di Claudio Fava – 1 novembre 2017
Manca ormai poco al 5 novembre. Ringrazio i tanti, tantissimi che stanno sostenendo la nostra battaglia siciliana per un voto libero.
Siamo in campo per vincere..
Vogliamo scardinare l’idea del votare il ‘meno peggio’, che è l’idea che ha massacrato la Sicilia. Siamo qui per competere fino all’ultimo giorno della campagna elettorale e non per un piazzamento d’onore. A chi continua a cercare i voti a casa degli altri, rispondiamo che l’unico voto utile in Sicilia è il voto libero, il vostro voto libero.
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di Tiziana Russo
Il nostro territorio in questi anni è andato indietro, eppure abbiamo avuto un senatore, un onorevole, due assessori regionali e componenti in assessorati.. oggi tutti candidati come se nulla fosse, quando il fallimento è sotto gli occhi di tutti. Questa non è la Sicilia che ci meritiamo
Micari, il PD e Alfano che lo sostengono, continuano a prendere in giro i siciliani con la solita storia del ponte sullo stretto. BASTA! Io invece mi batterò all’ARS per un piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole dei nostri figli.
di Ottavio Navarra – 1 novembre 2017
Proposta in bozza sulla quale sto lavorando
Il coefficiente Gini è un indice che misura la disuguaglianza nella distribuzione di un dato carattere trasferibile, in questo caso il reddito. in Sicilia questo valore è il più alto d’Italia: 0.38 contro lo 0.33 della Sardegna, seconda regione più diseguale. Il governo Crocetta ha perso una grande occasione per porre, almeno parzialmente, rimedio a questa tragica situazione, ignorando il disegno di legge di iniziativa popolare elaborato dal Comitato No Povertà: disegno di legge che intendo sottoporre all’Ars all’indomani delle elezioni.
La proposta prevede l’erogazione di “un aiuto economico pari alla differenza tra il reddito disponibile (ISEE) del nucleo familiare e la soglia della povertà assoluta calcolata annualmente dall’ISTAT”, attraverso il rilascio di carta acquisti che potrà essere utilizzata per l’acquisto dei beni e servizi di prima necessità. Non si tratta, tuttavia, di una proposta di mero assistenzialismo, ma si inserisce, al contrario, in un vero e proprio progetto di sviluppo:
il rilascio della carta acquisti, infatti, è subordinato all’impegno a sottoscrivere, da parte dei beneficiari, un progetto di inclusione sociale gestito dai servizi sociali del comune di residenza dei beneficiari, eventualmente in collaborazione con i centri per l’impiego. La Regione, quindi, si impegnerebbe a procurare tramite i centri d’impiego occasioni di lavoro e di formazione per tirare fuori dallo stato di povertà assoluta il nucleo familiare destinatario della carta.
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Il programma di Claudio Fava “Cento passi per la Sicilia”
CENTO PASSI PER LA SICILIA
I nostri cento passi per restituire alla Sicilia buone pratiche e buona politica dovranno partire da una realtà fatta di cifre che ci consegnano una fotografia impietosa di questa terra: 57 mila posti di lavoro persi nell’ultimo anno, il 40% di famiglie a rischio di povertà, una riduzione del 50% degli investimenti…
Alla disoccupazione, all’emorragia forzata dei giovani che ogni anno sono costretti ad andarsene, alla marginalità sociali in aumento va aggiunto il disastro prodotto da una gestione dissennata del territorio e dell’ambiente in cui viviamo.
Un progetto di governo che intenda liberare la Sicilia da questa eredità è una sfida ambiziosa ma necessaria. Ci racconta una Sicilia che sceglie di riscattarsi, che rovescia il negativo in positivo, che decide di non piangersi addosso, di non istituzionalizzare la rassegnazione. Un’idea di Sicilia che rinasce attorno ad un progetto credibile e creativo, coraggioso e solido.
Perché questo accada occorre anzitutto restituire al governo della Regione la politica. Cioè la responsabilità di scegliere, programmare, prendersi cura, definire obiettivi, assumere strumenti. In tre parole: avere una visione. Che fino ad oggi è mancata. L’unica cura, l’unica “strategia” dei governi Cuffaro, Lombardo e Crocetta è stata quella di ridurre la Sicilia a un bancomat a disposizione di clientele e a caccia di consenso.
