Stiglitz: ‘Il TTIP è la presa del potere segreta delle multinazionali’

per Gabriella
Fonte: l'antidiplomatico.it
Url fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=11670

da L’AntiDiplomatico.it   18 maggio  2015

Il premio Nobel per l’economia Stiglitz: “Io spero che i cittadini dell’Europa rispondano con un sonoro no”. Se solo la loro opinione contasse ancora qualcosa…

Mentre Stati Uniti e Unione Europea discutono in gran segreto l’accordo di libero scambio, il famigerato TTIP, che sarebbe la fine ultima di democrazia, benessere e diritti sociali per l’Italia, nel suo ultimo articolo su the Project Syndicate il premio Nobel per l’economia J. Stiglitz scrive come questi che un tempo si chiamavano “accordi di libero scambio” oggi sono sempre più spesso considerati “partnership”. Ma non si tratta di partnership eque: gli Usa dettano effettivamente i termini.

Tali accordi, prosegue Stiglitz, vanno ben oltre il commercio, regolano gli investimenti e la proprietà intellettuale e impongono cambiamenti fondamentali nel quadro normativo, giudiziario e legale dei Paesi, senza il contributo o il supporto da parte delle istituzioni democratiche. Forse la parte più odiosa – e disonesta – di tali accordi riguarda la protezione degli investitori. Gli investitori che vogliono proteggersi possono acquistare un’assicurazione dalla Multilateral Investment Guarantee Agency, una società affiliata della Banca Mondiale, mentre gli Stati Uniti e gli altri governi forniscono una simile assicurazione. Tuttavia, gli Usa richiedono misure simili nel TPP, anche se molti dei loro “partner” hanno protezioni sulla proprietà e sistemi giudiziari che sono buoni quanto i loro.

Lo scopo reale di tali misure è di ostacolare la salute, l’ambiente, la sicurezza, e, sì, anche le norme finanziarie intendono proteggere l’economia e i cittadini americani. Le società possono citare in giudizio i governi al fine di ottenere un risarcimento per un qualunque calo dei profitti stimati in futuro, derivante da cambiamenti normativi.

Non è solo una possibilità teorica. Philip Morris ha intentato causa all’Uruguay e all’Australia per le loro politiche antifumo. A dire il vero, entrambi i Paesi sono andati poco più lontani degli Stati Uniti, imponendo di includere immagini grafiche che mostrano le conseguenze del fumo. Il processo di etichettatura è all’opera. E sta dissuadendo dal fumare. Così ora Philip Morris chiede di essere risarcito per il calo degli utili.

In futuro, prosegue il premio Nobel, se scopriamo che qualche altro prodotto causa problemi di salute (pensiamo all’amianto), piuttosto che far fronte a denunce per i costi imposti a noi, il produttore potrebbe citare in giudizio i governi per averlo trattenuto dall’uccidere più persone. La stessa cosa può accadere se i nostri governi impongono norme più ferree per proteggerci dall’impatto delle emissioni di gas serra.

Fondamentale per il sistema di governo americano è una magistratura pubblica imparziale, con norme legali costruite nei decenni, basate su principi di trasparenza, sul precedente e sulla possibilità di presentare appello contro le decisioni sfavorevoli. Tutto ciò viene messo da parte, dal momento che i nuovi accordi richiedono arbitrati privati, non trasparenti e molto costosi. Inoltre, tale accordo è spesso pieno di conflitti di interesse; ad esempio, i mediatori possono essere un “giudice” in un caso e un difensore in un caso correlato.

I procedimenti sono così costosi che l’Uruguay si è dovuto rivolgere a Michael Bloomberg e ad altri americani ricchi, attivi nel settore della salute, per difendersi da Philip Morris. E, anche se le società possono intentare causa, altri non possono. Se c’è una violazione di altre responsabilità – sul lavoro e sulle norme ambientali, ad esempio – cittadini, sindacati e organizzazioni della società civile non possono presentare ricorso.

“Se mai ci fosse un meccanismo di risoluzione delle controversie unilaterale che viola i principi base, è proprio questo. Ecco perché mi sono unito anch’io ai più importanti esperti legali statunitensi, provenienti da Harvard, Yale e Berkeley, nello scrivere una lettera al Presidente Barack Obama che spiega quanto sono dannosi questi accordi per il sistema giudiziario. Se ci fosse bisogno di una migliore protezione della proprietà, e se tale meccanismo di risoluzione delle controversie, costoso e privato, fosse superiore alla magistratura pubblica, dovremmo cambiare la legge non solo per le società estere benestanti, ma anche per i nostri stessi cittadini e per le piccole imprese. Ma non c’è stata alcuna proposta a riguardo. La domanda è se dobbiamo consentire alle ricche aziende di utilizzare misure nascoste nei cosiddetti accordi commerciali per prescrivere come vivremo nel ventunesimo secolo. Io spero che i cittadini degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Asia Pacifico rispondano con un sonoro no”, conclude Stiglitz.

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