Qui

per Gabriella
Autore originale del testo: Marco Apostoli Cappello
Fonte: fumettologica.it
Url fonte: http://www.fumettologica.it/2015/04/qui-richard-mcguire-recensione/

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QUI – di RICHARD MC GUIRE – ed. RIZZOLI LIZARD

Qui di Richard McGuire: questa stanza non ha più pareti

È possibile cambiare per sempre la storia del fumetto con sole 36 vignette? Sono poche, appena sei pagine, eppure è quanto è bastato nel 1989 a Richard McGuire per entrare direttamente con un singolo balzo nell’Olimpo dell’arte illustrata grazie a Here (Qui, nella traduzione italiana di Rizzoli Lizard).

Ma andiamo per ordine: è il 1989 e sul n.1 della seconda serie di Raw, la storica rivista statunitense dedicata al fumetto curata da Art Spiegelman e Françoise Mouly, appare una breve storia in bianco e nero intitolata semplicemente Here. In sole 36 vignette, visibili integralmente qui, McGuire scardina completamente la tradizionale narrazione lineare imponendo su uno sfondo spaziale fisso, una semplice stanza, diverse finestre temporali parallele e collegate tra loro.

Here - Richard McGuire 1989

In Here – che ha ispirato anche un cortometraggio sperimentale visibile qui – la storia è ambientata in una sola stanza, un unico ambiente che attraversa avanti e indietro il tempo, dando così la possibilità al lettore di avere una vista multidimensionale dello scorrere del tempo vignetta dopo vignetta. Provate a immaginare una pagina di Here come la scrivania del vostro computer, con molte finestre sovrapposte e diversi pop-up sparsi qua e là per lo schermo (non siete i soli: anche McGuire ebbe l’ispirazione originaria di Here guardando l’interfaccia grafica dell’allora neonato sistema operativo Windows. Se conoscete Adobe Photoshop questa modalità di interazione visiva – con più livelli grafici sovrapposti che formano strati diversi e autonomi – dovrebbe suonarvi decisamente familiare).

Siete confusi? Lo era anche quel genio di Chris Ware – l’autore di capolavori come Jimmy Corrigan e Building Stories, a loro volta profondamente influenzati dall’opera di McGuire – che quando lesse per la prima volta Here rimase di stucco e in seguito dichiarò:

«Here è uno dei fumetti più belli che siano mai stati fatti. La prima volta che l’ho visto è stato come se all’improvviso avessero disseppellito un edificio che era in gran parte sepolto. Mi sono detto: “Allora si può fare molto più di quello che pensavo.” Non riesco a trovare nessun altro singolo fumetto che abbia cambiato il mio pensiero in modo più radicale. E so che molti altri fumettisti, grazie a Here, hanno iniziato a pensare a quello che potevano fare. Ogni tanto arriva un artista che prende il potenziale accumulato dalla propria disciplina e lo riformula in un modo del tutto nuovo di vedere o sentire: credo che Richard McGuire abbia fatto questo per il fumetto. Penso che Here abbia rivoluzionato le possibilità narrative del fumetto. McGuire è un genio e quello che ha dato a ogni lettore con Here è stato un modo personale e singolare di guardare la vita. Here è un’opera letteraria e artistica diversa da qualunque altra cosa abbiate mai visto o letto. Un libro così esce una volta ogni decade, forse ogni secolo.»

Da allora Richard McGuire – artista e creativo poliedrico – ha fatto molte altre cose tra cui suonare il basso per il gruppo postpunk Liquid Liquid, dirigere il film d’animazione Peur(s) du noir con colleghi del calibro di Lorenzo Mattotti, Charles Burns e Blutch, disegnare copertine per il New Yorker (come questa, dedicata proprio a Here), e illustrare diversi libri per ragazzi di successo. Nonostante queste numerose imprese creative, McGuire non ha mai dimenticato la stanza di Here e dopo 25 anni ha deciso di espandere la breve storia originale in bianco e nero del 1989 trasformandola in un nuovo libro a colori di 300 pagine uscito a dicembre 2014 per Pantheon Books e appena pubblicato anche in Italia sotto il logo Rizzoli Lizard e il titolo Qui.