Pensiamo a tre idee che diano forza a questa visione, tre parole che segnino il discrimine tra il passato e il futuro: i diritti, la cura, l’innovazione.
I diritti, che diventano effettivi solo se sono garantiti, se è concreta la loro fruizione da parte di tutti i cittadini. La cura delle persone, dell’ambiente, della bellezza, della cultura, del paesaggio, delle città, dei saperi, dei doveri… Perché prendersi cura ed avere cura è ciò che definisce la nostra idea di società, di doveri collettivi e individuali.L’innovazione che è indispensabile per immaginare un progetto di cambiamento e che accompagna ogni idea di riscatto sociale. A patto che essa venga messa al servizio di tutti.
Sono le premesse per una proposta di governo che non vuole improvvisare ma fare, che parte da ciò che siamo e da ciò (molto) che abbiamo. Ve la proponiamoattraverso alcuni punti chiave, le pietre miliari dei nostri cento passi per la Sicilia. Aperti naturalmente ai contributi, alle critiche e ai suggerimenti che vorrete condividere con noi.
CENTO PASSI PER IL LAVORO, L’INNOVAZIONE, LA DIGNITÀ SOCIALE
Il lavoro è il frutto di politiche lungimiranti nelle scelte, accorte nell’uso delle risorse e virtuose nella spesa. Ma è anche un’emergenza che pretende risposte congiunturali immediate. La Sicilia esce profondamente mutata da un decennio di crisi globale che ha prodotto devastazioni del tessuto sociale ed ha profondamente cambiato la struttura dell’economia siciliana. I giovani rappresentano un’autentica emergenza sociale: almeno due generazioni rischiano di restare tagliate fuori dal mondo del lavoro.
Bisogna dar vita ad un piano straordinario di inserimento delle giovani generazioni nel mondo del lavoro, senza ripetere esperienze passate di creazione di precariato destinato a diventare preda dei cacciatori di consenso clientelare.
La strada maestra è finalizzare alla creazione di lavoro produttivo le risorse disponibili con il nuovo ciclo di programmazione della spesa dei fondi strutturali, correggendo radicalmente la rotta di programmazione e spesa seguita fino ad ora dal governo regionale.
La Sicilia ha dovuto restituire all’UE circa 117 milioni di euro ma – ciò che è più grave – per accelerare la spesa si è trascurata la qualità degli interventi finanziati che spesso sono rimasti estranei a qualunque strategia di programmazione dello sviluppo.
Un altro decisivo campo di azione deve essere un piano straordinario di messa in sicurezza del territorio e delle infrastrutture di servizio alla collettività, usando in modo coordinato tutte le risorse nazionali e regionali disponibili(per esempio i fondi per la messa in sicurezza delle scuole, gli interventi per il risanamento ambientale, gli investimenti per le periferie urbane…). Spesso ci sono i fondi, ma mancano i progetti: l’azione della Regione deve anche saper orientare le amministrazioni locali ad incrementare la propria capacità progettuale.
Infine il patto per la Sicilia, finanziato con le risorse nazionali per lo sviluppo, che mette a disposizione della Sicilia circa 2,1 miliardi cui vanno sommato i 960 milioni disponibili nelle aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Si tratta di interventi di varia dimensione destinati ad assumere (specie quelli medio-piccoli che possono rapidamente partire) una valida funzione anticongiunturale e di sostegno alla ripresa dell’occupazione. Noi ci impegneremo ad attivare la cabina di regia e a far partire subito i cantieri accelerando tutte le operazioni connesse agli affidamenti, nel pieno rispetto della legalità e della trasparenza.
CENTO PASSI PER LO STUDIO, LA RICERCA, LA FORMAZIONE
Una terra che non investe nella conoscenza e nei saperi non sarà mai in grado di uscire dalla crisi. In Sicilia, come nel resto del paese, manca alla politica questa consapevolezza e questa determinazione. Va rovesciata l’idea che investire nei nostri giovani, nelle loro capacità e nei loro talenti, sia un investimento a perdere.
