Fonte: L'Argine
Url fonte: http://www.largine.it/index.php/luigi-pizzolo-oltre-il-giardino/
di Luigi Pizzolo – 1 agosto 2017
Lo confesso, mi sento un po’ come Chance, il giardiniere magistralmente interpretato da Peter Sellers. Dopo una vita passata nel rassicurante recinto del “Partito”, la nuova avventura la vivo con un misto di entusiasmo e apprensione, senza l’ingenuo disincanto di Chance. Costruire praticamente da zero un nuovo e ambizioso contenitore politico, è operazione sì entusiasmante ma per nulla scontata. Il (mini) big bang nella politica italiana, in particolare a sinistra dello scacchiere politico, provocato dalla nascita di Art. 1 – MDP, ha sollecitato diverse personalità e soggetti politici a misurarsi in un contesto del tutto nuovo obbligato a produrre idee, proposte, programmi e offerta politica originali. L’originalità qualcuno la interpreta e la vorrebbe declinare in “discontinuità”, in “alternativa”. Però i due sostantivi non sono sinonimi. Possono, al più, essere complementari, ma non indicare la stessa cosa. E siccome entrambi fanno riferimento alle politiche sociali ed economiche degli ultimi quattro anni, implicano necessariamente il rapporto con il PD.
Personalmente ritengo che porre oggi il problema della discontinuità e/o dell’alternativa sia allo stesso tempo inutile e controproducente. Per un motivo molto semplice: al netto di ciò che è stato, nessuno di noi è in grado di prevedere con esattezza cosa sarà. Lo si può presumere dal tour che Matteo Renzi sta facendo per promuovere il suo libro, ma non sapere. Tuttavia sarebbe politicamente saggio, in questa fase, infischiarsene. Utile, al contrario, mettere mano immediatamente ad una “Carta dei valori e del programma” che definisca con chiarezza la nostra idea di politica, di democrazia, di società. Solo questo, ritengo, risolverebbe tutti i problemi, reali o presunti, in cui ci stiamo inutilmente perdendo negli ultimi giorni. Intanto, in attesa che il PD svolga la sua Conferenza programmatica, avremo il vantaggio di dettare noi l’agenda politica e, quindi, si valuterà oggettivamente se sarà il PD stesso ad essere alternativo o contiguo alle nostre proposte. In secondo luogo, le forze politiche e le associazioni che stanno interloquendo con alterni risultati (MDP, Campo Progressista, Sinistra Italiana, coloro che si riconoscono nelle posizioni di Anna Falcone e Tomaso Montanari) avranno una piattaforma in cui riconoscersi o meno. In terzo luogo si potrà affrontare e risolvere molto più serenamente, il dilemma “nuovo soggetto politico” o “federazione di soggetti”. Personalmente ritengo che la prospettiva di affrontare le prossime elezioni politiche con un semplice cartello elettorale, un Unione 2.0, mi intriga e convince assai poco. Mi convince molto di più, al contrario, il “Massimo D’Alema 1994”, quello che appena eletto Segretario del PDS, in competizione con Walter Veltroni, esordì con queste parole: “Ora basta, togliamoci le magliette”.
Credo sia un monito che valga ancora oggi per tutti noi. Occorre un sincero sforzo di generosità, occorrerà davvero proiettarsi oltre il giardino in cui ognuno di noi oggi è posizionato. Occorre superare le diffidenze che ancora ci dividono. Non parlo di un generico sforzo morale e personale di generosità, ma di generosità politica. Se si condividono valori e programmi comuni, come si giustificherebbero soggetti politici distinti? Quale credibilità e forza di attrazione avrebbero? E’ giusto discutere sul tipo di organizzazione e come strutturare l’eventuale nuovo partito, partendo magari dal presupposto che tecnologie digitali e radicamento nei territori e militanza attiva non sono necessariamente alternative. Internet, tessere e “Feste del lavoro” possono tranquillamente convivere.
Abbiamo dinanzi a noi il difficile compito di convincere un vasto elettorato a ritrovare fiducia nella politica e nei suoi attori. Abbiamo il dovere, questo sì morale, di non deludere quelle centinaia di giovani, che hanno abbandonato il PD o si sono per la prima volta avvicinati con noi alla politica, ritenendo che siamo forse l’ultima speranza per il loro futuro. Sono la nuova classe dirigente su cui investire. E’ in questo che mi sento pienamente coinvolto, è su questo che voglio impegnarmi: nuove idee, nuovi programmi che devono necessariamente ispirarsi ai valori del socialismo, dell’ambientalismo e della Dottrina sociale della Chiesa. Formare e selezionare una nuova classe dirigente. Senza tutto ciò non potrei che parafrasare l’immenso (per me) e compianto Beppe Viola, prendendo spunto da una sua lettera al Direttore della sede RAI di Milano: “ho 55 anni, un figlio e non ho voglia di prendere per il culo nessuno”.