Prima che sia troppo tardi

per Luigi Altea
Autore originale del testo: Luigi Altea

di Luigi Altea – 26 settembre 2018

Si racconta che alla morte di Ferdinando IV di Borbone, i repubblicani napoletani scoppiarono in lacrime.

Piansero pubblicamente, e perfino di più dei fedelissimi sudditi monarchici che tanto avevano amato il re.

Un giornalista inglese, molto sorpreso e incuriosito, chiese ad alcuni di loro: ma come, avete tanto odiato il re, lo avevate soprannominato “il re lazzarone” o il re “cafone”, e adesso che è morto anziché gioire addirittura piangete?

Ma noi non piangiamo per il re fetente che è morto, ma per il re fetentone che arriverà, risposero gli inconsolabili repubblicani.

Io, ma credo anche qualcuno di voi, che non apprezzo o che detesto quelli che sono arrivati dopo, e che oggi governano l’Italia, non riesco tuttavia a piangere per la lenta, troppo lenta scomparsa dei “cafoni” e dei ” lazzaroni” che c’erano prima…

Sono convinto che l’errore più grave che può commettere chi intende sconfiggere i “fetentoni” di oggi, sia quello di proporre di sostituirli con i “fetenti” di ieri.

Non mi sembra una strategia vincente…

Non sarebbe l’alternativa all’esistente, ma la restaurazione del recente passato.

Oltre i meriti o i demeriti, aldilà delle umanissime insufficienze, e degli incolpevoli limiti personali, occorre prendere atto del collettivo fallimento che, di peggio in peggio, sta facendo sprofondare l’Italia e l’Europa nell’oscurità di una notte lunga e nera.

Non si tratta di celebrare processi e di attribuire colpe, perché tutti hanno fatto quello che potevano, spesso con spirito di sacrificio.

Semplicemente bisogna capire che una stagione è finita, con le sue asfittiche proposte, il suo linguaggio, le sue liturgie, le sue facce…

E che occorre cominciarne un’altra.

Per realizzare gli ideali di sempre, possibilmente rafforzati, e resi meno ambigui attraverso il recupero, dall’angolo degli oggetti dismessi, di qualche “utensile” troppo frettolosamente scartato…

Il 40% degli italiani dissente da questo governo, ma non è rappresentato, se non da spezzoni residuali di un vecchio ceto politico, perdente e sconfitto.

Finché il dissenso resterà frantumato in piccole livorose isole di protesta, non produrrà effetto alcuno.

Ed ecco la domanda

Esistono idee e persone, capaci di coagulare il dissenso e di tradurlo in una proposta, per configurarlo in un programma di… palingenesi?

Se esistono bisogna incoraggiarli ed indurli a farsi avanti…

La nostra individuale protesta, la nostra legittima rabbia, per quanto ispirate da purezza d’intenzioni, non basteranno a districare il groviglio di paure e di cinismo, a sciogliere il nodo di avidità e di egoismi, che stanno avvolgendo  l’anima nera dell’Europa.

Bisogna trasformare protesta e rabbia in vitale azione politica organizzata.

Ed evitare che il dissenso si riduca all’esercizio scomposto e sconsolato delle tifoserie deluse.

Prima che sia troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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