Il tasso di dispersione scolastica, con picchi a Palermo e Catania, è molto più alto di quello nazionale. Il numero delle nuove immatricolazioni è crollato del 40%.
La Sicilia – unica regione in Italia – è ancora priva di una legge sul diritto allo studio. In Sicilia le borse di studio coprono solo 32 per cento degli aventi diritto a fronte della media nazionale del 75 per cento; e ci sono posti letto per il 13 per cento degli studenti che ne avrebbero diritto a fronte della media nazionale pur non elevata del 32 per cento.
Per conseguenza l’isola vive il dramma di un esodo dei propri giovani al ritmo di decine di migliaia all’anno. Mentre gli insegnanti soffrono gli effetti di leggi nazionali che li forzano a trasferimenti incomprensibili.
La Sicilia perde due volte: per i tagli progressivi e per l’esodo dei nostri ragazzi. L’impegno per restituire a loro il diritto alla dignità e alle permanenza nella loro terra deve essere il punto di arrivo di tutte le nostre politiche sociali, occupazionali e formative.
Infine la formazione. Da più di due anni e mezzo la Sicilia non garantisce ai giovani disoccupati e ai lavoratori che vogliono qualificarsi o riqualificarsi il diritto costituzionale alla formazione professionale [l’art. 35 della Costituzione dice: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionali dei lavoratori”.].
Si è creata una condizione gravissima che ha colpito in maniera indiscriminata non solo i giovani disoccupati e i lavoratori che volevano acquisire una qualifica e non hanno potuto farlo ma anche i formatori che si sono trovati improvvisamente senza lavoro e senza nessuna tutela.
Se è vero che all’interno del mondo della formazione professionale in Sicilia, ad ogni livello, ci sono state irregolarità e fenomeni di corruzione (che la magistratura ha già accertato o che sta accertando), è altrettanto vero che la Regione Siciliana ha tutti gli strumenti di controllo per distinguere enti che operano con serietà e qualificazione da enti clientelari “alle dipendenze” dei politici. Gli enti sono infatti sottoposti ad una serie costante di controlli, effettuati da Ispettorato del lavoro, Ufficio del lavoro e dalla società DeloitteTouche (che rilascia il certificato di qualità).
La necessità di una riforma strutturale della formazione siciliana è una priorità della nostra proposta che vede nella formazione lo strumento per adeguare lecompetenza di giovani e lavoratori ai rapidi mutamenti dell’economia e dell’impresa.
Non è più tempo di aggiustamenti temporanei: occorre una riformastrutturale che sia il frutto di un confronto costruttivo tra la Regione, il mondo della formazione professionale, i sindacati, le imprese, le università e le agenzie di sviluppo locale.
Si devono creare strutture di formazione permanenti, agili ed efficaci, in grado di soddisfare tempestivamente il continuo bisogno di aggiornamento.
È cruciale spostare l’asse dall’offerta alla domanda di formazione, sulla base di un catalogo formativo raccordato con il sistema delle qualifiche regionali e strettamente collegato alla domanda di lavoro delle imprese.
Un nuovo sistema, per certi versi“a sportello”, nel quale chi vuole formarsi o riqualificarsi può scegliere l’ente sulla base delle sue specifiche esigenze formative e dell’effettivo mercato del lavoro.
Nell’immediato, poiché i tre Avvisi emanati dalla Regione contengono illogicità, ingiustizie e sperequazioni (come recentemente dichiarato dal CGA sull’Avviso 8), è opportuno sospendere la graduatoria, che vede una minoranza di enti accaparrarsi 136 milioni di euro, e avviare una fase transitoria condivisa verso la riforma strutturale del settore.
Infine è utile ricordare che per la formazione in Sicilia non c’è un problema di risorse: l’ammontare del Fondo Sociale Europeo destinato al Programma Operativo Regionale è molto vicino a quello della Lombardia.
