di Alfredo Morganti – 17 settembre 2015
Se Renzi si arrabbia davvero decide di cancellare il Senato. Questo il retroscena filtrato direttamente da Palazzo Chigi. Cancellare il Senato. Consegnando alla sola Camera dei Deputati tutte le prerogative del vecchio bicameralismo, elezione del Presidente della Repubblica compresa. Una Camera, peraltro, a regime Italicum, e dunque composta in maggioranza da nominati, e dunque da fedelissimi, una specie di giglio magico allargato alle istituzioni. Cancellare Palazzo Madama con astio, con rabbia, come a dire: mi avete scocciato, mi ha scocciato il Senato e mi ha scocciato pure Grasso. Se non mi voti ti cancello, potremmo dire parafrasando il titolo di un film. Vi chiedo: scorgete in questa minaccia bullista una strategia parlamentare all’altezza del tema, ossia della revisione costituzionale? Riuscite a intravedere la lucidità dovuta da un presidente del consiglio rispetto all’impegno che si è posto innanzi, ossia riformare il Parlamento (il Parlamento, il centro della democrazia rappresentativa, non un pacchetto di fusaje)? Io no.
Anche la riforma costituzionale è diventata, così, un mercato delle vacche, una caccia intrapresa alla conquista di senatori pronti a votare purchessia a favore del disegno di legge renziano. Voti di chiunque, senza alcuna remora. Voti just-in-time, come si dice. Pret-a-porter. Pronto uso. Fuori da ogni logica di ‘appartenenza’ o di schieramento. Ma fuori persino dalla logica delle proprie idee, qualunque esse siano, se ve ne siano. Senatori ridotti a ‘manine’ che votano oggi così e domani colà. Una barbarie che si diffonde come un virus non casualmente, ma a seguito di una idea che circola ormai abbondantemente: e cioè che la politica, gli schieramenti, i partiti, le stesse idee e opinioni personali sono una sorta di pesante zavorra, una cosa vecchia, una palude che impedisce al glorioso governo di turno di decidere e trionfare. Oggi tutto deve essere più dinamico, più personale, più individuale, ci deve essere un tornaconto (in senso buono, eh!). E ciò non può avvenire all’interno delle vecchie comunità, dei vecchi partiti. Serve fluidità, che non è trasformismo (in quel caso si andava da qui a lì, c’era un confine politico comunque da superare), ma un muoversi in nugolo, come vespe, verso dove ‘cola’ l’interesse, verso dove si scambia fruttuosamente. È la politica liquida, bellezza!
Una cosa è certa. La Costituzione di uno Stato è il suo fondamento. E dovrebbe essere, almeno nelle intenzioni, un disegno organico, non una copertina a uncinetto fatta pezzo a pezzo, senza badare al colore, ma solo in base alla lana di cui si dispone. Ecco, la mia impressione è che Renzi sia una pessima maglierista, di quelle che raccattano qua e là, come capita, il filo per fare copertine e maglioni brutti e inservibili. E tutto sia piegato al contingente, all’attimo, alla situazione. Proposte di modifica che nascono e muoiono come minacce, costituenti che entrano ed escono dal cerchio dei voti favorevoli a ritmo di samba, soluzioni pescate da un cilindro. Una specie di tunnel nel quale entri senza sapere né prevedere dovrà andrà a sbucare. Un’ingegneria istituzionale messa in mano nemmeno a dei geometri, ma a semplici ‘canneggiatori’, quegli omini che reggevano le aste gialle (canne metriche) durante i rilievi topografici. Insomma, se si cancellasse il Senato e restasse l’Italicum il Presidente lo eleggerebbero i nominati di una minoranza ‘dopata’ dal premio elettorale e tramutata fittiziamente in maggioranza come d’incanto. Senza dimenticare che GIA’ questo Parlamento è nato da un obbrobrio elettorale, il Porcellum. Tale padre, tale figlio (e tale nipote, potrei aggiungere).