Fonte: huffingtonpost
Url fonte: http://www.huffingtonpost.it/stefano-fassina/grasso-riferimento-per-una-sinistra-che-non-si-autoconfini-come-forza-anti-sistema_a_23264255/?utm_hp_ref=it-homepage
di Stefano Fassina – 30 ottobre 2017
Tomaso Montanari, in riferimento a un’intervista di Nichi Vendola, ha espresso le sue valutazioni (negative, anzi liquidatorie) sul “valore programmatico” di Pietro Grasso per il faticoso percorso unitario avviato a sinistra. Sono, ovviamente, valutazioni legittime. Non intendo discuterle nel merito. Vorrei, invece, discutere il paradigma di cultura politica dal quale derivano posizioni analoghe.
Per definire il progetto politico nel quale siamo impegnati a sinistra, viene spesso applicata una diffusa politologia binaria: “sistema/anti-sistema” e “alto/basso”. Da noi, non si arriva esplicitamente a dividere il campo in “politica/anti-politica”, ma l’impianto concettuale è il medesimo. Si immagina la Sinistra da costruire come “sinistra anti-sistema”, espressione del “basso”. Quindi, una sinistra sganciata da chi rappresenta il “sistema”, l'”alto”, la “politica politicata” come Grasso e Vendola e, scrive Rifondazione Comunista nei suoi ordini del giorno, “tutti coloro che hanno avuto responsabilità di governo negli ultimi 25 anni”.
L’impalcatura analitica richiamata, benché largamente in voga nella cosiddetta “sinistra critica” o “radicale” o “di movimento”, è fuorviante e regressiva. È strutturalmente inagibile in una società complessa e articolata, profondamente integrata nei circuiti sovranazionali, per fondare un movimento progressivo e una proposta politica di governo alternativa all’agenda dominante da decenni. È auto-debilitante una lettura indifferenziata tanto del “basso” come “anti-sistema”, quanto delle istituzioni e delle classi dirigenti, l’ “alto”, come “sistema”. Gramsci l’ha argomentato magistralmente nei suoi “Quaderni”.
Il campo morale e sociale “anti-sistema”, il “popolo”, non può esprimere, dal “basso”, immediatamente, un progetto politico progressivo. L’ideologia del “basso” è una visione orizzontalista, ostile allo Stato nazione, unico ambito istituzionale e politico per tendere alla sovranità democratica. Come hanno ben argomentato Carlo Formenti e Onofrio Romano, l’orizzontalismo è una visione che, in modo preterintenzionale, porta acqua al neo-liberismo, ossia al primato dell’economia sulla politica.
Il “basso”, il campo “anti-sistema” è dimensione reale imprescindibile per un progetto di alternativa, ma senza lavoro politico organizzato dall’ “alto” (un tempo avremmo detto dal Partito) rimane una giustapposizione instabile di pulsioni economico-corporative. Certo, la lettura indifferenziata, in quanto contrappositiva, è efficace a unire istanze diverse e contraddittorie. Ma, nel migliori dei casi porta all’impotenza. Oppure, a un effimero ribellismo.
Sul campo opposto, leggere l’ “alto” come “sistema” chiuso e omogeneo ne determina, a sua volta, per ragioni simmetriche, il congelamento delle evidenti “contraddizioni interne” e spinge all’arroccamento conservativo anche forze potenzialmente disponibili, anzi interessate, a un movimento progressivo.
Qualche esempio per capire. Tutta la classe politica è sistema per definizione o si salva la porzione scampata alle responsabilità di governo? Soltanto il governo nazionale contamina o anche il governo territoriale determina irredimibile appartenenza al sistema? I sindacati confederali che in larga misura sono stati con noi per difendere la democrazia costituzionale ma concertano con i governi e con i capi delle grandi imprese sono sistema o anti-sistema?
In particolare, la Cgil affianco della quale siamo scesi in piazza da ultimo per difendere il referendum sui voucher, ma che ha sostenuto la riconferma del governatore della Banca d’Italia, è sistema o anti-sistema? Camusso è sistema e Landini anti-sistema? I vertici della chiesa cattolica, i vescovi e Papa Francesco sono sistema o anti-sistema? I magistrati come li collochiamo? E gli imprenditori? Li mettiamo tutti a braccetto con Marchionne? E i maître-á-penser?
È evidente la fragilità culturale e l’autolesionismo politico dell’approccio binario “sistema/anti-sistema”, anche quando è soltanto sovra-ordinato alla, e non sostitutivo della, polarizzazione “destra-sinistra”. Fa il gioco dei nostri avversari che, in oltre tre decenni di penetrante lavorio egemonico, hanno reso senso comune l’archiviazione delle categorie “destra-sinistra” e raccontato la dialettica politica come partita tra “vecchio e nuovo”, “conservazione e cambiamento”: le prime polarità come indistinto male; le seconde come immanente bene, quando in realtà sono state e sono coperture per dinamiche regressive o reazionarie. Insomma, la lettura “sistema/anti-sistema”, “basso/alto”, “politica/anti-politica” è una trappola. Non a caso, Jeremy Corbyn e Bernie Sanders non si sono mai definiti né hanno mai definito le loro forze politiche secondo tali categorie.
In conclusione, puntare alla costruzione di una Sinistra anti-sistema, auto-confinata nel basso, velata di anti-politica vuol dire muoversi in un quadro di subalternità culturale e condannarsi alla marginalità politica.
Noi, invece, dobbiamo fare un lavoro decisamente più complesso, aperto, partecipato, ovviamente fuori dal Palazzo e dai suoi riti autoreferenziali di incoronazione del leader: riconoscere nel “basso”, nel campo “anti-sistema”, nel “popolo” gli interessi da selezionare, coltivare, ordinare e rappresentare e nell'”alto”, nel “sistema”, nelle “élite” le contraddizioni da allegare e gli interlocutori da intercettare. Insomma, dobbiamo provare a comporre un’alleanza sociale intorno a un asse programmatico all’altezza delle sfide.
Così, soltanto così, possiamo organizzare una forza di popolo impegnata nella missione distintiva della rianimazione della soggettività sociale e politica del lavoro e orientata all’inveramento della democrazia costituzionale. In tale scenario, Pietro Grasso è riferimento naturale.