CENTO PASSI PER IL CONTRASTO ALLA POVERTÀ
Il tema delle crescenti diseguaglianze sociali e dell’aumento della povertà relativa e assoluta, che coinvolge il 39% delle famiglie siciliane, non può più essere affrontato con strumenti ordinari e inefficaci. Si tratta di una vera emergenza, e i suoi effetti vanno contrastati nell’immediato senza rimandare a un futuribile sviluppo economico potenziale.
A fianco di una revisione complessiva del sistema di welfare regionale, occorre definire subito l’introduzione di dispositivi di reddito e di accesso ai servizi in termini gratuiti ed assistiti, che integrino gli strumenti nazionali già in campo (il REI – il reddito d’inclusione attiva – approvato dal Parlamento nazionale e che entrerà a regime con il 2018, coprirà solo un terzo dei poveri siciliani).
Una delle principali occasioni perdute dall’attuale governo regionale e dall’ARS è stata la mancata discussione e approvazione del disegno di legge di iniziativa popolare presentato da un largo cartello di forze per l’intervento contro la povertà assoluta. Che noi intendiamo portare in aula come priorità assoluta e primo atto politico del nostro governo.Il d.d.l. di iniziativa popolare era stato concepito come uno strumento integrativo dell’intervento nazionale e la sua approvazione avrebbe consentito di allargare in modo significativo la platea degli aventi diritto contribuendo ad un’elevazione delle condizioni di vita della quota più disagiata della popolazione siciliana.
Infine vogliamo avviare una ridefinizione dei diritti di estrazione del petrolio (attualmente le royalties contrattate dal governo siciliano sono molto basse) e utilizzare i maggiori introiti per ampliare il numero dei beneficiari del d.d.l. sulla povertà.
CENTO PASSI PER LE NOSTRE CITTA’
Il crescente disagio abitativo registrato nella nostra regione, specialmente nei capoluoghi di provincia, richiede un insieme di politiche coordinate per calmierare gli affitti, per incrementare il patrimonio abitativo per le fasce deboli, per riqualificare quello esistente spesso pesantemente degradato, per individuare risposte adeguate ai nuovi bisogni creati dall’acuirsi della crisi economica che sta comportando un cambiamento negli stili di vita e nei consumi.
Le nostre proposte per un piano regionale per l’abitare di qualità:
Ricostruire e riqualificare le città:
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- Contrastare ulteriore espansione e consumo di suolo. Il problema non è continuare a costruire ex novo ma avviare un’operazione di ristrutturazione edilizia dell’esistente attraverso un grande intervento di manutenzione, riqualificazione di edifici e spazi urbani degradati o inutilizzati.
- Istituire l’Osservatorio regionale della condizione abitativa, previsto dalla legge
- Ampliare l’offerta in affitto di abitazioni pubbliche di edilizia sociale: In Sicilia sono circa 25.000 le domande per una casa popolare giacenti da anni. A fronte di assegnazioni che non superano negli ultimi 2 anni i 700 immobili realizzati nell’ambito di programmi costruttivi varati da più di un decennio. E’ per questo indispensabile realizzare un programma pluriennale di edilizia residenziale pubblica contestualmente ad una riforma degli IACP.
- Housing sociale. Strumento utile se si rispettano alcuni criteri. Tra questi il rispetto delle finalità sociali dei progetti, la destinazione alla locazione a canoni sociali o al riscatto di una percentuale del costruito non inferiore al 50% , spazi sociali e servizi adeguati a standard di qualità, destinazione degli alloggi a famiglie che hanno un reddito non sufficiente per accedere al mercato privato, canone di locazione che non deve superare il tasso di sforzo del reddito familiare.
CENTO PASSI PER UNA NUOVA ACCOGLIENZA
Le politiche che si occupano della presenza dei migranti nella nostra regione devono cambiare radicalmente impostazione: nessuna soluzione “emergenziale” o, peggio, dettata da necessità propagandistiche ma piani strutturali improntati al rispetto delle persone e dei loro diritti inviolabili, all’efficacia delle pratiche di inclusione sociale, alla convivenza civile. Solo una società inclusiva è una società sicura per tutti. L’obiettivo è il passaggio da grandi centri modello “Cara” di Mineo all’accoglienza diffusa e al sostegno anche alle pratiche di accoglienza famigliare. Occorre affrontare con un approccio diverso il grande tema dei minori migranti non accompagnati, per una reale inclusione sociale, formativa, di cittadinanza. Dobbiamo pensare alla Sicilia come terra di costruzione e valorizzazione di buone pratiche di accoglienza, mettendo al centro lo straordinario lavoro che moltissime associazioni laiche e religiose stanno già svolgendo.
