di Lia Sellitto – 26 giugno 2017
“La sinistra è un fiore di campo” …ma c’è un tempo…
Per Lorenzo: “dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano che ti fa ombra dall’ombra dei fossi ma sono mille papaveri rossi…
Lascia che ti racconti…
Tempo fa, tanto a ripensarci, tuttavia ancora così presente dentro di me, facevo parte di un gruppo di volontariato, parecchio numeroso. Il responsabile era un collega molto capace di coinvolgere e aggregare persone intorno a un’idea. Il progetto era: “La risocializzazione di pazienti psichiatrici”, “gli ultimi degli ultimi”, sostenuto dalla Caritas di una città del Sud.
Avevamo una sede, un piccolo chalet di legno, tra gli alberi, in un luogo discosto dal centro, accanto alla casa degli obiettori, dove vivevano i ragazzi che avevano scelto il servizio civile. Cominciò così una stagione indimenticabile, non semplice, di impegno e forte coinvolgimento, perché i pazienti, quando sono “gravi” ti costringono a fare i conti con parti sconosciute di te stessa e di questo, oggi, sono loro grata.
Avevamo le nostre riunioni settimanali la sera, che non finivano mai prima di mezzanotte. Sì, perché il tempo dell’essere” è un tempo lento, lungo.
Per tre anni ho avuto la responsabilità del gruppo di “animazione”. Gli obiettori, e io stessa con la mia automobile, andavamo a prendere a casa i pazienti. Abbiamo girato la città e i paesi vicini in lungo e in largo, visitando mostre, presentazioni di libri, cantine vinicole, botteghe artigiane, tutto quello che c’era da vedere e visitare che avesse un senso. L’intento era quello di farli sentire parte di una comunità, radicati sul territorio. Al rientro in sede, tutti in cerchio raccontavano la loro esperienza di quella giornata. Potevano in questo modo esprimere pensieri, emozioni, dare spazio alla loro soggettività.
Scoprivo storie e pezzi di vita, la loro capacità di “vedere”, e quando, sostenuti e rispettati, in un contesto protetto, emergevano intelligenze non comuni, vedevo anche i loro occhi accendersi e brillare, sperimentavano legami, scoprivano cosa vuol dire fare parte di una squadra. Erano diventati dei “critici” insospettabili, dopo le mostre di pittura parlavano di arte e di letteratura, io li ascoltavo con interesse, stupita di quanta vita fosse in loro e quanto fosse stata così a lungo soffocata, spenta dai farmaci.
In ogni paziente scoprivo un pezzo della mia vita, perché, non si inizia un cammino nella sofferenza dell’altro senza farsi toccare nelle corde più profonde dell’animo. Nacquero amicizie una in particolare con Lorenzo, che venne a mancare quasi all’improvviso, lasciando molto dolore in noi. Una montagna, si definiva lui stesso, amava la poesia e la pittura. Scrisse per me una poesia, bellissima, che nessuno mai mi aveva dedicato, così intensa. Il tipo di intervento con i pz era quanto di meglio ci fosse in circolazione. La formazione dei volontari era seria e severa.
Lavoravamo su noi stessi, lavoro indispensabile quando la “relazione terapeutica” è la cura. La relazione curante per eccellenza. Ma non mancavano i momenti conviviali di svago, feste e cene tutti insieme, che finivano sempre con grandi cori, “Io, vagabondo” dei Nomadi, il pezzo forte degli obiettori e di alcuni pazienti o “Carmela” di Sergio Bruni oppure “Indifferentemente” interpretata con ironia e condita con grandi risate. C’era, Luca, un responsabile/obiettore, ragazzo di bontà e sensibilità notevoli, mio amico tutt’ora, che ogni tanto mentre eravamo lì a discutere, a incasinarci, ci rimandava questa frase: C’È UN TEMPO…C’È UN TEMPO….
Era diventato un mantra, ma lui non ci rivelò mai cosa avesse voluto dirci, né sapevamo, allora, cosa fosse.
Tuttavia la frase non l’ho dimenticata, perché si ricordano le parole che ci hanno “attraversato”. Mi è ritornata alla mente così, all’improvviso, come si aprono le fumarole nelle vicinanze di un vulcano, o quando la memoria sotto le “intermittenze” del cuore si mette in moto.
C’è un tempo, c’è un tempo, mi ripeto oggi da giorni, e metto insieme “L’Ecclesiaste”, la canzone di Ivano Fossati e la sinistra.
Sì, (1) Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo, ci ricorda Qoèlet.
(2) Un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
(3) Un tempo per demolire e un tempo per costruire.
(5) Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.,
(7) Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare…
Un tempo per UNIRE, aggiungo.
Grazie, Luca, ti ringrazio per quel tuo mantra che mi ha aiutato a capire di cosa c’è bisogno oggi nel “popolo” della sinistra. Pierluigi Bersani lo sa: «La sinistra è un fiore di campo. Prima o poi passa qualcuno e la prende. Bisogna solo stare attenti che quel fiore vada nel mazzo giusto». «Non una sinistra desiderante, ma una sinistra di governo, che si ponga il problema di portare i suoi valori dal Cielo alla Terra».
Perché c’è un Tempo…..
Lia Sellitto