di Fausto Anderlini – 2 febbraio 2017
A quanto ho capito (poco in realtà) le simulazioni sul voto nei collegi uninominali prodotte da Vassallo per Repubblica (così interessata da replicare in due giorni le stesse tre pagine di giornale) sarebbero fondate su dati demoscopici nazionali (non locali) applicando alle stime i flussi di voto. I quali ultimi possono avere solo due fonti. O gli stessi dati demoscopici nazionali (dunque non locali) o i calcoli del Cattaneo (che sono però rigorosamente locali). Inoltre non è ben chiaro quale sia l’elezione di riferimento. Sembrerebbe un pasticcio indecifrabile.
A parte l’evidenza del’intento: fare pensare che il Pd e la Destra se la stanno giocando. Coi 5 stelle fuori gioco. E nel contempo fare di una convergenza al centro l’ultima trincea sulla quale garantire l’interesse sistemico contro le orde brbariche del populismo. Esattamente come era nell’entente cordiale di Renzi Berlusconi (Salvini come gradito intruso) posta a base del Rosatellum. Soprattutto nelle ex zone rosse, casematte dove si vorrebbe asseragliare una sorta di ‘voto d’appartenenza’ pro-Pd all’ultimo rush. Tuttavia i dati reali (che io ho) dicono altro.
Salvo Liberi e Uguali (quale che sia il suo ammontare) della vecchia geografia politica che ancora si rifletteva, pur depotenziata, nel voto 2013 e nelle ‘zone rosse’ particolarmente, non resterà in piedi nulla. Siamo alla ratifica di un cambiamento che lo stesso Pd con la sua sciagurata evoluzione ha determinato. Ecco perchè di quel ‘voto utile’ evocato con tanta disperazione gli elettori, nella loro sistemica razionalità, se ne impippano. Anzi (consiglio): più lo evocano e peggio è. Alla fin fine il montanellismo (turarsi il naso in nome dell’utilità) ebbe fortuna come metafora ma non riguardò che pochi decimali dell’elettorato cosiddetto moderato e di opinione. Infatti il ‘voto utile’ è, per definizione, una confessione di impotenza. La dimostrazione che non si ha nulla di interessante da dire. Nient’altro a cui attaccarsi. Al tram se non al cazzo.