di Antonio Gaeta, 22 gennaio 2019
Chi ha seguito i miei scritti, dal percorso di Foemina ed Homo Sapiens in poi, immagino abbia capito che gli articoli successivi seguono una sorta di “filo di Arianna”, che porta alla genesi del contrasto tra culture ispirate a valori umanistici e culture ispirate a valori di dominio dell’uomo sull’uomo. Questo contrasto si potrebbe definire il vero mostro dell’umanità !
Gli esseri umani sono capaci di violenza e crudeltà, come di gentilezza e premure. Tuttavia, é plausibile credere che le differenze non nascano in processi biologici, bensì in intrecci antropologici ! L’educazione infantile e adolescenziale, ad esempio, su quali fondamenta si poggia, per svolgere la sua funzione sociale?
In verità, la natura è creativa e distruttiva insieme, e questi processi di tipo più biologico accrescono l’irruenza degli intrecci antropologici, che influenzano tutta la nostra esistenza. Tuttavia, la polarizzazione in bene assoluto e male assoluto che troviamo nelle società orientate sulla dominanza, ora definite “socialmente e tecnologicamente avanzate”, non è un tema che compare nell’iconografia di società più antiche. Queste risultano più umane, sebbene sprezzantemente definite “primitive”. In esse non si rileva una costante opposizione tra divinità (ed eroi) benefiche e mostri (o demoni) malefici.
Per contro, nel babilonese Enuma Elish (1) poema della creazione, che risale appena a circa il 1100 a.C., “la creazione medesima si configura come un atto di violenza. La dea Tiamat viene uccisa dal dio Marduk, e dal suo cadavere smembrato prende origine il mondo e un nuovo ordine del mondo. Secondo questo mito, non soltanto l’inizio del mondo ma anche le origini umane nascono dalla violenza.
Infatti, dopo aver ucciso la Dea Madre per creare il mondo, Marduk uccide la sua inconsapevole e bella sposa, Kingu, e col suo sangue crea gli esseri umani, per farne i servitori degli dei (2). Scrivo questo perché mi interessa sottolineare che esiste un motivo per cui tali miti hanno necessità di dipingersi con tanta violenza e ferocia. Ovvero quello di consentire ai “valorosi dominatori” di estendere ad altri tali capacità demoniache: ad altre persone di popolazioni sottomesse con la forza, in possesso di storie diverse e con diverse divinità.
La ragione è che, per mantenere le rigide società della dominanza, essi hanno bisogno dell’idealizzazione e dell’istituzionalizzazione della crudeltà, della violenza e dell’insensibilità (3). In quale altro modo si potrebbero infatti imporre rapporti sociali e sessuali basati su rigide gerarchie di predominio? In tale modo il sistema del dominante si assicura che la responsabilità di tutto il male perpetrato (per mantenere questo modo di strutturare le relazioni umane) non venga attribuita a chi lo genera, essa viene proiettata altrove, nei miti e nella distorsione della realtà.
Si tratta di una proiezione, che tuttora possiamo osservare, giacché essa consiste nel trovare un “capro espiatorio”, nell’incolpare, e troppo spesso uccidere (o lasciar morire), gruppi socialmente spodestati, per problemi e mali di cui non sono responsabili.
Volendo fare un esempio, si può dire che quando erano perseguitati dai romani, i cristiani erano accusati di sacrificare esseri umani e di mangiarne poi le carni, forse perché l’eucarestia è un rito in cui simbolicamente si beve il sangue e si mangia il corpo di Cristo. Accuse di offrire sacrifici umani furono dirette anche contro le donne torturate e condannate al rogo come streghe dall’Inquisizione Cattolica. La stessa imputazione fu rivolta ancora agli inizi del XX secolo, da parte di quanti giustificarono i pogrom, contro gli ebrei russi, accusati di uccidere e mangiare bambini cristiani.
Una proiezione tipica è l’invenzione di demoni o diavoli, che in molti miti equivalgono a versioni distorte dei miti religiosi dei popoli conquistati o perseguitati. Un’altra ancora è la proiezione del male sulle loro medesime divinità, alla cui adorazione si accompagnava un sacrificio rituale. In molte di queste antiche società tale sacrificio divenne cruento, pur di placare divinità irate e vendicative, nonché i relativi rappresentanti in Terra.
Nella cultura minoica, come in altre culture, la Dea dei serpenti simboleggiava pure il regno ctonio (dell’oltretomba), che a quanto pare gli antichi associavano a un ritorno al grembo della Dea. Tuttavia, una cosa è riconoscere, come avveniva presso questi popoli, la natura ciclica della vita e della morte e considerare la Dea come colei che dà la vita e se la riprende, affinché possa rinascere. Altro è caratterizzare la Dea degli uccelli, la Dea dei serpenti e altre divinità femminili, come demoni malvagi e assetati di sangue, che esigono sacrifici umani.
Come abbiamo già esaminato, nel Paleolitico e nel Neolitico il “matrimonio sacro” era percepito come il catalizzatore che a primavera attiva una vita nuova. Non sembra aver avuto niente a che fare con il problema di placare mostri o demoni, né con la violenza né con la legittimazione dell’autorità dei re. Anche nel più tardo “matrimonio sacro” Sumer, di cui leggiamo negli inni di Inanna, viene ancora venerata la sacralità della sessualità femminile, così come il suo potere creativo. L’amore è ancora l’incontro appassionato di un uomo e una donna, con le donne che prendono apertamente l’iniziativa nell’amplesso sessuale e ne traggono piacere. E sebbene a questo punto il “matrimonio sacro” sia già uno strumento con cui gli uomini legittimano la loro autorità di sovrani, precisi segni indicano che il potere del re non è ancora assoluto. Infatti, sebbene Inanna ceda a Dumuzi i suoi poteri affinché governi in sua vece, quando egli dimentica che il suo potere deriva da lei viene deposto e condannato a trascorrere metà dell’anno nell’oltretomba (4).
In un altro mito mesopotamico, sul leggendario eroe Gilgamesh, già dispiega una storia assai diversa. Quando la dea Ishtar (che in Babilonia succede alla sumera Inanna) gli propone di sposarlo, egli la rifiuta con insolenza, accusandola di mostrarsi infedele ai suoi amanti precedenti e di far loro torto. Poi con l’aiuto dell’amico Enkidu, uccide il Toro Divino di Ishtar e le getta in faccia la coscia del medesimo (in talune traduzioni si tratta dei genitali). Dunque, oltre al passaggio dalla celebrazione del potere del sesso e del piacere all’idealizzazione del potere di portare dolore e morte, questo mito ci dice che, quanto meno a un certo punto, alcuni re non ritennero più di dover essere legittimati dalle regine delle civiltà conquistate e sottomesse!
La domanda a cui giungeremo é la seguente: chi e come hanno legittimato re e regine della storiografia ufficiale di epoca medioevale e moderna?
NOTE:
(1) – Poema successivo alla distruzione della civiltà babilonese da parte degli Assiri
(2) – Sembra di assistere a un cruento racconto concepito per la cinematografia dell’orrore (genere Horror);
(3) – Se scorriamo anche velocemente i testi di Storia, scopriamo tanti eventi del tutto simili, che hanno riprodotto comportamenti oggi definibili “stereotipi”, di cui si avvalgono uomini che vogliono dominare su altri uomini, altre popolazioni, altre culture. Questo é del tutto vero se si guarda al mai terminato “Colonialismo”: generatore di stragi, di guerre, di umiliazioni e di enormi disuguaglianze.
(4) Vedi – https://www.nuovatlantide.org/gli-altri-canti-del-ciclo-di-inanna-ii/