Leggi un’anteprima di Qui

Fortunatamente per noi lettori la nuova versione di Here studiata da McGuire (qui potete vedere alcune fasi di lavorazione del libro) non è la semplice espansione a colori di un’idea già di per sé rivoluzionaria, ma una completa rivisitazione, un ampliamento del concetto originario che sta alla vecchia versione in bianco e nero del 1989 come una sinfonia di Beethoven – strutturata ritmicamente con crescendo, climax, diminuendo e pause – sta al breve tema musicale iniziale.

Leggi un’analisi della prima versione a colori di Qui pubblicata nel 2000

Here - Richard McGuire

Here è una storia possibile solo a fumetti e dimostra in maniera esemplare l’immensa potenza narrativa del medium. Aprite il libro e nella prima pagina troverete un’inquadratura a prospettiva fissa su una stanza immersa nella luce rosa soffusa che entra da sinistra. Una stanza normale con un camino e un quadro appeso al muro sul lato destro, un divano e delle sedie sul lato sinistro. In mezzo una lampada, una culla e alcuni giochi da bambino. Il vostro sguardo vaga per la pagina, notando a malapena la finezza cartografica della piega del libro che coincide con l’asse prospettico della stanza, finchè non incontra in alto a sinistra una piccola didascalia che riporta una data: 1957. Ci siete, avete trovato l’elemento narrativo chiave del libro, il Virgilio che vi accompagnerà nel lungo viaggio. Ora siete pronti a girare la pagina e a saltare nel tempo rimanendo nello stesso spazio: benvenuti nel 1942.

Non vi siete mai mossi, siete sempre stati qui e lo sarete sempre. Siete a casa.

«Longest way round is the shortest way home.» James Joyce, Ulysses

Here - Richard McGuire

La stanza in cui state viaggiando è il salotto dell’infanzia di Richard McGuire, nato proprio nel 1957 a Perth Amboy nel New Jersey, e quello a cui state per assistere è un meraviglioso intreccio tra la microstoria personale di McGuire, fatta di immagini e ricordi (qui potete vedere molti dei materiali d’archivio e degli spunti visivi usati da McGuire per riallestire Here), e la grande storia, l’affresco che comprende ogni evento dalla nascita dell’universo fino al lontano futuro. L’idea geniale di McGuire – che stilisticamente alterna disegni a mano colorati con Photoshop e chiaramenti influenzati dalla pittura di Edward Hopper, acquerelli per le splash page e grafica vettoriale per l’arredo della stanza – trasporta il lettore avanti e indietro attraverso la quarta dimensione, il tempo, lasciando inalterate le altre tre dimensioni, quelle ordinarie dello spazio.

«Per entrare in noi un essere è obbligato a prendere la forma, a piegarsi alla cornice del tempo. Apparendoci soltanto per momenti successivi non ha mai potuto darci di sé che un solo aspetto per volta, non ha mai potuto fornirci di sé che una sola fotografia.»

Marcel Proust, La fuggitiva – Alla ricerca del tempo perduto

Here - Richard McGuire

Attraverso lo scorrere degli eventi e la sovrapposizione di strati temporali diversi possiamo scoprire contemporaneamente il passato e il futuro della stanza di McGuire: scorrono rapidamente davanti ai nostri occhi i mammut dell’era glaciale di circa 50 mila anni fa, una coppia di nativi americani in un bosco nel 1609, una festa in costume del 1990, un gatto nero che passeggia placido per la stanza nel 1999, una visita di Benjamin Franklin al figlio nel 1775, un’escursione turistica guidata del 2213 su un pianeta irriconoscibile a causa del cambiamento climatico e moltissimi altri eventi e personaggi. Nell’ultima pagina del libro si torna finalmente al 1957, l’anno di partenza, in un processo narrativo perfettamente circolare.

«La più grande distanza tra due punti non è lo spazio, è il tempo.»

