Il populismo del PD

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

 di Alfredo Morganti – 9 marzo 2017

“Il veleno del populismo è entrato nel PD” ha detto Orlando. Da quando, sarebbe da chiedere? E perché se ne accorge solo ora? E che significa? Se per ‘populismo’ non si intende semplicemente una politica un po’ sguaiata, fatta di crude rivendicazioni, di ruvida protesta, di muri e di ‘pancia’, ma l’idea che vi siano unicamente un Capo e un Popolo, e che il Capo debba rivolgersi al Popolo senza mediazioni, allora l’affermazione di Orlando diventa interessante. Profetica. Persino veritiera. Perché questa idea che i corpi intermedi siano un macigno sulla strada che, diritta dritta, porta da Palazzo Chigi agli utenti mediali, dalla Presidenza del Consiglio agli elettori, quest’idea non è affatto estranea al PD, anzi.

Tutto l’impianto della riforma costituzionale cancellata dal referendum, e poi la legge elettorale bocciata dalla Consulta, e quindi il tentativo non riuscitissimo di costruire il consenso sulle ceneri dei partiti, nonché questa idea inefficace di puntare sui bonus e sugli sgravi, come elargizioni dirette che il Capo fa ai suoi cittadini, quasi fossero dei ‘doni’, è stata la nervatura centrale della segreteria e del premierato Renzi. Né più né meno. Renzi nasce contro i partiti, per primo il suo. Renzi nasce con l’idea che il Parlamento sia un covo di vitalizi. Renzi è convinto, e ha tentato di convincere i cittadini, che la legge elettorale dovesse ridurre a zero le mediazioni parlamentari e le alleanze, nonché zittire la voce dei partiti in aula, tramutando il confronto politico in una specie di gara sportiva, dove c’è una finalissima secca e uno solo ‘vince’, magari ai rigori o alla monetina, e dopo aver giocato pure un pessima partita. Ma che problema c’è?

Questa azione di continuo prosciugamento della mediazione, questa sua opera di ostinata demolizione dinanzi all’opinione pubblica, questi ragionamenti che inducono a credere che tutto si riduca al percorso semplificato: voto – vincitore immediato – governo – governare, è la forma di populismo più spietata, estrema, perché si presenta ‘democraticamente’ ma trasforma il popolo nel semplice terminale della propria azione di convincimento comunicativo, mentre rende il Parlamento una continua alzata di mano dinanzi alle richieste di fiducia e alle mazzate dell’esecutivo. Non si tratta nemmeno di fondare una “democrazia che decide”, à la Veltroni del Lingotto 2007, ma di far volteggiare sul Paese una carta velina fatta di gesti e chiacchiere comunicative che dovrebbero surrogare la partecipazione e la rilevanza dei corpi intermedi, e dunque del pluralismo inteso nella sua accezione ampia. Ossia partecipativa.

E, a proposito di Lingotto, non vorrei mettere adesso tutta la croce sulle spalle di Renzi. Perché c’è già nel PD, c’è nel veltronismo, c’è nel nocciolo duro del suo atto fondativo, ciò che Renzi ha poi esploso in modo irrimediabile. Nannicini oggi su ‘Repubblica’, sostiene perspicuamente che, a suo parere, il PD dovrebbe recuperare la sua vera natura di “partito a vocazione maggioritaria che non si rassegna alle regole della democrazia consociativa”. Capite? Se ci fosse un sistema dei partiti, se il Parlamento esprimesse la sua concreta natura rappresentativa, se il sistema-Paese fosse ampio e pluralistico nei corpi intermedi e nelle élite e non lasciasse il popolo nella sua solitudine populista, del tutto indifeso rispetto a certe raffinate strategie comunicative, tutto ciò, per Nannicini, non sarebbe altro che “democrazia consociativa” a cui opporre quella “che decide” magnificata al Lingotto 2007 e oggi dai suoi epigoni. Il populismo, questo populismo, questo disseccamento della democrazia parlamentare, rappresentativa, costituzionale, nel PD c’è sempre stato. Era il punto 1. Questa idea di fare la vocazione maggioritaria, di realizzare una democrazia decidente e, in sostanza di ROMPERE L’UNITA’ COSTITUZIONALE, era nel DNA del loft veltroniano. Solo i ciechi non lo riescono a vedere. La parentesi di Bersani, purtroppo, è stata solo una parentesi.

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