La deriva renziana. Profili e sostanza politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti, 16 marzo 2017

Il Lingotto è valso a dare al PD un (presunto) profilo ‘di sinistra’. Sono stati persino de-rottamati alla bisogna De Giovanni e Vacca, nonché un certo simbolismo fatto di parole e riferimenti culturali (a parte lo scivolone di definire ‘macchiette’ quelli coi pugni chiusi). Ne è nato un ‘nuovo’ PD, insomma. Mi chiedo soltanto: ne è valsa la pena? Ma non era meglio dare al PD un profilo integralmente liberal-democratico? Alla Macron, per capirsi? In modo di andare a pescare nel serbatoio della destra, di una destra moderna, dei diritti, liberista senza vergogna, così come piacerebbe a Repubblica, al Corsera, alla Stampa, alla Confindustria, all’establishment italiano, ai cosmopoliti di ogni segno, ai tecnocrati? Era persino più facile, era più nelle corde di Renzi, sarebbe stata un’operazione più sincera, più vera e alla fine la sincerità avrebbe probabilmente pagato, lanciando il PD nell’arena dei grandi e moderni partiti liberali europei.

In Italia la sinistra è in crisi, vive una subalternità culturale, non si raccapezza, ma non è composta da tonti. Qualche libro lo abbiamo letto in passato, proprio stupidi non siamo. La ‘macchietta’ del PD ‘profilato’ e riposizionato a sinistra (ammettendo così che prima era posizionato al centro) non la beviamo. Nemmeno se ce la raccontano quelli come De Giovanni, che hanno scritto bei libri ma che, quando fanno politica, esprimono in questa fase una certa contraddizione con la profondità della loro antecedente riflessione politica. Stavolta, quindi, Renzi, i suoi strateghi, i comunicatori che affollano il suo ufficio, forse hanno preso una toppa. Disturbati dalla fuoriuscita della ex minoranza PD, impauriti dagli effetti della ‘scissione’ (che loro minimizzano, ma non ci dormono la notte), hanno ritenuto che si dovesse recuperare a sinistra, piuttosto che lavorare su un’identità liberal-democratica più nelle corde del partito renziano. Emma Bonino questo ha detto al Lingotto, per chi volesse capire.

Grazie all’entrata in scena del giovanotto di Rignano, adesso abbiamo un partito profilato a sinistra, ma liberale e centrista nell’animo. Un elettorato misto, dove c’è chi ha creduto alla favola dei ‘compagni’ e chi invece odia Bersani nel profondo del cuore. Abbiamo degli iscritti che ancora ritengono il PD nel solco della tradizione post-comunista o cattolico democratica, e altri che su queste tradizioni catto-comuniste sparerebbero a pallettoni. Una dirigenza fatta di rottamati, de-rottamati, post-rottamati, saltatori sul carro, meri opportunisti, nonché di clan regionalistici il cui patto reciproco è sempre più a rischio, che dà un’impressione di scarsa solidità culturale e latente guerra civile interna. E tutto questo anche perché sono sempre stati costretti a rincorrere tutti gli altri soggetti in campo: i berlusconiani nello stile e nella proposta politica, i grillini nell’afflato populista e anti Bruxelles, e ora la sinistra ex interna per il mantenimento di quella loro base di voti. Una subalternità tipica di chi non ha sostanza politico-culturale ma solo ‘profili’ mobili e opera al massimo ‘ri-posizionamenti’ di marketing. Il cinismo politico, la frenesia di potere hanno questo difetto, di non avere un’identità, di non esprimere un essere, ma solo un avere, solo una brana, solo fame. Quella di vincere e poi comandare.

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