CENTO PASSI PER I BENI COMUNI: Acqua, Rifiuti, Energia, Ambiente
La pubblicizzazione dell’acqua, che passa attraverso la gestione pubblica delle reti idriche, oltre ad essere la sacrosanta applicazione della volontà popolare espressa in un referendum da 27 milioni di italiani (e tra questi dalla stragrande maggioranza dei siciliani), è un punto strategico.
L’acqua pubblica garantisce e impegna la Regione ad investire sulla manutenzione delle reti (oltre il 45% di acqua persa in Sicilia). L’acqua pubblica significa anche controllo sulle tariffe (che vedono aumenti anche del 40% sui tratti a gestione privata) e sulle mafie.
L’incenerimento non è la soluzione al problema rifiuti, è un problema in più nella questione rifiuti: bruciare i rifiuti èuno spreco di materia potenzialmente riutilizzabile o riciclabile, è costoso per i cittadini (il “rifiuto del rifiuto” sono ceneri velenosissime che vanno smaltite in discariche speciali a costi esorbitanti) ed è pericoloso per la salute.
La risposta all’emergenza rifiuti è l’inizio del cammino verso l’economia circolare, cioè quell’economia in cui il rifiuto non esiste perché tutto viene progettato e prodotto al fine di essere riutilizzato o riciclato.
Occorre impegnare la Regione per realizzare un ciclo dei rifiuti a gestione pubblica, puntando su raccolta differenziata (oggi in Sicilia al 12%), riuso e riciclo sul modello delle grandi metropoli europee, con il graduale abbandono di discariche private (che costano al bilancio regionale più di 400 milioni l’anno).
E’ urgente un Piano Energetico Regionale per il progressivo aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e la conseguente diminuzione di quella da idrocarburi. Occorre puntare non più sui grandi impianti ma sulla “generazione distribuita”, con reti piccole distribuite sul territorio adattate al flusso bidirezionale.Serve l’adeguamento di tutti gli edifici pubblici regionalial risparmio energetico: efficientare gli edifici permette risparmi dal 20 al 50%.
CENTO PASSI PER IL TURISMO E LA CULTURA
Sono le voci del più grande potenziale economico siciliano. L’offerta culturale può diventare la più grande “azienda” siciliana. Non serve una Regione bancomat, che si limiti ad amministrare e ad elargire (pensiamo alle spese di fine legislatura dell’assessore al turismo per decine di sagre di paese…). Occorre un piano integrato per il Turismo e la Cultura che faccia di questo giacimento naturale (65 siti e musei, il 30% dei beni archeologici del Mezzogiorno, 14 teatri greci, una straordinaria tradizione teatrale) il volano di un diverso modello di sviluppo e per nuovi profili formativi nella formazione professionale.
Scrive Raymond Bodin dell’Unesco: “Nel mondo non esiste altro luogo con una concentrazione simile di tesori artistici come la Sicilia. Eppure siamo all’anno zero. La Sicilia non è capace di gestire l’immensa fortuna che ha!”.
Dobbiamo investire su project financing (come in Francia, la Delegation de service publique) modificando radicalmente il rapporto tra istituzioni culturali e impresa privata: chi vuole investire deve poterlo fare.
Il Turismo va “costruito”, pianificando le azioni rivolte alle diverse tipologie turistiche e agendo sulla qualità dell’offerta.
Non si tratta solo di posti di lavoro. Questo tipo di insediamenti produttivi rappresenta anche la migliore maniera di tutelare il territorio siciliano, la sua bellezza, la sua ricchezza.Violata da anni di abusi: sessantamila case abusive fabbricate fra le due sanatorie dei governi Berlusconi, un sesto dell’intero abusivismo italiano. Che in Sicilia non è mai stato un abusivismo di necessità.
