di Alfredo Morganti, da facebook
Più di qualcuno ha tentato un’identificazione tra il PD attuale e la vecchia DC. Una cosa che poteva valere, forse, per la collocazione decisa del partito di Renzi al centro dello schieramento politico, ma che mi pare del tutto fuori luogo per il resto. Semmai, il modello Renzi è molto più vicino al modello Midas: un svolta generazionale ‘contro’ la classe dirigente di allora (i demartiniani) fatta con i metodi spicci e con l’insediamento al vertice di una leadership forte e solitaria, affiancata da una certa sinistra interna. I richiami alla modernità di allora, fanno il paio con il nuovismo dell’attuale dirigenza democratica. La differenza, la vera differenza, è che Craxi quella volta si trovò a fare il panino tra PCI e DC, sgomitando per poter emergere (l’autonomismo socialista), ma ebbe un vantaggio dalla rendita di posizione che lucrava quale ‘intermedio’ del sistema politico. Oggi Renzi è già al centro, e non deve scalare montagne per emergere e acquisire visibilità: non deve fare i conti con quelli più grandi di lui, semmai con gli altri due tenori (Berlusconi e Grillo) che sgomitano, loro sì, per conquistare scena.
Berlusconi è molto in affanno, lo vedo quasi ai margini del palco, insidiato da mezze figure. Grillo invece sta svicolando dalla sua crisi chiedendo una trattativa sulla legge elettorale e presentando addirittura una sua proposta di riforma. Una specie di ribaltamento dopo il ‘metodo Bersani’ dell’anno scorso. Ora, l’avvicinamento di ‘Grillo’ a ‘trattativa’ sembra un ossimoro, sembra un’incongruenza, uno burla, ma non è così. Perché c’è trattativa e trattativa. C’è quella alla luce del sole (immaginate la foto di Moro e Berlinguer che si salutano cordialmente e poi discutono di compromesso storico e destino del Paese) e quella dove ci si vede per ragioni meramente tattiche o di affari, solo per trovare un punto di interesse e stringere un patto (quasi sempre segreto). Io ritengo che l’attuale sistema politico non possa esprimere che questa seconda modalità. I suoi protagonisti sono tipologicamente inadatti a sviluppare pensieri lunghi e a trovare punti di mediazione sulle grandi scelte. Appaiono, invece, più idonei a sedersi e scrutarsi a un tavolo da poker, dove la tattica appare predominante e il punto è solo battere l’avversario con qualche mossa arguta per incassare il banco.
La trattativa richiesta da Grillo, dunque, non è un ossimoro se la si pensa nella modalità ‘tattica’ che dicevamo. Con l’obiettivo di conquistare la scena, mettere da parte Berlusconi, puntare lo spazio della destra. Magari rompendo a Renzi le uova nel paniere, ossia l’asse del Nazareno con Berlusconi. Una trattativa per sfasciare un’altra trattativa. Un po’ di sabbia negli ingranaggi renziani, che non sembra sabbia ma olio lubrificante, ma che funziona come sabbia appunto. L’ennesima mossa da pokerista, insomma. Renzi sembra un po’ sorpreso, ma non è così: lui è capacissimo a fare sponda, come ha già fatto con Grillo in campagna elettorale, dipingendolo come un mostro di Lochness pur di raggranellare moltissimo voto utile da parte dei molti dubbiosi. Così come Grillo fu molto utile per far saltare il generoso tentativo di Pierluigi Bersani nella fase post elettorale. Mi viene da ridere se penso a quello che ha detto Di Maio in tv: Renzi è legittimato, in Parlamento è rappresentato, è giusto trattare. No: quel Parlamento è lo stesso che è nato con le elezioni dove si candidò Bersani. Lo stesso. O era legittimato anche prima o non può esserlo ora. Non è cambiato nulla, caro Di Maio. È cambiata solo la fase: ora che appare fuori gioco la vecchia guardia del vecchio PD, sembrano tutti più rilassati e convinti di potersi giocare il proprio destino in qualche trattativa. In una trattativa, appunto, avente le modalità tattiche che dicevano, senza responsabilità strategiche, né oneri verso il Paese. Una trattativa nella quale si punta a stringere patti o solo a vedere le carte dell’avversario. Oppure a bluffare.