Lo stato della sinistra

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 10 agosto 2017

La sinistra italiana si regge da tempo su due filoni culturali, diciamo così, preponderanti. Quello di matrice comunista-laburista e quello di matrice cattolica. La Bolognina, nel 1989, fu una specie di spartiacque storico. Il gesto occhettiano parve a molti quasi un segnale di resa, per quanto fosse dipinto (e anch’io lo concepii così) come una sorta di ‘rilancio’ e di nuovo inizio. Se dovessimo valutare oggi, in termini storici, gli effetti della fine del PCI, della sua storia, della sua esperienza, dovremmo trarne che si trattò di una specie di colpo di spugna, dato con leggerezza, quasi noncuranza su una ‘forma’ e una cultura politica ormai ritenute ‘inadeguate’, come sommerse dalle macerie del ‘muro’. Per sostituirle con cosa, non si sa. Per riprendere una metafora di Gianni Cuperlo, quella degli scatoloni, è come se ci fossimo trasferiti dal PCI portandoci dietro poche cose, e forse le meno necessarie, lasciando il resto, tutto il resto nell’oblio, in una specie di dimenticatoio.

In quegli anni la tempesta sconvolse tutte le organizzazioni politiche, grandi e piccole. Vi fu una sorta di radicale mutamento nelle forme e nelle sostanze. Oggi tuttavia ci rendiamo conto di come, se la sinistra comunista e quella socialista non persero tempo a mollare presunta zavorra, riducendo le proprie culture politiche a brandelli, i cattolici democratici e la sinistra animata da quella ispirazione ideale seppero mantenere invece un loro profilo, una loro identità, pur nelle successive diaspore. Sopravvissero centri di elaborazione politica e culturale, e ne rimasero in vita i valori profondi. I cattolici non mollarono la presa sulla società e mantennero una seppur articolata identità politico-culturale. Seppero insomma sopravvivere allo scialo dei tempi, pur centrati dalla bufera che sconvolse la società politica italiana di fine millennio. Che sia così è attualmente visibile. Molti ex PCI-DS appaiono così leggeri nelle loro acrobazie tattiche da apparire libellule. Negli anni il cinismo si è impadronito in modo pervicace dei loro comportamenti. Spogliato di una cultura politica seria e rigorosa, una certa quota di quel gruppo di reduci e stato travolto, e si è votato al ‘vincere’ e al ‘potere’. La politica non era più ‘forza’ sociale, parlamentare, ma solo ‘vittoria’, come nel calcio (di qui la ragione di molte metafore di tale fattispecie).

Ovviamente il virus non ha toccato tutti. Paradossalmente, ha però riguardato soprattutto i più giovani, cresciuti in un clima di certo non favorevole a una formazione politica adeguata. Resta il fatto che oggi lo stato della sinistra è pietoso. Senza una cultura politica, senza una forma-partito, senza alcun carattere di impresa collettiva. La sinistra è totalmente dedita alla tattica (con poche, rare e benedette eccezioni di taluni nostri dirigenti più anziani), nel vuoto totale di orizzonti e pressoché dipendente e ancella della comunicazione. Renzi ha attecchito, in fondo, su un terreno congeniale alla sua genìa. Ammettiamolo. Ciò mentre la sinistra cattolica e i cattolici democratici davano segni di vita (culturale, valoriale, prima ancora che politica) che noi post-comunisti, scaraventati di getto in questo brutto incubo, nemmeno ci sognavamo. Lieti, anzi, di vivere alla ventura, come se ogni giorno fosse l’ultimo, anzi come se anche questo ultimo giorno non esistesse già più.

Che la cultura politica (per un partito, per uno schieramento politico, per una massa di donne e uomini) sia tutto, oggi è persino banale dirlo. Che si tratti di ricominciare da lì (senza ovviamente farlo in termini accademici e contemplativi, e nella totale vuotezza di una prassi) è lapalissiano. Che si tratti di dar vita a una forma-partito concreta, solida, non un comitato elettorale o un’agenzia di comunicazione, è altrettanto innegabile. E che si debba avere una forte consapevolezza della propria limitatezza, della propria scarsa autosufficienza, ma pure della forza e del valore culturale dei nostri primi alleati cattolico-democratici, è così lampante e indiscutibile che non varrebbe nemmeno la pena di scriverci sopra un post.

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