Fonte: ilsimplicissimus
Ogni giorno che passa il fil di fumo senza arrosto che abbaglia e nasconde prende le chiare forme della pochezza e dell’improvvisazione. Proprio di quella da bar che si lsi concretizzò nel ghe pensi mi di Berlusconi e che ora viene integrata con “ci pensa la politica” da Renzi. C’è da rimanere allibiti a sentire il guappo di Firenze, invelenito per le dichiarazioni di Cottarelli, ex Fmi e commissario alla spending review, il quale ha detto che si stanno dilapidando soldi che non ci sono: punto su un argomento davanti al quale occorre dare un minimo di corpo alla chiacchiera, Renzi si è lanciato in un gioco delle tre carte per confondere l’uditorio: prima “i numeri (della spending review ndr) sono quelli”, poi ” i numeri non sono un problema” e infatti ” non ci si deve incaponirsi sulle virgole” per concludere con l’acuta riflessione che non si deve lasciare che “gestire l’Italia siano i tecnici” che la politica deve riprendere il suo posto.
Tutto questo per liberarsi di Cottarelli e gestire la spending nel modo opaco di sempre, senza affidarla a gente estranea alle segrete cose dei partiti, dei clientes e dei clan. Purtroppo sono parole al vento perché nei tre anni scorsi, anzi per la verità sin dalla firma di Maastricht questo Paese ha ceduto la sovranità finanziaria e dunque la politica ha autonomamente deciso – senza nemmeno farlo sapere agli italiani – che è lì proprio per gestire le virgole e le imposizioni dei trattati, cui si è piegata senza fiatare, che si è ritagliata un ruolo tecnico e subalterno per incapacità di intendere e di volere qualcosa che andasse al di là del politicismo di basso livello e della propria stessa sopravvivenza.
Naturalmente la tecnica che è propria della politica è quella del consenso, nella quale spin doctor, nativo opportunismo e media sono tutto ciò che serve. Ma per tutto il resto servono tecnici veri che devono semmai essere coperti dalla politica, visto che ne sono il principale alibi. Nelle rivendicazioni di Renzi si scorge invece una cialtronaggine così istintiva e radicata che non tollera contraddizioni alle proprie bugie, anche quando queste vengono dalle sfere di potere che ormai determinano le scelte e che in ultima analisi sono proprio quelle che hanno gonfiato il pallone aerostatico del sindaco di Firenze.
Possiamo quindi valutare con lucidità il pericolo nel quale ci troviamo: stiamo sfasciando la Costituzione per nutrire il narcisismo infantile di un capo mandamento che certo non ha né Il coraggio né la visione per rifiutare le regole dell’onorata società globale, ma neanche riesce a ubbidire con puntualità agli ordini che gli vengono dalla cupola, un po’ perché pensa che un ribellismo ostentato e senza la minima molecola di verità gli porti un vantaggio d’immagine, un po’ perché non può tradire il peculiare sistema di potere locale e autoctono che richiede la sua parte. Forse pensa che in caso di naufragio qualcuno sarà pronto a lanciargli una ciambella di salvataggio pur di tenere l’Italia nel cerchio magico dei Paesi sotto sfruttamento intensivo e svendita continua. Ma può anche darsi che invece là dove si puote, ritengano che sia più funzionale un’ennesima sostituzione, una volta bruciato il personaggio: dopotutto un pasticcione arrembante non è difficile da trovare e i danni già fatti sono a carico dei cittadini, nonostante siano la parte lesa.