di Fausto Anderlini – 23 ottobre 2017
La sinistra non può più essere (ed è un peccato) milioni di dita strette in un unico pugno. Però ci si potrebbe accontentare di una buona mano tesa con cinque dita.
Non capisco dove stia lo scandalo cari compagni che vi affannate di fare il processo alle intenzioni a Speranza e Bersani, quasi desiderosi di trovare un bersaglio polemico sostitutivo una volta receduto sul fondo del baraccone il povero Pisapia. Può darsi che mi sbagli, ma io leggo l’intervista di Speranza non tanto come un’apertura a Renzi, o come una ridondante replica del gioco del cerino (comunque in sè non del tutto inutile), ma come un appiglio offerto alla minoranza interna del Pd e alla condizione di stallo che soffre l’area residua di matrice ulivista. Pure a fronte di un Renzi che abbaia proprio perchè politicamente debole. E in attesa – va da sè – delle tensioni critiche che sortiranno dalle regionali siciliane.
Ne sono comprova le reazioni suscitate: di irrigidimento dei renziani e di pronta recezione delle minoranze. Del resto se è vero che la profferta relativa all’ampliamento della quota maggioritaria appare bizzarra (se non, come mi auguro, un mero artificio retorico), è anche vero che provare a mettere qualche bastone nel Rosatellum, specie sul voto disgiunto, non è per nulla peregrino. Essendo che quella legge elettorale è pensata proprio per fare il culo a Mdp. Insomma una diversione tattica, efficace o meno si vedrà, operata da una forza politica da posizioni di autonomia e concepita come utile ad incrementare il conflitto intestino al Pd e a trarre qualche utilità per sè. In una situazione nella quale la sinistra si troverà a sommare decimali non è da buttare raccattarne altri due o tre dal fondo del barile.
Conosco già l’obiezione: “spargendo confusione con improvvide manovre di palazzo per ogni punto guadagnato a ‘destra’ se ne perderanno due a sinistra”. E giù a tessere l’elogio della chiarezza senza se e senza ma di contro ai ‘politicismi’ che rischiano di obnubilare i milioni di elettori in attesa che il verbo autentico li tragga dall’acredine e dall’apatia. Non è che non veda un lato plausibile in questo rigorismo, ma ad esso mi sentirei di rispondere così: ogni cosa a suo tempo e a suo luogo. In campagna elettorale si dovrà certo andare con un programma chiaro, ma senza sottrarsi preventivamente a spazi di manovra politica. A perorare la purezza autistica peraltro ci sono già i grillini. Suo malgrado, la sinistra è finita in una intercapedine, fra il Pd e il M5s, e di lì dovrà farsi spazio.
Ma c’è anche dell’altro su cui è bene riflettere. Personalmente nutro posizioni diverse, ma non penso che Bersani, Speranza e altri siano ‘deboli’ e/o in ‘malafede’. Essi esprimono una ‘tendenza’ politica che ha una precisa connotazione. Bersani è stato un attore convinto della stagione ulivista, e pur’anche dato per perso il Pd non ha mai rinunciato alla vocazione di aggregare attorno a Mdp, quantomeno per dialogare con esse, forze e personalità diverse, specie di matrice ulivista cattolica, e persino ‘moderate’. Fare di questa sua vocazione ovvia e mai celata uno stigma persecutorio è una banalità e un errore. Sul quale è bene chiarirsi. Si pensa forse che queste posizioni non abbiano diritto di cittadinanza nella ‘sinistra’ da ricostruire ? Pensiamo forse a un processo semplificato in cui tutto si resetta da zero attorno a principi non negoziabili e un unico modello di pratiche sociali e politiche ? Una prospettiva infantile e velleitaria. Se la ‘sinistra’ avrà forza e tornerà a contare sarà perchè sarà capace di contenere al suo interno posizioni articolate.
Decisive per dare respiro al suo spazio egemonico, intercettando interessi e dislocazioni di opinione in più direzioni (anche se non ovunque, come evidente). Questa era la forza del Pci, che aveva al suo interno Ingrao e Amendola, disdegnava il purismo e faceva della mediazione politica la sua religione. L’unità non è un a-priori programmatico-deduttivo, un prendere o lasciare, un aut aut, ma una offensiva volta a tenere insieme una complessità di posizioni. Nella quale bisogna credere. E se il camelloporco da buon animale spurio fa buon viso quando a levarsi è il ditino indice di Montanari Falcone, a maggior ragione si dovrebbe avere rispetto per il pollicione di Bersani.