Bersaglieri a Palermo: il primo dovere era chiedere scusa

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Ignazio Coppola
Fonte: politicaPrima.it
Url fonte: http://www.politicaprima.com/2016/05/raduno-bersaglieri-palermo-e-le-scuse.html?spref=fb

Teatro Massimo e fanfara

di Ignazio Coppola -1 giugno 2016

Dal 23 al 29 maggio a Palermo si è svolto il 64° Raduno Nazionale dei Bersaglieri.

ponente-orlandoEsibizioni di fanfare, annulli postali, inaugurazioni di monumenti commemorativi, mostre e corse a passo di carica che hanno coinvolto cittadini, istituzioni civili e militari, sindaco in testa, e assordato la città. Si tratta, però, degli eredi di quegli stessi bersaglieri che nel 1866, esattamente 150 anni fa, in occasione della rivolta palermitana del “Sette e Mezzo” (puntualmente ignorata dalla storiografia ufficiale) misero in stato d’assedio Palermo.

Raffaele_Cadorna_1815_1897Agli ordini del generale Raffaele Cadorna, nel nome di Vittorio Emanuele II di Savoia, il re galantuomo, con le baionette innestate massacrarono centinaia e centinaia di rivoltosi. Del resto i nostri “eroi” bersaglieri non si comportarono meglio quando, ancor prima dei fatti di Palermo, nell’aprile del 1849 agli ordini del generale Alfonso La Marmora, fondatore qualche anno prima del corpo, furono mandati a reprimere la rivolta di Genova che voleva rendersi indipendente dal Regno di Sardegna.

Vittorio Emanuele2In quell’occasione il Corpo speciale dei bersaglieri fece di tutto e di più. In quei drammatici giorni, la soldataglia sabauda, si abbandonò alle più meschine azioni contro la popolazione civile, violentando donne ed uccidendo padri di famiglia e fratelli che si opponevano allo scempio, sparando alle finestre alla gente che vi si affacciava e correndo per le strade al grido: Denari, denari o la vita, a cui fecero seguito irruzioni e predazioni. Neppure i luoghi sacri vennero risparmiati e le argenterie razziate; i prigionieri, anche quelli che si erano arresi, vennero uccisi o stipati in celle anguste e costretti addirittura a dissetarsi della propria urina.

moti-di-genovaCosì scriveva l’allora re di Sardegna Vittorio Emanuele, per ringraziarlo, al comandante dei bersaglieri La Marmora: “Mio caro generale vi ho affidato l’affare di Genova perché siete un coraggioso. Non potevate fare di meglio”.

I genovesi non dimenticarono e per lungo tempo fu consuetudine che le famiglie genovesi non inviassero i figli a prestare servizio militare nei bersaglieri. Solo qualche anno fa è stato consentito al corpo dei bersaglieri di potere mettere piede in città.

Ma quello che superò tutti in barbarie ed atrocità il 4 agosto del 1861 fu il generale Enrico Cialdini (a cui a Palermo è stata addirittura dedicata una via!). Per compiere una rappresaglia a danno di due comuni della provincia di Benevento Pontelandolfo e Casalduni, inviò il solito corpo speciale di Bersaglieri agli ordini del Maggiore Negri.

I bersaglieri dopo avere ucciso e massacrato tutti gli abitanti uomini, vecchi donne e bambini non lasciarono nessuna abitazione in piedi bruciando pure le case dopo averle saccheggiate. In alcuni casi attesero che i civili uscissero delle loro abitazioni in fiamme per poter sparare loro non appena fossero stati allo scoperto. I nazisti nell’estate del 1944 a Marzabotto e Sant’Anna di Stazzena compirono un crimine contro l’umanità. Ebbene i bersaglieri di Cialdini a Pontelandolfo e Casalduni fecero anche di peggio di quello che fecero i nazisti 83 anni dopo.

“Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora”. Così scriveva il maggiore Negri per rendicontare a Enrico Cialdini la conclusione dell’eccidio. E saranno poi i bersaglieri di Emilio Pallavicini a ferire sull’Aspromonte il “disubbidiente” Giuseppe Garibaldi nell’agosto del 1862 e a rendersi protagonisti, a loro volta, dell’eccidio di Fantina (un paesino della provincia di Messina) in cui furono trucidati senza pietà alcuni volontari in fuga dall’Aspromonte che avevano avuto la sventura di seguire il nizzardo.

bersaglieri-palermo-4E non va dimenticata, in questo lungo corollario di orrori, la repressione della rivolta che va sotto il nome della “rivolta dei Cutrara” a Castellammare del Golfo il 1 gennaio del 1862. I bersaglieri del generale Quintino oltre a trucidare vecchi e donne misero al muro e fucilarono una bambina di solo nove anni Angelina Romano. L’elenco delle stragi dimenticate in cui furono tristemente protagonisti i fanti piumati è molto lungo e potrebbe continuare, ma per una maggiore e più puntuale informazione vi rimando alla lettura del libro di recentissima pubblicazione di Pino Aprile che nel descrivere e documentare gli eccidi compiuti nel Sud del paese agli albori dell’Unità d’Italia ad opera dei bersaglieri, non poteva scegliere titolo migliore: “Carnefici – Ecco le prove”.

Sindaco Barsaglieri MassimoEcco perché alla luce di questi crimini perpetrati agli albori dell’Unità d’Italia e nel nome del re Galantuomo, ai bersaglieri di oggi che ritualmente celebrano i loro i raduni, come quello di Palermo, mi sento di dare il mio sommesso consiglio ossia quello di ritrovare la memoria dei misfatti commessi nel Sud e in Sicilia dai loro antesignani. E sarebbe a questo punto opportuno che, tra celebrazioni, sfilate e commemorazioni trovassero pure il tempo di chiedere scusa per i danni provocati in passato dal “glorioso” corpo dei bersaglieri. Palermo, teatro nel settembre del 1866 della repressione sanguinosa della rivolta del “sette e mezzo”, aspetta ancora queste scuse.

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