di Fausto Anderlini – 27 giugno 2017
Le elezioni locali hanno sempre assecondato, più spesso anticipandolo, il ciclo politico nazionale. Di norma secondo una relazione inversa per la quale gli scostamenti marginali delle periferie sono sempre antitetici rispetto al governo centrale. Questa legge ha colpito in modo alterno sia il centro sinistra che la destra.
Per stare alle più recenti tornate, nel 2004 una grande avanzata del centro-sinistra anticipò il successo dell’Unione nelle politiche del 2006. Sicchè a consuntivo il Csx controllava uno stock di 56 capoluoghi su 102 e ben 374 dei 661 comuni con più di 15.000 abitanti. Nel 2009 il Csx patì la crisi del governo Prodi e la riconquista del potere da parte di Berlusconi. In quel caso il voto locale fu subito a ridosso delle elezioni politiche e ne subì l’effetto d’onda. Comunque il Csx perse uno solo dei 58 capoluoghi e pur cedendo molte posizioni nella rete dei comuni ne conservò a sè la maggioranza (330 contro i 282 della destra). Nel 2012, alla vigilia delle politiche del 2013, il Csx tornò sulle posizioni del 2004, sfruttando la crisi nazionale della destra e temperando gli effetti negativi del governo Monti. In ogni modo queste oscillazioni hanno sempre colpito più la destra che la sinistra. Anche nei momenti di difficoltà, specie quando al governo del paese, il centro-sinistra ha sempre saputo limitare i danni in periferia. E questo per tre ragioni. Perchè il centro-sinistra è sempre stato l’alfiere delle autonomie locali e della partecipazione civica locale. Perchè disponeva di una superiore capacità di mediazione sociale e di coalizione politica. E perchè dispiegava, almeno sino alla metà della prima decade del secolo, una classe amministrante più radicata, capace e professionalizzata, nonchè riconoscibile nell’ambito di una cultura politica sua propria.
Questo differenziale è crollato nel giro di soli tre anni. I ballottaggi di domenica hanno ratificato che il Pd è una forza ormai totalmente avulsa e disincarnata. Lo sfascio della rappresentanza nazionale si riflette nello sprofondamento delle periferie urbane nell’apatia politica e, come conseguenza, in una riemergenza della destra nel governo di comunità locali desertificate. Fra le città metropolitane il Pd è al governo solo a Milano, Bologna e Bari, mentre è ormai divelto dalla rete capoluogale e dal reticolo urbano minore in tutto il centro-nord, ex ‘zona rossa’ compresa (e pensare che qui gli sciagurati renziani avrebbero voluto totalizzare la quota uninominale del sistema ‘tedesco’ !!!). Non ha più basi, nè territoriali nè urbane. Le ragioni sono da ricercare nel nuovo corso renziano. Più specificatamente in tre aspetti: in primo luogo nel fatto che il Pd è diventato un partito centralista (questo era il senso della riforma istituzionale bocciata nel referendum); in secondo luogo nell’aver abbandonato ogni capacità di mediazione; in terzo luogo nella mediocrizzazione della sua classe politica locale, che se è riconoscibile per un tratto ‘culturale’ è solo per aver amputato la cultura politica come tale da sè medesima.
In queste circostanze le elezioni primarie hanno contribuito a selezionare individui sempre più scarsi mettendo in risalto la fragilità e l’inconsistenza delle costituenti politico-sociali a supporto. Senza una cultura politica unificante ogni competizione si traduce in divisione e inimicizia. Mai idea fu più cretina di quella che le primarie potessero fondare di per sè il legame politico. E’ letteralmente imbarazzante leggere i commenti sui social dei renziani e di Renzi medesimo. Mai nella storia della Repubblica si sono affacciati sulla scena individui così iattanti di stupidità.
Digressioni antropologiche a parte, se la legge dell’alternanza ciclica centro-periferia prima enunciata è fondata e tanto più per le modificazioni strutturali richiamate, allora queste elezioni sono un predittore che lascia pochi margini di dubbio: nelle prossime elezioni politiche il Pd subirà una drammatica sconfitta che lo porterà a pietire un salvataggio ad opera del ‘centro destra’, cioè da Forza Italia. Accadrebbe anche ove, per un timido revival di saggezza, la cricca renziana adisse all’idea di una riproposizione del centro-sinistra in chiave coalizionale. E tanto vale che la ‘sinistra’ eviti di essere trascinata nel gorgo e si dia da fare in modo autonomo per limitare i danni che ne verranno per il paese. Finale di spartito. Bisogna cambiare musica. Al passo di una marcia che sarà lunga e perigliosa.
Ps. Le tre mappe sono tratte dal mio “Il voto, la terra, i detriti”, Editrice socialmente. E’ impressionante vederne la coloratura. Come è stato possibile che tutto questo patrimonio storico-politico territoriale crollasse di schianto ? Tutte le idee sulla lunga durata le ho e al caso ne offrirò qualche pillola. Ma quel che ruga è capire come siano bastati pochi odiosi e schifosi acari per realizzare il destino…..