Tennessee Williams, Lo zoo di vetro

Here - Richard McGuire

Persone che ballano, coppie che si salutano, donne che puliscono stanze e uomini che costruiscono case: sono solo alcuni dei personaggi di questa fantastico viaggio psicogeografico attraverso il tempo, il vero protagonista principale di Here. Ognuno di loro rappresenta uno strato cronologico della cartografia temporale disegnata da McGuire, una mappa multidimensionale del tempo piena di consonanze e corrispondenze segrete tra diversi universi temporali: scorrendo il libro con  attenzione vi accorgerete che spesso ciò che accade nel passato “parla” e interagisce con ciò che accade nel futuro (e viceversa) e che alcune frasi e gesti trovano il loro corrispettivo in un differente pannello temporale adiacente.

Mettendo in collisione tra loro diversi piani temporali – ognuno caratterizzato dal proprio stile grafico e dalla propria palette cromatica – l’esperimento narrativo di McGuire mette in crisi la narrazione diacronica classica e la frammenta in mille pezzi facendola diventare totalmente combinatoria come le carte tradizionali dei Tarocchi, che giustapposte tra loro creano di volta in volta nuovi significati.

«Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni. È e basta. Lo prenda momento per momento e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti nell’ambra. Passato, presente e futuro sono sempre esistiti e sempre esisteranno. I tralfamadoriani possono guardare ai diversi momenti come noi guardiamo un tratto delle Montagne Rocciose. Possono vedere come siano permanenti i vari momenti e guardare ogni momento che loro interessi. È solo una nostra illusione di terrestri quella di credere che a un momento ne segue un altro, come nodi su una corda, e che una volta che un istante è trascorso è trascorso per sempre.»

Kurt Vonnegut, Mattatoio n.5

Here - Richard McGuire

Il mondo del fumetto non è nuovo a questo tipo di esplorazioni temporali: basti pensare al celebre quarto capitolo di Watchmen di Alan Moore, “L’orologiaio“, dove assistiamo alla percezione olistica del tempo del Dottor Manhattan, oppure alla Breve Storia d’America di Robert Crumb che dieci anni prima di Here, nel 1979, disegna magistralmente l’impatto dello scorrere del tempo su un piccolo angolo di suolo statunitense.

Tuttavia nessuno come McGuire che probabilmente conosce e apprezza la famosa frase del regista Jean-Luc Godard «Un film deve avere un inizio, un centro e una fine, ma non necessariamente in quest’ordine»  è stato in grado finora di piegare per i propri scopi artistici la classica freccia del tempo, quella che secondo la fisica classica ci trasporta dal passato verso il futuro, e di farci percepire con occhi nuovi il fluire del tempo creando l’illusione di una sinfonia temporale tridimensionale su un supporto cartaceo bidimensionale.

«Avete mai sentito parlare della Teoria-M, detective? In questo universo noi elaboriamo il tempo come fosse una linea che avanza ma al di fuori del nostro spazio-tempo, da quella che sarebbe una prospettiva a quattro dimensioni, il tempo non esisterebbe e da quella posizione, potessimo raggiungerla, vedremmo il nostro spaziotempo come appiattito, come una singola scultura la cui materia sia in una superposizione di tutti i luoghi che abbia mai occupato, la nostra coscienza che ripercorre ciclicamente le nostre vite come carri su una pista. Capite? Ogni cosa al di fuori della nostra dimensione è l’eternità, è l’eternità che guarda in basso verso di noi. Per noi è una sfera, ma per loro è un cerchio.»

Rust Cohle, True Detective

Here - Richard McGuire

Here, con il suo palcoscenico a prospettiva fissa sul grande teatro della vita, non solo è l’equivalente visivo di saltare attraverso le pieghe infinite del tempo rimanendo contemporaneamente fermi nello stesso identico punto ma rispecchia anche molto fedelmente il nostro modo di pensare quotidiano, mai fermo sull’attimo presente ma sempre diviso tra i ricordi del passato e le speranze per il futuro.

– Hai notato quante persone dicano continuamente “Cattura l’attimo?” Io tendo a pensare il contrario: è l’attimo che ci cattura.

–  Sì, è una condizione incessante. Il tempo… è come continuamente fuori, capisci?

