Salvini non ha alcuna intenzione di governare

per Gabriella
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 27 agosto 2018

Le mie transitorie political consequences. Puntare la Lega con le bande degli arancini, gli eserciti della salvezza suprematista e quant’altro, ma bordeggiare i 5S, e, soprattutto, manovrare con astuzia stati maggiori senza esercito. Cioè, realizzando Pisacane, facendo una guerra convenzionale usando la guerriglia come diversivo.

E’ evidente che Salvini non ha alcuna seria intenzione di governare, bensì di propagandare. Infatti usa la posizione di ministro solo per fare campagna elettorale. Per andare a un incasso che per essere certo può avvenire solo nel breve periodo. Convenienza troppo ghiotta da lasciarsi scappare, per una forza politica registrata al 18 % ma stimata nelle intenzioni di voto oltre il 30, con un alone di simpatia per il leader che tocca addirittura il 60. Potendo godere del bitume del rosatellum per asfaltare tutto. C’è da dubitare che l’alleanza gialloverde possa ripresentarsi unita alla prova elettorale in progetto. Infatti Salvini giocherà come leader a tutto spiano della destra, con Berlusconi (non a caso prontamente riavvicinatosi) al seguito.

Viceversa il M5S avrebbe interesse a governare, macinando tempo, per produrre risultati socialmente utili, così da conservare la propria autonomia. Nei fatti l’impudente dinamismo di Salvini ha non solo obnubilato nel ruolo di pallide comparse Conte e Di Maio, ma ha ristrutturato il campo politico. Tutto il plusvalore anti-sistema che si riflette nel ‘populismo’ nazional-popolare essendo appropriato dalla Lega mentre il M5S tende ad essere relegato nello spazio della responsabilità governante (l’intuizione di Bersani del M5S come partito a vocazione centrista, sorta di nuova Dc, non era poi così peregrina…).

Sino al 4 Marzo M5S e Lega hanno marciato divisi per colpire uniti. L’accordo di governo che ne è seguito è stato come la ratifica di un governo di unità nazionale dopo la vittoriosa lotta di liberazione contro la ‘casta’ e il suo armamentario di politiche fallimentari. Un contratto, non un compromesso, men che meno storico. Perchè se la Lega è animata da un nucleo duro d’ispirazione neo-sciovinista con tinte social-fasciste, il M5S non ha affatto idee chiare. Il contratto è destinato a non reggere e a saltare ben prima che produca qualche risultato. Del resto proprio le similitudini fra i due movimenti-partito (proceduti da analoghe premesse conflittuali e con una vocazione olistica che vorrebbe tenere dentro di sè tendenzialmente tutto, istanze e interessi) li spingono l’uno contro l’altro.

Ogni diarchia fra simili, o quasi, è destinata a finire, lasciando il campo a un solo Fuhrer. Fatto sta che oggi la Fuhrer-ship virtuale (e quasi reale) è appannaggio di Salvini, mentre il M5S non è in condizione di fronteggiarla in campo aperto, cioè sul piano elettorale. Tanto più ostinandosi a non promuovere (come fece il Pd) un proprio campo coalizionale. Peraltro mentre la destra si avvia ad avere un capo indiscusso, il M5S ne ha più d’uno e per gli aspetti più diversi (misterici, istituzionali, movimentisti, di tendenza, persino uno all’estero, terzo-mondista, in quel del Messico). Cosa che ne fa, malgrado il vantato dispotismo interno, un naturale ricettacolo di carattere pluralistico.

Se in questa bozza di analisi c’è del vero, è questa la contraddizione in cui la ‘sinistra’ dovrebbe insinuarsi. Ogni piano di battaglia non può prescindere dall’individuazione del nemico immediato e dalla comprensione delle dinamiche delle forze. Quindi considerando la Lega come nemico assoluto e offrendo una sponda al M5S, quando si porrà la questione, per un proseguo della legislatura. Bordeggiare non la Lega, malgrado ci siano operai che la votano, ma il M5S. Perchè è da questo scontro/incontro che potrà ridefinirsi la sinistra come una forza capace di stare nel tempo storico che ci riguarda. Ma per far questo, tutti i tronconi della sinistra, Pd compreso, dovrebbero trovare rapidamente un ubi consistam.

Oggi la sinistra ha solo una forza parlamentare, non sociale. Ed è di questo limite che dovrebbe fare di necessità virtù. Non è il tempo della ‘rifondazione’. Ma bisogna fare politica con quel che c’è. Per renderla possibile e concreta, la rifondazione, in futuro. Certo bisognerebbe che il Pd riuscisse a liberarsi a breve della zavorra renziana e di ogni idea innocua e controproducente di union sacrée di tipo pseudo-repubblicano. Senza però perdere gruppi parlamentari. Operazione difficile, ma non impossibile. Se l’alternativa è il baratro.

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