Fonte: L'huffington Post
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di Alessandro De Angelis – 26 novembre 2017
Ecco Luca Lotti: “Oh ragazzi, ma lo sapete che alle tre si gioca a calcio con la nazionale parlamentare femminile?”. Accanto c’è Matteo Richetti, sorridente e divertito: “Non dirlo che, se vengono, oscuriamo mediaticamente la Leopolda”. Alle tre, allo Stadio Bozzi, non troppo lontano dalla Leopolda, Lotti e Richetti, scarpette e calzoncini, sono a tirare calci al pallone, con la squadra femminile, rigorosamente renziana: Bonaccorsi, Malpezzi, un undici titolare di fedelissime.
Leopolda in tono minore, più affollata di gente e solitaria (politicamente) al tempo stesso, grondante di retorica dei millennials per coprire l’assenza di tutte le figurine di successo di questi anni, ma anche “politiche”, da Chiamparino a Bonaccini. Millennials sul palco, sopra una platea di mezza età, anzi un po’ agée: “Ma la strategia – si chiede un amministratore – quale è? Bene i mille giorni, bene tutto, ma con quali proposte andiamo?”. È una Leopolda in tono minore, ansiosa di raccontarsi che non è finita. Dice Francesco Crò, che si occupa di comunicazione per il Pd: “Mi chiedi che gente c’è? Beh, questi sono i suoi, i suoi di Renzi voglio dire, sono avvelenati di partecipazione, lo vogliono sostenere. Insomma, vogliono dire e dimostrare che non è finita col 4 dicembre”.
Già. Al tavolo che l’anno scorso, e quello prima, e quello prima ancora era presieduto da Maria Elena Boschi – il famoso tavolo sulle “riforme” – quest’anno c’è Roberto Giachetti. È uno sfogatoio in libertà: “Serve una riforma fiscale”, “serve una riforma degli ordini professionali”, serve pure una lezione ai giudici: “Perché quando un magistrato come Woodcock sbaglia non viene espulso e condannato? Dobbiamo raccogliere le firme per la separazione delle carriere”. Alla fine Giachetti sbotta: “Voi state dicendo cose sacrosante, tutte giuste, ma ce la vogliamo dire la verità? E la verità è che la sconfitta del 4 dicembre ha prodotto danni in tutti i settori. E poiché non siamo D’Alema, non siamo dei venditori di fumo, non possiamo dire che in sei mesi si sistema tutto. Ci vuole tempo. E la responsabilità è di chi ha ingannato i cittadini dicendo che la riforma rappresentava la deriva autoritaria”. Scatta l’applauso, forte.
Perché c’è poco da fare. Tutte le chiacchiere sulle alleanze, sulle aperture, sulle consultazioni di Fassino, franano nell’animus delle persone. La ferita del 4 dicembre brucia ancora, ed è come se l’orologio politico fosse ancora fermo lì. La signora seduta accanto a Giachetti: “Siamo rimasti a bocca asciutta, lì stiamo”. E con una grande paura per quel che accadrà: “Ma guarda – dice Stefano Ceccanti – che non è vero che siamo condannati ad arrivare terzi. Al Senato noi siamo secondi perché non votano quelli tra i 18 e i 25 anni (i millennials, ndr), che in maggioranza stanno con Grillo, mentre alla Camera con una coalizione ce la giochiamo col centrodestra”. È comunque una bella falcidiata per il gruppo parlamentare uscente. Quello sì, presente in massa, come mai: prime, seconde, terze file di stretta osservanza renziana. Un gruppo di lavoro è coordinato da Gianfranco Librandi, ex Scelta civica, frequentatore assiduo delle trasmissioni Paolo Del Debbio, non proprio uno di sinistra. Manuela Repetti, invece, ex Forza Italia, moglie di Sandro Bondi, è rimasta solo il primo giorno. Passa Claudio Velardi, vecchio volpone che ne ha viste tante: “L8, Lotto… Qua tutti dicono ‘lotta lotta’. Bah. Ma che è ‘sta lotta?”.