CENTO PASSI PER LA CRESCITA: Impresa, Nuova Economia, Agricoltura
Il sostegno alla piccola e media impresa, all’artigianato e al commerciosono punti ineludibili di un programma regionale di governo. Abbiamo bisogno di immaginare un piano per l’economia circolare all’interno del quale “fare impresa” significhi trovare nella Regione un concreto sostegno strategico e strutturale.
Occorre dedicare particolare attenzione e sostegno alle start up, alle forme cooperative, alle imprese la cui attività è sostenibile in termini ambientali, sociali, ecologici. L’obiettivo strategico non è solo fermare l’emorragia continua di posti di lavoro che deriva dal crollo delle attività produttive ma di invertire la tendenza producendo nuovo lavoro e aumentandone la qualità complessiva.
Più in generale, occorre puntare sulla riconversione ecologica dell’economia siciliana, mettendo in discussione l’attuale modello economico e accompagnandolo verso la sostenibilità ambientale del sistema industriale, dei trasporti, dell’edilizia, dell’agricoltura.
Negli ultimi annisempre più giovani siciliani hanno ripreso a coltivare la terra, a dedicarsi a un nuovo concetto di agricoltura, capace di tenere insieme le buone e antiche pratiche dell’allevamento e della coltivazione con le più recenti innovazioni tecnologiche e scientifiche. La protezione delle sementi autoctone e delle antiche pratiche di semina e produzione, con il pannello solare e il computer, con le tecniche di irrorazione sostenibili, con gli allevamenti non intensivi e non degradanti per gli animali.
Nel quadro di una strategia complessiva di valorizzazione delle zone agricole, la Regione dovrebbe accompagnare e incentivare queste nuove vocazioni. E sostenere le molte strutture agrituristiche presenti sul territorio che incarnano un modello di economia sostenibile e del consumo di prodotti biologici e a km0.
CENTO PASSI PER LA MOBILITÀ
Il diritto alla mobilità va garantito a tutti, cittadini siciliani e non.
Garantire questo diritto significa pensare a politiche pubbliche specifiche di progettazione e investimento – attraverso risorse messe a disposizione a livello nazionale ed europeo – che si concentrino su mobilità stradale, ferroviaria e portuale. Non servono grandi opere inutili come il ponte sullo stretto. Occorre piuttosto incentivare il trasporto ferroviario (in Sicilia la velocità media dei treni è ancora di 24 km/).
Su 1380 chilometri di ferrovia in tutta l’isola, solo 190 hanno un doppio binario e solo 580 sono elettrificate.
Senza contare interruzioni e guasti, che rendono inoperante il 20% della rete ferroviaria dell’isola. Occorre ripristinare i collegamenti notturni con la penisola, rilanciare le ferrovie regionali e puntare sull’intermodalità mare-rotaia e strada-rotaia nei porti siciliani. Serve con urgenza un piano di investimenti straordinario per la manutenzione e messa in sicurezza delle arterie stradali principali.
CENTO PASSI PER LA SALUTE E LA CURA
Una quota sempre maggiore di cittadini siciliani deve abbandonare il ricorso alle prestazioni sanitarie, anche urgenti, per due motivi: la mancanza di risorse (nonostante un bilancio di 9 miliardi, uguale a quello della sanità del Veneto) e la difficoltà nell’accesso al servizio pubblico. Questa limitazione del diritto alla salute non è accettabile. Come non è sostenibile il pendolarismo sanitario che costringe i siciliani a lunghi viaggi della speranza verso strutture del nord, perché quelle esistenti non garantiscono efficacia, affidabilità, sicurezza.
Il Piano Regionale di riorganizzazione del sistema sanitario pubblico e convenzionato è una priorità di governo. Con alcuni obiettivi prioritari: l’eliminazione e la riduzione dei ticket sulle prestazioni urgenti ed importanti, l’intervento di riadeguamento strutturale dell’edilizia sanitaria, l’aggiornamento delle convenzione con strutture private (troppe e spesso opache).
