Però, che farabutto, quel Montale
il Montale degli ossi di seppia.
Altro che seppie!
Giorni fa erano giorni d’estate
e mi struggeva la voglia del mare
del mare che rimane tutto l’anno.
Così sono andato al mare
con il desio della luce marina
e ho cominciato a cercare:
cercavo gli ossi di seppia.
Li ho trovati ancora sulla sabbia:
che delizia questi ossicini
che rara delizia!
Adesso, pensavo, me li metto in tasca
e li porto a casa
così domani sarò più ricco
e allora ne presi e ancora presi
per portarmeli a casa,
di quegli inermi ossicini
ma appena sono entrati in casa
in quella casa che è la memoria
sono spariti gli ossi e pure le seppie
e intorno mi ritrovo cannoni
cannoni inquietanti.
E adesso che faccio?
E adesso dove li metto?
Lo so, cosa devo fare:
devo metterli in postazione,
custodendoli con cura
e cominciare a sparare.
Perché con i fuochi della poesia
non c’è ricchezza: c’è da fare la guerra
la guerra al quartier generale.
Fare la guerra a chi muove la sfera
e a chi ci spera: a giudei e filistei.
Fare la guerra a marrani, cortigiani e cabalisti;
al poeta civilizzato
e a chi gli paga la giornata,
e a quelli che gli pagano la giornata,
e a quelli che applaudono al funerale.
E fare la guerra
a chi comincia bene e finisce male:
guerra anche a Montale.