti di Enrico Letta, pugnalato alle spalle da Renzi e abbandonato dalla direzione unanime del suo partito (il PD). Letta, da serio e preparato servitore dello stato, pensava che solo il lavoro sodo avrebbe aiutato il Paese a uscire dalla difficile situazione in cui si è cacciato. E con Letta venne cacciato il ministro Bray che aveva l’unica colpa di agire con competenza. E’ ovvio che qualsiasi provvedimento non può dare frutti il giorno dopo; basti vedere l’esempio della Francia, che di anno in anno ha aggiunto segmenti al progetto generale e ora ha il doppio dei turisti dell’Italia.
Il turismo è anche esemplare per chi vuole costruire una forza democratica di sinistra. Ci si può contrapporre al renzismo utilizzando slogan alternativi e non manca l’occasione: l’ambiente, le deturpazioni del paesaggio, ecc. ma temo che si resterà chiusi nel recinto minoritario del prodotto tipico in via di estinzione. Al contrario, se si parte dal programma e nel turismo si cerca il contributo di tutte le persone pensanti, perchè c’è bisogno dell’esperienza e della competenza di tutte le persone disponibili, si costruirà qualcosa di buono. In altri termini, dovremmo svolgere il ruolo della levatrice che aiuta la madre (Italia) a far nascere il bambino. La levatrice non crea il bambino ma lo aiuta a nascere e a crescere.
Un’opzione politica di sinistra potrebbe avere potenzialmente consensi ben maggiori di quelli attuali, ma per una nuova formazione politica democratica e di sinistra le prossime elezioni regionali rischiano di essere uno scoglio in cui incagliarsi. Una buona levatrice deve sapere quando il bambino è pronto per nascere, nè troppo presto nè troppo tardi. Fuor di metafora, presentare delle liste minoritarie è un errore madornale, d’altra parte aspettare Godot (Civati e c.) è un altro errore. Dobbiamo essere gli artefici di noi stessi, e mettere in campo un programma che affronti i problemi veri degli italiani.
Gian Franco Ferraris