di Alfredo Morganti – 15 luglio 2015
“La cura tedesca non funziona e la Grecia ha ragione da vendere nel pretendere un taglio del debito per sostenere le riforme”. Non lo dice un esponente della sinistra greca, ma il Fondo Monetario Internazionale, che appare molto più attento ai dati reali di quanto non faccia il governo tedesco, che invece sembra molto più concentrato sui problemi di consenso interno e sui rapporti con la propria opinione pubblica. Non paia paradossale che la tecnica (gli economisti) guardi più lontano dei politici (Merkel per prima). Non paia paradossale perché questa è la cifra inedita ma solidissima dell’attuale vicenda politica europea. Non stiamo assistendo soltanto a una cessione di sovranità della Grecia alla Troika, ma anche a una cessione di perspicacia e di visione dei governi politici verso i consessi tecnici.
D’altronde Carlo Donolo proprio oggi sul ‘manifesto’ solleva un tema rilevante e parla di ‘risorta supremazia regionale’, pur nel gran ciarlare di Europa unita. Lo spirito di comando esercitato dalla Germania sarebbe in realtà anche il ‘riflesso’ dei problemi di tenuta politica interna, lo specchio di un’opinione pubblica teutonica schierata all’80% contro le richieste greche e di un clima da ‘soluzione finale’ al quale né CDU né SPD paiono capaci di sottrarsi. Mentre noi riflettiamo sullo strapotere globale della tecnica e della finanza, ecco che nel campo ridotto di uno Stato nazionale (per quanto potente e prepotente) emerge la necessità di garantire i propri interessi interni (banche e imprese) e soprattutto il consenso di un’opinione pubblica molto esigente (dentro la quale ci sono sia istituti finanziari sia i giornali sia i cittadini indottrinati dalla propaganda) tutta o quasi schierata contro una soluzione realmente ‘sostenibile’ del dramma greco (a onta dell’opinione del FMI).
Perché è pur vero che l’Europa è sostanzialmente ridotta a vorticoso giro di denaro e solido recinto di interessi forti. Ma è altrettanto vero che la se la Grecia perde sovranità, d’altra parte la Germania è ‘schiava’ (per così dire) della propria e le ‘supremazie regionali’, infine, risorgono proprio per testimoniare che non bastava l’unione monetaria, e che andava fatto forse qualcosa di più in termini di Europa politica, di Europa dei popoli e di solidarietà sociale. Oggi abbiamo dinanzi una specie di mostro. Un mostro frankesteiniano costituito da potentati economici e oligarchie finanziarie che dettano legge sul piano internazionale, e, più sotto, ‘saldati’ direttamente ai primi, da regionalismi politici che sommano discrasia a discrasia: era già disgustoso immaginare potenze finanziarie intente ad allungare le loro mani sulle sovranità nazionali, ora ci voleva pure la rinascita dei poteri locali e di una sorta di microgeopolitica (se così vogliamo definire gli Stati immersi nel mare di interessi economici e operazioni finanziarie sempre più rapide e inafferrabili, in un certo senso quasi imprevedibili sia per la politica sia, ormai, anche per la tecnica).
Insomma, se la democrazia la getti via dalla porta (il caso greco è un esempio lampante di democrazia frustrata) quella rientra poi dalla finestra. Che la Merkel ascolti la sua opinione pubblica è sacrosanto, che vi si stenda a tappetino forse un po’ meno, ma la democrazia è fatta anche di questo ascolto e del consenso che ne può seguire. Che lo stesso valore, tuttavia, non sia attributo all’opinione pubblica greca e a un referendum (quasi plebiscitario) appare invece davvero scandaloso. La risorta supremazia regionale riguarda, come si vede, solo talune regioni europee e non altre. E anche questo è il segno che un’Europa unita non esiste e che l’obiettivo dell’unità è mancato sia in alto (perché comandano potentati e finanza) sia in basso (non tutti i popoli sono uguali dinanzi alla UE). Un mostro dicevo, e questa è la prova provata di una costruzione europea per la quale presto si potrebbe parlare di Eurexit, chissà.