La chiamata a raccolta della sinistra

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 20 luglio 10\7

È cominciata così: Giuliano Pisapia, una persona a modo, con una storia di sinistra alle spalle, tempo fa si propose col suo ‘Campo Progressista’ quale ‘unificatore’ e/o federatore di una sinistra dispersa. Detto fatto, taluni pensarono subito a lui per ‘coprire’ Renzi a sinistra. Lo stesso ex premier ci lavorò sopra, e fece delle avance personali a Pisapia. Anche ‘Repubblica’ si mosse sul tema, e sembrò sponsorizzare l’ex Sindaco di Milano quale possibile magnete di un centrosinistra che facesse da ‘ponte’ tra PD renziano e centrosinistra non renziano, a partire da Romano Prodi. La manovra fu ‘accelerata’ dall’altra mossa, sempre renziana, di tentare di anticipare le elezioni politiche. Pisapia credette davvero, almeno inizialmente, alla possibilità di distendere questo ‘ponte’ unitario. Fatto sta che si gettò anima e corpo nell’impegno. Fu subito avvertito dai renziani: niente D’Alema, niente Bersani, niente scissionisti. L’operazione doveva raccordare Renzi a Prodi, e guarnire il fianco sinistro del PD con un maquillage rosatello, niente più, ma già sufficiente per ottenere quei punti percentuali marginali, tali da conquistare la testa della classifica elettorale e ottenere per Renzi l’incarico da premier, ponendolo a capo della giostra delle grandi intese con Forza Italia. Un disegno così smaccato da essere visibile a tutti.

Siccome qui non si pettinano bambole e non ci si occupa solo di barche a vela 🙂, i politici di lungo corso hanno subito colto la manovra e, invece, di alzare il polverone delle critiche e dei distinguo, si sono messi a lavorare di buzzo buono, avviando con Pisapia un dialogo e un percorso diverso, di nuovo ‘centrosinistra’ (o chiamiamolo come volete, anche Pasquale): una linea di sinistra larga e plurale, radicalmente alternativa alla precedente ipotesi para-renziana. La politica è fatta di ribaltamenti, come i plot letterari, e quindi a un ribaltamento si è lavorato, a rivoltare la frittata, a strappare possibili risorse all’avversario per renderle nostre. Capisco le difficoltà di chi si è sentito fuori, di chi ha pensato che il tavolo fosse già imbandito prima di essere stato invitato, ma la politica ha dei tempi (come la vita) e rintuzzare una manovra ribaltandola in meglio necessita di un’azione rapida, quasi da commandos. Di un break, insomma. Le interviste rilasciate da Bersani, D’Alema e da altri esponenti della sinistra hanno raccontato, in questi giorni, proprio questo. Quella di Bersani al Fatto è un’ottima chiosa, e fa il punto della situazione.

Già in altri due post avevo invitato a ridefinire il termine di ‘leader’. Non si trattava, nel caso di Pisapia, di proporre l’uomo solo al comando, il padrone del vapore, il capo della baracca, ma di indicare un dirigente, uno che si facesse carico di essere il portavoce, il simbolo, il primo tra pari, il coordinatore di un ‘collettivo’ appunto. Proprio come spiega Bersani oggi al Fatto: Pisapia “non ha l’idea di una leadership come l’abbiamo intesa negli ultimi venti anni. […] Ci vuole umiltà […] Lui continuerà a organizzare questo campo progressista”. Parole nettissime, che propongono termini oggi desueti, almeno nel significato. Purtroppo venti anni di berlusconismo-renzismo ci hanno spinto a credere che il Capo sia tutto, che il leader sia tutto, che la leadership sia una dittatura personale, che tutto debba riassumersi in ‘qualcuno’, in un ‘mazziere’, in una persona in carne e ossa, e non in un ‘collettivo’ come spiega invece Bersani, resuscitando un termine morto anche a sinistra!

Oggi, diradata la nebbia, ‘stoppata’ la manovra, il tempo appare maturo per la chiamata a raccolta di tutte le forze della sinistra ampia e larga, senza preclusioni, nessuno escluso, con l’obiettivo di andare a due cifre, e di puntare al governo, e non soltanto a ‘ricostruirsi’. Certo, lo scoglio dei contenuti non è una passeggiata, su molti temi a sinistra si è divisi. Ma i tavoli nascono per mediare, per essere generosi l’un l’altro, e soprattutto per scorgere la verità possibile e da condividere in mezzo alla selva di opinioni personali e di culture politiche infrante di cui oggi si compone in buona parte la sinistra italiana.

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