Fonte: Il Sud Est.it
Url fonte: http://www.ilsudest.it/politica-menu/86-politica/1765-prove-tecniche-di-regime.html
di MARCO LANG* – 19 settembre 2015
Ha creato un po’ di scalpore l’articolo apparso la mattina del 17 settembre su La Stampa e poi rimosso, a seguito della smentita di Palazzo Chigi.
Nel titolo si leggeva una frase, virgolettata ed attribuita a Renzi, che non si prestava ad equivoci: “Abolisco il Senato e ci faccio un museo”.
Troppo evidente il richiamo con le parole simili pronunciate da Mussolini 90 anni fa: l’aula sorda e grigia che poteva diventare un bivacco dei suoi manipoli di squadristi.
E’, però, troppo semplice parlare di regime in virtù di questo – non peregrino, peraltro – parallelo.
Non ci sono stati colpi di Stato, rotture traumatiche della legalità costituzionale, tutte le iniziative del governo e le successive leggi, sono state condotte ed approvate nel rispetto delle procedure.
Ma “regime” non è solo la rottura traumatica delle forme.
Si intravede, ad esempio, quando un organo di informazione è, sostanzialmente, costretto a cancellare una notizia, poi ripresa “sottovoce” dagli altri principali quotidiani on line, pubblicata, però, con troppa enfasi e con una ricchezza di particolari evidentemente sgradita a Palazzo Chigi
«Se Grasso riapre le votazioni su tutto l’articolo due, allora si rimette tutto in gioco e ogni modifica è possibile, pure quella di abolire il Senato del tutto, come chiedono in molti»
L’articolo poi prosegue così: “E per far capire che la minaccia dell’abrogazione del Senato è stata studiata sul serio, quelli che parlano col premier la argomentano con dovizia di particolari, perfino con la destinazione finale di Palazzo Madama: che sarebbe trasformato in «Museo delle Istituzioni della Repubblica», con i dipendenti trasferiti in altri organi dello Stato.
La pagina è stata recuperata grazie al prezioso lavoro di chi conosceva il funzionamento della cache dei computer (sembra, infatti, che le macchine abbiano una memoria superiore a quella degli esseri umani, ai quali – evidentemente – non bastano i libri di storia) e poi messa in circolazione sui social network. Grazie a questo se ne è poi avuta una discreta eco anche nei principali telegiornali, soprattutto per le parole del presidente del Senato (“il Senato non diventerà mai un museo”), che sarebbero apparse fuori da ogni contesto se non collegate al precedente
Il regime – tranquillizzante, anestetizzante – si continua ad intravedere quando una bestialità, una vera e propria idiozia, quale quella pronunciata a più riprese tanto da Renzi quanto dalla sua sodale Boschi riguardante la Costituzione che attende da 70 anni una sua profonda revisione, anziché essere posta all’indice come dimostrazione plastica dell’ignoranza e della cialtroneria di chi l’ha pronunciata, non è materia di informazione televisiva e se ne parla appena sui quotidiani, magari per mettere in risalto l’ansia modernizzatrice del leader e del giglio magico.
E’ vero, sui social network è ripresa, criticata, messa alla berlina, ma tutto rimane chiuso in un circuito abbastanza ristretto, riservato sostanzialmente agli appassionati ed agli addetti ai lavori: non arriva al grande pubblico, che resta beatamente tra le braccia di una informazione complice della mistificazione che vorrebbe imporre il teroema che troppa democrazia fa male e che la medicina per il sistema è quella di determinare il vincitore delle elezioni che governerà il Paese senza essere sottoposto a faticose mediazioni. La politica è decidere, è fare.
E così siamo arrivati all’ennesimo passaggio fondamentale di questo ultimo anno e mezzo: prima l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e di qualsiasi forma di sostengo pubblico alla politica (unico caso in Europa); quindi il jobs act e la sostanziale abolizione dell’art. 18.
La concretizzazione dell’attacco ai corpi intermedi per eccellenza, partiti e sindacati, gli strumenti fondamentali per garantire la partecipazione delle masse alla vita politica della nazione, l’espressione principale di organizzazione della democrazia politica e sociale. La vittoria delle elités, dell’aristocrazia borghese, del capitalismo finanziario, che determina l’impossibilità di sottrarsi, nella definizione delle politiche economiche e sociali, ai dogmi neoliberisti imposti dalla troika e da Berlino, basati sul binomio austerità + rigore e sulla progressiva svalutazione del lavoro.
L’italicum, la “buona” scuola, ed ora la riforma della Costituzione e le modifiche nel meccanismo di elezione del Senato, che, nel combinato disposto con l’italicum, determineranno un sostanziale impoverimento delle basi stesse della nostra democrazia, avviata ormai verso un modello neoplebiscitario, imperniato sulla figura di un leader più o meno carismatico ma sostenuto dall’alleanza tra potere economico e potere mediatico (con il secondo che spesso è – di fatto – una mera espressione del primo).
Forse non sarà un regime nel senso classico della parola, però gli somiglia molto.
* (Network per il Socialismo Europeo)
1 commento
😀