Occorre porsi come obiettivo il passaggio dal “curare” al “prendersi cura”, e per far ciò è necessario realizzare una vera “medicina del territorio” dove i cittadini possano trovare le risposte ai bisogni di salute meno gravi, dove sia possibile eseguire gli esami clinici e strumentali più semplici, e dove il paziente viene accompagnato e guidato durante tutto il suo percorso assistenziale senza dover ricorrere come unica ratio al pronto soccorso e all’ospedalizzazione.
Infine, l’unico obiettivo per la sanità siciliana non può essere il pareggio di bilancio, come se si trattasse di un’assemblea di condominio. Altrimenti i più virtuosi saranno solo coloro che “tagliano”. Il governo regionale non può rinunciare alla programmazione: fuori la politica delle clientele dalla sanità e dentro la buona politica.
CENTO PASSI PER LIBERARE LA SICILIA: Lotta alle mafie, Trasparenza della P.A., Partecipazione
La trasparenza della pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla lotta alla corruzione e ai legami tra la politica e la criminalità mafiosa, è un presupposto per qualsiasi buona pratica amministrativa. Ma non può limitarsi, come accade ora, a un semplice titolo da apporre a qualche documento ufficiale. La trasparenza non si dà per certificato ma si praticaa monte, si garantisce e si pretende. Senza delegare questa funzione di controllo e di prevenzione alle sentenze dei tribunali. Ma non basta. Occorre prevedere processi permanenti di pubblica consultazione, in alcuni casi dal valore vincolante, sulle decisioni strategiche che coinvolgono la vita dei cittadini. Processi di audit pubblico devono essere obbligatori e normati. I cittadini devono essere coinvolti per affiancare costantemente il governo della Regione.
La lotta alle mafie va considerata presupposto fondativo di qualsiasi idea di buon governo in Sicilia (e ovunque). Rendere impermeabile l’amministrazione e la spesa pubblica vuol dire rendere autonoma la politica dai poteri criminali. Lo scioglimento per mafia di molti comuni siciliani, la presenza di consiglieri comunali e amministratori espressione di consolidate famiglie criminali, le evidenze di molte inchieste giudiziarie ci dicono che questa battaglia – benché colpevolmente assente dal dibattito politico di questi mesi – resta per noi centrale.
CENTO PASSI PER UNA SICILIA CENTRO DEL MEDITERRANEO
La Sicilia è al centro di tre continenti, ventitré nazioni e mezzo miliardo di persone che si affacciano sul Mediterraneo. Fino ad oggi questa centralità è stata solo occasione di annunci (la sbandierata “politica estera” del presidente Crocetta) e di paure (l’immigrazione dal Nord Africa).
Questa collocazione strategica va trasformata in una risorsa. Civile, culturale, istituzionale, commerciale ed economica. Fare della Sicilia un hub logistico, attrezzare i suoi porti per l’intermodalità, costruire relazioni non episodiche con i paesi del Nord Africadev’essere una priorità che darebbe anche un significato politico alto al nostro status di regione autonoma.
Un progetto per tutti: la realizzazione del Politecnico del Mediterraneo, un salto di scala nella capacità della Sicilia di offrire didattica e ricerca scientifica d’altissimo livello, integrata nelle reti nazionali e internazionali. E al tempo stesso dovrebbe dar luogo a un processo di coesione culturale tra giovani di diversi paesi. Il progetto, che esiste edè sostenuto finanziariamente dall’Unione Europea, punta alla realizzazione della più importante infrastruttura di diffusione di cultura scientifica nell’area mediterranea e auno strumento di nuovo partenariato imprenditoriale.I precedenti governi della Regione hanno lasciato che il progetto venisse trasferito in Slovenia: noi intendiamo riproporre con forza la Sicilia come luogo naturale del Politecnico del Mediterraneo
Infine, per una Sicilia e un Mediterraneo di pace, va ripresa la battaglia contro il MUOS di Niscemi e contro la militarizzazione dell’isola che, da Sigonella a Birgi, fa della Sicilia e del suo mare una piattaforma strategica nello scenario di guerra permanente. Quella guerra che, dall’Africa al Medio Oriente, produce povertà, abbandono e fuga dalla propria terra di milioni di donne e uomini.