Richard Linklater, Boyhood

Here - Richard McGuire

L’opera di McGuire, raffigurando gli esseri umani come elementi irrilevanti nel grande schema naturale che conduce inesorabilmente all’entropia finale, è soprattutto e più di ogni altra cosa un’elegia malinconica e tremendamente efficace sull’impermanenza di ogni cosa ed essere vivente su questo pianeta.

«Tempo presente e tempo passato sono forse entrambi presenti nel tempo futuro e il tempo futuro è contenuto nel tempo passato. Se tutto il tempo è eternamente presente tutto il tempo è irredimibile.»

T.S. Eliot, Burnt Norton – I quattro quartetti

Here - Richard McGuire

Il remix digitale di Here: la struttura narrativa del libro ora è nelle nostre mani

Se c’è un’opera editoriale che più di ogni altra si presta all’esperimento dell’e-reading è proprio Here. Dev’essere quello che ha pensato anche Richard McGuire che, con l’aiuto dello sviluppatore web Stephen Betts, ne ha creato una versione eBook (qui potete vedere un breve video di presentazione) che sfrutta al massimo l’esperienza multi-screen originale della storia trasportandola sui nuovi strumenti digitali e rendendola completamente interattiva: nella versione eBook (per ora disponibile solo per iPad) con un semplice tocco delle dita è possibile spostare i diversi riquadri temporali (molti dei quali contengono delle animazioni GIF che rispondono attivamente al tocco dell’utente) e rimescolare l’ordine cronologico delle pagine, creando così in assoluta modalità casuale nuove combinazioni visuali dotate di significato narrativo.

Grazie allo strumento digitale, dopo 25 anni dalla sua creazione Here ha trovato finalmente la sua piena realizzazione concettuale mettendo in crisi l’idea editoriale di “storia originale” – una storia definita una volta per tutte dall’autore e pubblicata poi in modo permanente su carta – e consegnando le chiavi narrative dell’opera ai lettori, che potranno così di volta in volta godere di un’esperienza visiva infinitamente personalizzabile.

Qui, ora e sempre. La simultaneità del fumetto secondo Richard McGuire [Intervista]

Dopo aver recensito qualche tempo fa il suo libro, ho colto l’occasione della breve visita di McGuire all’edizione 2015 del Salone del Libro di Torino per discutere con lui dei temi affrontati da Qui e della genesi dell’opera. Tra le altre cose abbiamo parlato del funzionamento caotico della memoria umana, della forte componente autobiografica presente nel libro, dell’importanza della musica per la struttura e il ritmo dell’opera e del fatto che Qui è sia un audace esperimento narrativo postmoderno sia un libro che affonda le sue radici filosofiche nella bizzarra visione del tempo offerta dalla meccanica quantistica.

Da fumettofili non possiamo che partire da una constatazione: le pagine di Qui sono molto diverse dallo standard compositivo tradizionale dei fumetti. Somigliano invece a un “multistrato” composto da più livelli grafici sovrapposti che ci fa pensare ad autori come Fred, Marc-Antoine Mathieu o Gianni De Luca. In che modo era tua intenzione sottolineare il ruolo del layout?

Be’, l’intera storia di Qui è costruita con questa struttura che non è certo convenzionale per un fumetto. Ma è proprio questa la caratteristica più sorprendente e l’aspetto più importante del medium fumetto in quanto tale: puoi creare una visione simultanea di qualcosa, un risultato particolare che non puoi ottenere in questo modo in nessun altro medium. Se tu dovessi scrivere un romanzo per ottenere un risultato analogo saresti costretto a usare una lunga descrizione testuale come introduzione e poi a scrivere continuamente “nel frattempo…”, “nel frattempo…”, ”nel frattempo…” e così via. Neanche nei film puoi ottenere un risultato simile: presentare la costante contemporaneità di molti eventi su pellicola alla fine produce molta confusione nello spettatore. È proprio questa totale simultaneità, a mio avviso, la vera forza del medium fumetto.

Quali sono le principali influenze artistiche che hai avuto per il tuo lavoro su Qui? Personalmente ho pensato a Edward Hopper e alla sua particolare palette cromatica (ma anche un po’ al pittore olandese Jan Vermeer). E tu?

