di Alfredo Morganti
Una cosa è evidente, almeno a guardare i numeri che, fino a prova contraria, sono un ottimo indicatore. La sinistra nella sua interezza tiene. Non solo in termini percentuali, ma assoluti, che è quello che più conta. Se prendiamo a termine di confronto le Europee (e dunque una fase storica caratterizzata da un approccio post-renziano e dal governo Conte 2), in quel frangente il raggruppamento PD-Sinistra-Verdi raccolse in Umbria all’incirca 124.000 voti. Se sommiamo, invece, i voti presi dai partiti della coalizione Bianconi (PD, Sinistra, Verdi e Civica) arriviamo all’incirca a 123.000. Pari e patta. Nessuna flessione, anzi.
E se proprio vogliamo fare i pignoli (e in questa fase la pignoleria potrebbe essere una dote, dinanzi a certi ragionamenti un po’ superficiali) mancano nel computo i voti dei renziani transfughi, che alle Europee invece c’erano (almeno così si dice). Be’, calcolata la scissione, il pari e patta vale anche più che un semplice pareggio. Dico di più: alcuni voti sono tornati proprio perché Renzi si è dileguato al centro. Dunque sgombriamo il campo da certe profezie, che pretendevano magari di autoavverarsi: quelle per cui il nuovo governo avrebbe prodotto la fine del PD Zingarettiano, l’avanzamento dei 5stelle altrimenti esausti, il rafforzamento di Renzi (che nonostante la prodigiosa onda mediatica che lo sorregge, barcolla al 3-5%), un generale impoverimento di consensi della sinistra. In Umbria non è stato così, anzi, direi il contrario, con il Movimento dimezzato e un certo disorientamento nelle sue fila.
Che significa? Che l’alleanza giallorossa è comunque sbagliata, perché se si salva il rosso comunque si tritura il giallo? Niente affatto. Il calo di consensi ha semplicemente colpito il lato più incerto, poco convinto e più barcollante dell’esecutivo. Mentre invece ha tenuto quello più persuaso dell’alleanza, quello che l’ha intesa come progetto di legislatura, non come rattoppo politico difensivo in attesa che la destra-destra prima o poi ci sgomini. Possiamo anzi dire che l’elettorato di sinistra ha concesso un’effettiva apertura di credito all’idea che, contro il salvinismo, possa nascere un progetto alternativo, con un linguaggio differente, modi differenti, idee differenti, potentemente democratico e saldamente connesso alla Costituzione. È poco? Direi di no, visti i chiari di luna. La cosa certa, almeno allo stato attuale, è che la sinistra post-renziana è in gioco, vuole restarci. E forse uscire nobilmente dalla contesa, avrebbe voluto dire certificare e accertare uno reo confesso stato di insignificanza davanti all’elettorato.
Chiedo: voi votereste un soggetto (partito o che sia) che si tira indietro, o perde un giro, o si suicida, al più si rinchiude in un recinto identitario, oppure si aggrappa alla zattera di una coalizione sociale come un naufrago qualsiasi? E non tenta invece di reagire, di cogliere lo spunto, di individuare un’occasione, di lavorare politicamente su quell’elettorato che si giudica in parte nostro o comunque vicino, dialogando con chi lo rappresenta legittimamente? E non tenta quindi una prassi consapevole di sé? Consapevole che quell’elettorato è percorso da contraddizioni (lo dice il voto umbro), e che se fossimo tutti uguali e tutti identici sarebbe davvero molto bello, ma allora non servirebbe nemmeno più la democrazia, i suoi conflitti, le sue contraddizioni. Forse nemmeno la politica. Basterebbe la Tecnica, per la quale tutto è Uno, tutto è liscio, tutto è logico. Senza contraddizioni e senza dialettica per quanto critica, ma solo imago. Allora sì che le profezie diverrebbero previsione certa. Rispecchiamento ideale. Mathesis universalis.