Lo Stato paga la baby sitter ma le italiane non lo sanno

per Lina Lombardo

da 27esimaora.corriere.it  di  Rita Querzè   13 giugno 2014

Roba da non crederci. La possibilità di avere 300 euro al mese da spendere per la baby sitter o per l’asilo quando si torna al lavoro dopo la maternità. E le italiane che non ne approfittano. Stupisce davvero quanto successo lo scorso anno con i voucher baby sitter introdotti dalla legge Fornero. Eppure una spiegazione c’è. La solita, purtroppo: burocrazia, poche informazioni, confusione. Il peggio è che questi soldi rischiano di non essere spesi nemmeno quest’anno e l’anno prossimo.

Ma andiamo con ordine. La legge Fornero (numero 92 del 2013), oltre a modificare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, aveva introdotto un incentivo dedicato alle donne che volevano tornare presto al lavoro dopo la maternità. Avete presente il congedo parentale, cioè i sei mesi pagati al 30% dopo i cinque mesi di assenza obbligatoria per la maternità? Le neomamme che invece di restare a casa con l’assegno dell’Inps tornavano al lavoro, l’anno scorso potevano chiedere dei buoni lavoro per pagare l’asilo o la baby sitter. Valore: 300 euro al mese per sei mesi, in tutto 1.800 euro. La misura era stata finanziata con 20 milioni di euro per il 2013, soldi sufficienti per pagare i voucher a 11 mila donne. Poche, si dirà, rispetto alla platea potenziale. Mica tanto: alla fine sono arrivate meno di 4.000 domande. 3.762 per la precisione. Di conseguenza è stato speso soltanto il 37% dei fondi.

Possibile? Beh, se si vanno a vedere le modalità che consentivano l’accesso ai fondi allora vien da dire che è quasi un miracolo che abbiano risposto in 3.762. La questione è stata sollevata nelle scorse settimane dall’onorevole Pd Vittoria D’Incecco. “Il problema è che l’iter per riuscire a ottenere i fondi era troppo complicato e poco pubblicizzato. Ci sono altri 20 milioni stanziati per quest’anno e altrettanti per il 2015. Non possiamo permetterci un altro flop”, osserva d’Incecco.

Difficile darle torto. Vediamo allora questi problemi. Primo: gli asili accreditati presso l’Inps dove è possibile spendere i voucher sono una minima parte. Poi la richiesta del contributo andava fatta via Internet. Il tutto attraverso il sito dell’Inps e in un giorno ben preciso: il 28 luglio 2013. Insomma, peggio di una caccia al tesoro. E poi Internet non è una modalità di accesso facile per tutti. Quest’anno ci sarà un nuovo click day? “Dovrebbe. Ma al momento non si sa quale sia il giorno da segnare sul calendario. La mia proposta è che prima di incorrere in un altro flop si cambi sistema. Magari passando dal buono lavoro, che richiede un complesso meccanismo di tracciabilità per evitare che vada speso in modo improprio, a un voucher da usare per qualsiasi tipo di lavoro di cura familiare”.

Una cosa è certa. Le risorse pubbliche per la conciliazione sono ridotte al lumicino. Non ci si può permettere di sprecare i pochi fondi a disposizione con misure inefficaci.

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