Hopper senz’altro ha influito sul mio lavoro, ma ci sono così tante influenze artistiche diverse che mi è difficile citarle tutte così su due piedi. Posso dirti che quando lavoravo a Qui come riferimenti visivi ho usato soprattutto le mie foto di famiglia. Ma adesso che me lo chiedi… mi è molto difficile elencare altri artisti che hanno avuto un effetto particolare sul mio libro: ce ne sono così tanti! (ride). Devo davvero pensarci, sono talmente tanti gli spunti artistici diversi per questo libro che ora come ora mi è proprio difficile risponderti: non sono preparato, lo ammetto!

Quello che ti posso dire però è che per creare Qui non ho avuto influenze artistiche dirette dal mondo del fumetto, e che questo libro secondo me è in qualche modo distante e diverso anche rispetto a tutto il resto della mia produzione artistica. Mi dispiace perché mi rendo conto ora che questa che ti ho appena dato non è una buona risposta a una domanda eccellente a cui avrei dovuto invece saper rispondere in modo adeguato. (ride)

Leggi un’analisi della prima versione a colori di Qui pubblicata nel 2000

Richard McGuire - Here

Questa versione “espansa” di Qui secondo te è un’evoluzione artistica della striscia originale pubblicata su Raw nel 1989 o, più semplicemente, una variazione moderna sullo stesso tema iniziale?

Penso che ci sia una grande differenza tra le due versioni. La prima la vedo più come un esercizio formale di stile, mentre la seconda – dato che ora sono più vecchio, ho molta più esperienza artistica e spero di essere anche più saggio – ha un connotazione emotiva decisamente più intensa. Dal 1989 a oggi ho fatto molte esperienze di vita e di lavoro, e ho visto e vissuto molte cose durante la mia carriera artistica. Ecco perché la seconda versione di Qui è molto più ricca e profonda a livello emotivo. E poi, diciamocelo: non volevo ripetermi e continuare a disegnare con lo stile che usavo 25 anni fa. Ecco perché ho preferito reinventare tutto dall’inizio per quest’ultima versione di Qui.

Quando fu pubblicato, Qui era molto avanti sui tempi dal punto di vista grafico e concettuale. Al giorno d’oggi gli schermi di computer affollati da decine di finestre e pop-up sono la norma e siamo molto più abituati a interfacce grafiche come Photoshop, basate sull’approccio visivo “multistrato”. Pensi che per questo motivo la nostra interpretazione e il nostro approccio come lettori a Qui siano cambiati dal 1989 a oggi?

Sì, assolutamente. Proprio tutto quello che hai appena detto, il fatto che tutti ora sono abituati a un’esperienza visiva multischermo, rende molto più facile l’accettazione e la ricezione di Qui. Nel 1989 le persone si arrovellavano non poco per capire questo strano libro; ora invece credo davvero che sia molto, molto più semplice da capire per i lettori.

In che modo il tuo percorso artistico multiforme (musica, animazione, giocattoli, libri illustrati, pittura) ha influenzato il tuo approccio specifico e personale al fumetto?

Personalmente non mi considero un autore di fumetti in senso stretto. Ogni volta che inizio un lavoro artistico mi sembra di essere al punto zero e di dover ricostruire un mondo intero a partire dalle fondamenta. Quello che posso dirti è che senz’altro essere un musicista ha influenzato profondamente la struttura di Qui, rendendo il libro sostanzialmente simile a una sinfonia.

All’inizio del libro ho faticato molto per costruire una narrazione coesa e coerente perché pensavo ci fosse bisogno di un protagonista principale. Poi, lavorando al libro, l’opera stessa ha iniziato a dischiudersi pian piano di fronte ai miei occhi e a rivelarmi quale doveva essere la sua struttura narrativa finale, ma ci ho messo un po’ ad arrivare a quel punto. Per aiutarmi avevo incollato tutte le tavole di Qui su un grande muro nel mio studio e di volta in volta cercavo di ristrutturare la sequenza delle pagine proprio come uno spartito musicale.

Here - Richard McGuire

Quali sono i tuoi autori di fumetti contemporanei favoriti? Conosci qualche fumettista italiano?

