Fonte: La Repubblica
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Salvini supera Silvio e adesso a destra soffia il vento del Lega-forzismo.
Non è semplice e neppure scontato leggere in chiave politica nazionale quest’elezione regionale. Anche perché si è svolta in sette Regioni. Meno di metà di quelle a statuto ordinario. Eppure è inevitabile. In Italia ogni elezione diventa un test sulla salute del governo e dell’opposizione. Tanto più in questa occasione, un anno dopo le elezioni europee che avevano sancito il successo di Renzi e del suo partito. Il Pd di Renzi. Il PdR. Difficile, dunque, non usare questo voto per misurare, appunto, il consenso verso Renzi e il PdR. Ma anche e anzitutto per capire cosa sia avvenuto, cosa stia capitando: dopo Berlusconi. Non solo a Renzi. Ma soprattutto al Centro-Destra. Dove, dalla fine del 2013, il declino di Silvio Berlusconi è stato accompagnato, in parte compensato, dalla “nuova” Lega di Matteo Salvini. Il leader che ha sicuramente innovato l’immagine e l’identità del partito. Rilanciandolo. Sui media. Lo ha chiarito bene anche il voto regionale di domenica. In modo particolarmente chiaro. La Lega di Salvini. Unico partito ad aver davvero guadagnato consensi, negli ultimi 2 anni. Come ha rilevato una puntuale analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna (condotta da Gianluca Passarelli e Filippo Tronconi). Lo stesso M5s ha, infatti, perduto oltre metà dei voti, rispetto alle elezioni politiche del 2013 (in valori assoluti: quasi 2 milioni). E 4 su 10 rispetto alle elezioni europee del 2014. Al contrario, la Lega di Salvini ha più che raddoppiato i voti ottenuti nel 2013 e li ha aumentati del 50% rispetto alle europee di un anno fa.
Se consideriamo le sette Regioni al voto, la Lega è, infatti, salita dal 2,9% nel 2013 al 5% nel 2014, per sfiorare il 15% alle elezioni regionali di domenica scorsa. Che, tuttavia, diventa il 18%, se si esclude la Campania, dove non era presente. Va chiarito che queste stime considerano anche il risultato ottenuto dalle liste personali. In questo caso e soprattutto, dalla Lista Zaia. Il governatore del Veneto, rieletto con una sorta di plebiscito. Questa evoluzione, meglio, questa risalita improvvisa, ha prodotto conseguenze politiche difficili da prevedere. Ma destinate, anzitutto, a modificare le strategie e le relazioni nel Centrodestra. Come si è già detto: la Lega di Salvini è già “oltre” Berlusconi. L’ha superato decisamente, in termini di voti assoluti e in percentuale.
Oggi, infatti, nelle Regioni dove si è votato, Forza Italia è indietro, di un punto, rispetto alla Lega. Un anno fa i rapporti di forza erano nettamente diversi. Visto che FI superava il 17%. Tre volte più della Lega, quindi. Naturalmente, il crollo di FI è stato, almeno in parte, rallentato e compensato dall’elezione di Giovanni Toti in Liguria. Dove, però, FI ha ottenuto circa il 13%. E dunque poco più della metà dei voti della Lega (20%). Nonostante il ruolo trainante del governatore eletto. Ma la Lega ha superato FI quasi dovunque. Nel Centro-Nord. Nelle Marche, in Toscana, in Umbria. Oltre che, ovviamente, in Veneto. Dove ha superato il 40%, insieme alla Lista Zaia. Che da sola ha intercettato il 23%. Mentre FI si è “fermata” (letteralmente) al 6%. Da ciò la tentazione di ri-definire questo bacino elettorale, particolarmente ampio nel Lombardo-Veneto. “Padano” e, al tempo stesso, anticentralista. Meglio: antistatalista. In coabitazione e transizione continua fra Lega e Forza Italia. Edmondo Berselli l’aveva denominato, con il suo linguaggio suggestivo, “forza-leghismo”. Ma oggi, visti i diversi rapporti di forza tra i due elementi semantici e politici, è, forse, più utile rovesciare il binomio. Meglio chiamarlo, cioè, “Lega-forzismo”. Matteo Salvini, non per caso, ha chiarito subito che si candida come “alternativa di governo”. Come dimostra questo voto, è lui “il leader del Centrodestra”. Un messaggio rivolto, anzitutto, a Berlusconi, che “sa leggere i numeri”. Da ciò la sfida finale a Berlusconi e a Renzi. Perché Salvini si considera “oltre” Berlusconi. L’unico, vero avversario, l’unica vera alternativa a Renzi.
E se si guardano i risultati delle elezioni di domenica, si tratta di una sfida fondata. Perché il bacino elettorale dei diversi candidati di Centro-destra supera il 40% dei voti validi. E risulterebbe, dunque, competitivo. Anche in ambito nazionale. Per questa ragione, d’altronde, Salvini ha innovato profondamente l’identità e l’offerta del suo partito. Ha spostato, apertamente e decisamente, il partito oltre la Padania. Ha, cioè, messo fra parentesi il linguaggio autonomista e, tanto più, secessionista. Per contro, ha accentuato i messaggi e le rivendicazioni (non solo verbali) contro la “minaccia” globale. Contro gli stranieri, che sbarcano sulle nostre coste. Contro l’Unione e la moneta europea. Salvini, come si è già detto in altre, precedenti occasioni, ha “lepenizzato” la Lega. L’ha spinta sulla via della Destra (anti) europea. E lo ha ribadito, attraverso l’alleanza (esclusiva) con i Fratelli d’Italia. In Toscana e nelle Marche.
Questo percorso ha pagato, fino ad oggi. Ma lascia aperte alcune incognite. Alcuni problemi. Il primo riguarda la capacità effettiva di conquistare anche il Sud. Comunque, di radicarsi oltre la Padania — e le regioni rosse. Dove è penetrata da tempo. D’altronde, la Lega ha una parentela stretta con i partiti della Sinistra storica. Per modello organizzativo, radicamento locale, nelle classi popolari e nei ceti medi autonomi. Tuttavia, la “marcia nel Sud” sembra ancora difficile e lunga. Oltre che in Campania, dove ha rinunciato a presentarsi, la Lega ha ottenuto consensi limitati anche in Puglia (poco più del 2%). E nei comuni dove si è votato domenica (in attesa di conoscere i risultati del voto in Sicilia) è andato anche peggio. Per esempio, ad Andria: 2,6%, a Chieti: 2%. A Matera: 0,6%.
Peraltro, il Centrodestra, come hanno sottolineato alcuni leader, diventa competitivo quando è “unito”. Ma la proposta politica, insieme al linguaggio e allo stile comunicativo di Salvini, appare molto “esclusiva”. E, dunque, difficilmente in grado di raccogliere e coalizzare soggetti ed elettori diversi. E moderati. Così il vento del Lega-forzismo soffia forte, verso destra. Ma non è detto che, così, possa raggiungere — e conquistare — Roma.