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A riprova della deriva politica, almeno nell’accezione nobile e scientifica del termine, nei sondaggi conta ormai il consenso dei leader piuttosto che dei partiti ormai appendici e apparati a supporto del leader. Infatti questi non si chiamano più segretari di partiti, ma appunto leader e nei partiti contano più gli opinion maker, i web master e i costruttori di immagine. Quando poi e se passerà la riforma costituzionale sul taglio dei Parlamentari questa deriva sarà e diventerà sempre più un dato di fatto.
E allora veniamo ai sondaggi di questa scorsa settimana.
Conte resta il primo leader per gradimento, con il 53% di giudizi positivi. Dietro di lui ora c’è Giorgia Meloni (43%) che scavalca Matteo Salvini (42%, perde lo 0,4%) ed è il leader di un partito con più consensi. In netto calo Zingaretti (-7%) che si attesta al 34%, seguito da vicino da Luigi Di Maio al 33%. Chiudono questa graduatoria Silvio Berlusconi (al 24%) e Matteo Renzi (22%).
Come si vede, dunque, la cosa che si può notare non importa se si ha o meno un partito. Questo è divenuto solo un optional. Infatti Conte, l’uomo per tutte le stagioni, può essere premier sia con un governo nazistellato, che con un governo giallo rosso (anche se il rosso è un pò azzardato definirlo).
L’altro dato è il vento in poppa con cui viaggia la Meloni a cui fa riscontro il calo di Salvini. Dove va l’uno va l’altro.
I rimanenti leader vivacchiano salvo il bluff di Renzi che ancora non ingrana nonostante la campagna acquisti spregiudicata messa in atto. Ma la sua strategia ancora non si è spiegata del tutto. Lui punta alla sostituzione del partito di Berlusconi.