Ai compagni di Sel sul tema delle alleanze con il Pd

per Gabriella
Autore originale del testo: Lucia del Grosso
Fonte: Lucia Del Grosso
Url fonte: http://www.luciadelgrosso.it/?p=1730

di Lucia Del Grosso – 6 gennaio 2016

Capisco tutto, per carità. Non è indolore rinnegare le alleanze nelle Regioni e nei Comuni tra SEL e il PD. E non voglio nemmeno buttarla sul “Schiodarsi dalle poltrone no, eh?”. Perché è una semplificazione che se pure può spiegare qualche posizione ha una vena moralistica che non aiuta mai in politica, né a spiegare i fenomeni, né a trasformare i processi.

C’è di più dietro questa resistenza di una parte di SEL ad affrontare le urne in collocazione alternativa al PD. C’è il giudizio sul lavoro svolto in molte amministrazioni e siccome è il lavoro suo si sente un po’ schizofrenico a rinnegarlo. C’è il punto di vista “istituzionalista” di chi le cose ha provato a cambiarle stando al governo e non all’opposizione. C’è l’orrore di tutti i riformismi: il ghetto della sinistra di pura testimonianza.

Capisco tutto, per carità, ma l’analisi che ho fatto io della fase che stiamo vivendo mi porta a strafregarmene bellamente delle virgole che ha spostato il compagno Rossi, Bianchi o Verdi nell’amministrazione del Sud o del Nord che ha avuto l’onore di governare e non capisco Cecilia D’Elia come possa retoricamente chiedere dalle pagine de L’Unità per sostenere la necessità delle alleanze con il PD (retoricamente secondo il suo punto di vista, per me non c’è niente di retorico in questa domanda):

“Può permettersi la sinistra di abbandonare la lotta politica sul futuro del Paese proprio sul terreno in cui può produrre risultati visibili e intellegibili? Chiudere l’anomalia di tanti governi locali, aiuta o allontana un’alternativa?”.

Risultati visibili e intellegibili? Dove? Nei Comuni e nelle Regioni prosciugati dall’austerità e sui quali le leggi di stabilità scaricano tutte le rogne? Nei Comuni che non hanno un euro da spendere per l’integrazione sociale, per il disagio, per le scuole, per le strade, per i luoghi di aggregazione giovanile e culturale? Nelle Regioni ridotte ad attuare l’agenda del governo per di più senza risorse?

Nelle amministrazioni dove il PD quando gli gira vi scarica, per poi dare la colpa a Marino, a sua volta scaricato?

Ma veramente pensa Cecilia D’Elia che in una fase storica in cui i territori sono così slabbrati da sovvertire i concetti di “dentro” e “fuori” e i vincoli così pesanti da derubricare il governo a mera gestione sono gli enti locali il terreno dove la lotta politica può produrre i risultati più “visibili ed intellegibili”? Con il cannocchiale?

Crede che i Comuni siano magiche Macondo dove la vita si avvita su se stessa e basti un po’ di retorica sulla partecipazione della buona società civile per fare il Paese delle Meraviglie senza i barboni che dormono alla stazione? Immagina i Comuni come monadi che resistano al degrado nazionale perché li protegge una barriera invisibile?

Cara Cecilia e cari compagni di SEL, capisco tutto, per carità, ma la posta è troppo alta per barattarla con qualche sberluccichio di sociale.

Vi consegnerete, in caso di successo della coalizione con il PD, ad una sostanziale impotenza ad aggredire il malessere dei territori di cui è causa l’azione di governo del Partito della Nazione, che a livello nazionale avversate.

E come sperate di fermare il suo disegno normalizzatore se lo sosterrete alle prossime elezioni e gli consentirete di intestarsi la vittoria? Come farete a presentarvi come alternativi nelle elezioni successive? Sperando che nessuno vi ricordi che avete contribuito voi stessi a far aumentare i suoi consensi?

Spero vi rendiate conto che un cedimento in questa fase equivale alla morte in culla del progetto di ricostruire una forza di sinistra in Italia.

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