Uhm, direi di no. Non mi tengo molto aggiornato – e forse invece dovrei – sul mondo attuale dei fumetti e dei suoi autori. Sì certo, conosco Chris Ware che è un mio caro amico personale, ma a parte lui non molti altri. Potrei aggiungere Gabrielle Bell – trovo il suo lavoro originale e interessante dal punto di vista della scrittura – o Ben Katchor, anche lui molto bravo con l’uso della scrittura per immagini. Potrei dirti che sono loro due i miei autori di fumetti preferiti, ma la verità è che sono miei cari amici prima di tutto.

Quindi non si può dire esattamente che tu sia “dentro” la scena attuale del fumetto, giusto?

No, è più come se fossi “vicino”, ma non proprio “dentro” il mondo del fumetto. Ci sono tribù diverse dal punto di vista artistico nel fumetto ed io non appartengo a nessuna di esse in particolare. Diciamo che sono più che altro un membro onorario trasversale di alcune di queste tribù, ecco tutto! (ride)

Il regista Jean-Luc Godard una volta disse: «Un film dovrebbe avere un inizio, uno svolgimento e una fine, ma non necessariamente in quest’ordine». Pensi che questo sia vero anche per i fumetti?

Sì, senz’altro. Non c’è nessuna ragione per seguire un ordine narrativo classico. Il fumetto è più esperienziale di qualunque altra cosa. L’ho capito ancora meglio quando ho preparato la versione digitale interattiva di Qui: non c’è una vera e propria fine dell’opera, in un certo senso riguarda tutto il tempo contemporaneamente, fino alla fine del mondo. (ride)

here richard mcguire

Già, il remix digitale interattivo di Qui. Con questa mossa hai lasciato il potere sulla struttura della storia interamente nelle mani dei lettori: pensi che la logica combinatoria di Qui e il rimescolamento continuo di piani temporali siano adatti a questo esperimento digitale?

Sì, direi proprio di sì. La versione digitale interattiva di Qui è come un remix audio: la casualità combinatoria crea nuove connessioni improvvise che non avevi notato a un primo sguardo e che producono reazioni inaspettate a una seconda lettura. Una cosa che mi entusiasma molto, ora come ora, è il pensiero che quando tornerò a New York dovrò parlare con qualcuno che mi ha contattato qualche tempo fa per creare una versione virtuale di Qui basata sulla tecnologia Oculus Rift: sarebbe fantastico proiettare il lettore direttamente dentro la stanza principale del libro per vedere cosa succede! (ride)

Einstein una volta disse: «Le persone come noi che credono nella fisica sanno che la distinzione fra passato, presente e futuro non è altro che una persistente e cocciuta illusione». Mi sbaglio se dico che l’unico vero protagonista di Qui è lo scorrere del tempo, la freccia degli eventi che corre senza tregua?

No non sbagli, è senz’altro così. È il tempo il vero protagonista di Qui. In origine pensavo che il protagonista fosse la stanza, ma la stanza in molte epoche non c’è nemmeno così mi sono reso conto che la stanza è soltanto un palcoscenico teatrale e che è il tempo in realtà a condurre tutta la storia. Sai, anch’io penso che il tempo e il suo fluire siano un’illusione e che tutto il tempo in qualche modo esista contemporaneamente.

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A proposito della nostra percezione dello scorrere del tempo: hai avuto modo di vedere l’ultimo film di Richard Linklater, Boyhood? Penso specialmente all’ultima frase del film: «Hai notato quante persone dicano continuamente “Cattura l’attimo?” Io tendo a pensare il contrario: è l’attimo che ci cattura».

Sì, l’ho visto: mi ha emozionato davvero molto, e ci ho visto una profonda connessione concettuale e spirituale con il mio lavoro artistico in Qui.

Che progetti hai per i prossimi anni? Altri libri?

Ho alcune cose su cui sto lavorando al momento. Non ne parlo in modo approfondito perché sono ancora a un livello iniziale della progettazione. Ho anche un’idea per un lungometraggio, ma non credo che sarà una cosa che vedrà la luce nell’immediato futuro. Ci sono un sacco di cose che mi piace fare ed esplorare! (ride)

Leggi un’anteprima di Qui

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