Peracottari – la peggior classe dirigente

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lucia del Grosso
Fonte: Lucia del Grosso
Url fonte: http://www.luciadelgrosso.it/?p=1548

di Lucia del Grosso – 19 settembre 2015

Volevo intitolare questo post “La peggio classe dirigente”, ma poi ho optato per “Peracottari” perché mi sembrava azzardato associare la gentucola che ci governa alla definizione di classe dirigente.

I lavoratori del Colosseo effettuano un numero importante di ore di straordinario per garantire il servizio e invece di venire ringraziati non vengono pagati da novembre dell’anno scorso.

Una classe dirigente degna di questo nome che dovrebbe fare? Trovare le risorse per liquidare a questi lavoratori il dovuto! Invece scambia epoca storica e pensa di trovarsi nel Medioevo per cui ritiene di poter esigere le corvées.

Pertanto la poraccitudine al potere limita il diritto di assemblea e di sciopero dei lavoratori ricorrendo alla decretazione d’urgenza (dov’è l’urgenza, ci sono altre assemblee programmate in giro?). Della serie: “Non sono capace di risolvere il problema del vostro stipendio, perciò voi non dovete protestare se no si vede che sono inetto”.

Però questa vicenda svela i meccanismi che hanno portato alla svolta autoritaria nel nostro Paese. Come potevano “lor signori” (cit.) accelerare la conversione dell’Italia da democrazia della rappresentanza a regime della stabilità del governo (vedi il combinato disposto di riforma del Senato e Italicum)  e della società (vedi lo schema autoritario della rinforma e del lavoro)?

Radicando nel Paese una cultura favorevole o indifferente all’autoritarismo.

Cioè eliminando gli antidoti del virus fascistoide, cioè trasformando i partiti da sentinelle della democrazia ad apparati di propaganda della nuova democrazia muscolare e “decidente”.

La concomitanza del crollo del muro di Berlino e Tangentopoli avevano già sfibrato i soggetti portatori storici dei valori della Resistenza, si trattava di fare in modo che dalle ceneri di quella cultura non risorgesse più nessuna classe dirigente capace di difendere i lavoratori e la democrazia.

A questo serviva la retorica sui partiti apparato, casta, burocrati e autoreferenziali: ad impedire ai partiti di disporre di un gruppo dirigente eccellente sottraendo ad essi la responsabilità e la decisione nella scelta dei propri quadri, che ora sono affidate a ridicoli gazebo.

In modo da scegliere i nuovi tra i più gigioni e confermare i vecchi tra i più flessibili alle mode mediatiche, cioè i meno coerenti.

Solo così è diventato possibile l’impossibile: che un partito, erede della storia e dei valori di forze politiche che hanno profuso il sangue dei loro militanti per combattere il fascismo, ora mostri i muscoli contro i lavoratori e non contro “lor signori”.

La deriva autoritaria nella quale siamo affondati è perciò strettamente connessa all’inefficienza dei metodi di selezione dei dirigenti e amministratori politici, a sua volta derivante dalla dissoluzione dei partiti. La fine dei partiti non può che condurre ad una classe dirigente mediocre, dato che viene scelta in mezzo alla strada con i gazebo o per cooptazione degli yesmen. Essendo inetta è autoritaria. Cioè lo schema è: “Siccome non so governare la complessità dei problemi e quindi non so fare sintesi, allora si fa come dico io e fine delle trasmissioni”.

Qualcuno vuole la svolta autoritaria per assestare il colpo finale ai diritti dei lavoratori. Qualcun altro è complice per incompetenza.

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