Quello che l’Europa non ha capito

per Gabriella
Autore originale del testo: Paul Krugman
Fonte: the new york times

di Paul Krugman, 17 aprile 2015

L’America deve ancora conseguire un pieno recupero dagli effetti della crisi finanziaria del 2008. Eppure, sembra giusto dire che abbiamo fatto molto, an-che se non tutto, per recuperare il terreno perduto.
Ma non si può dire lo stesso per la zona euro, dove il PIL reale pro capite è ancora inferiore a quello che era nel 2007, inferiore del 10 per cento rispetto a dove si supponeva dovesse trovarsi. Una prestazione peggiore di quella che l’Europa ebbe nel corso degli anni 1930.
Perché l’Europa ha fatto così male? Nelle ultime settimane, ho ascoltato una serie di discorsi e letto articoli che suggeriscono che il problema sta nella ina-deguatezza dei nostri modelli economici e che dobbiamo ripensare la teoria macroeconomica, che durante la crisi non è riuscita ad offrire una guida politica . Ma è proprio così?

No. E’ vero che pochi economisti avevano previsto la crisi. Il piccolo segreto dell’economia è che da allora i modelli di base spiegati nei libri di testo hanno funzionato bene. Il guaio è che i responsabili politici europei hanno deciso di respingere tali modelli di base a favore di approcci alternativi più innovativi, più emozionanti, ma del tutto sbagliati.
Sto rivisitando i dibattiti di politica economica dal 2008, e ciò che spicca dal 2010 circa in poi è l’enorme divergenza di pensiero che è emersa tra gli Stati Uniti e l’Europa. In America, la Casa Bianca e la Federal Reserve sono rimasti fedeli all’economia keynesiana classica. L’amministrazione Obama ha sprecato tempo e fatica per perseguire una “grande intesa sul bilancio” continuando a credere nella tesi sostenuta nei libri di testo, ovvero che la spesa in deficit è in realtà una cosa positiva in un’economia depressa. Nel frattempo, la Fed ha ignorato gli avvertimenti minacciosi secondo i quali stava “svalutando il dollaro” ed è rimasta attaccata all’opinione che le sue politiche a basso tasso d’interesse non avrebbero provocato inflazione, finché la disoccupazione fosse rimasta alta.
In Europa, invece, i politici erano pronti e ansiosi di lanciare i libri di econo-mia dalla finestra a favore di nuovi approcci. La Commissione europea, con sede qui a Bruxelles, avidamente colse le presunte prove sull’utilità della “ austerità espansiva “, respingendo le argomentazioni tradizionali a favore della spesa in disavanzo e ha preferito sposare la tesi secondo cui il taglio della spesa in un’economia depressa in realtà porterebbe la creazione di posti di lavoro, perché alimenterebbe la fiducia. Nel frattempo, la Banca centrale europea ha preso a cuore i moniti sul rischio di inflazione e ha aumentato i tassi di interesse nel corso del 2011 , anche se la disoccupazione era ancora molto elevata.
Ma mentre i politici europei possono aver immaginato di dare prova di apertura nei confronti di nuove idee economiche, gli economisti ai quali hanno dato retta dicevano loro quello che volevano sentirsi dire. Hanno cercato giustificazioni per le politiche rigide che erano decisi a imporre alle nazioni debitrici, e così hanno idolatrato gli economisti , come quelli di Harvard Alberto Alesina, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, che sembravano offrire proprio tali giustificazioni. Invece si è scoperto, però, che quella ricerca nuova ed entusiasmante era profondamente sbagliata, in un modo o nell’altro.
E così, mentre nuove idee si sono rivelate un fallimento, la teoria economica dei vecchi tempi si è dimostrata più forte. Alcuni lettori ricorderanno che furono derise le previsioni degli economisti keynesiani, me compreso, secondo i quali i tassi di interesse sarebbero rimasti bassi nonostante enormi deficit di bilancio; che l’inflazione sarebbe rimasta contenuta, nonostante enormi acquisti di obbligazioni da parte della Fed; che tagli netti alla spesa pubblica, lungi dall’innescare espansione – alimentata da fiducia – avrebbero provocato un ulteriore crollo della spesa privata. Ma, al contrario, tutte queste previsioni si sono avverate.
Il punto è che è errato sostenere, come molti fanno, che quella politica è fallita perché la teoria economica non ha fornito gli indirizzi di cui avevano bisogno i responsabili delle politiche di orientamento. In realtà, la teoria ha fornito ottime indicazioni, se solo i politici fossero stati disposti ad ascolta-re. Purtroppo, non lo erano.
E continuano a non farlo. Se volete deprimervi sul futuro dell’Europa, legge-te l’articolo di Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco, che è sta-to pubblicato mercoledì da The Times. Si tratta di un rifiuto di tutto ciò che sappiamo di macroeconomia, di tutte le intuizioni che l’esperienza europea di questi ultimi cinque anni conferma. Nel mondo del signor Schäuble, l’auste-rità porta alla fiducia, la fiducia genera crescita e, se non funziona per il proprio paese, è perché lo state facendo nel modo sbagliato.
Ma torniamo alle nuove idee e al loro ruolo nella politica. E ‘difficile argomentare a sfavore delle nuove idee. Negli ultimi anni, tuttavia, le idee economiche innovative, lontano dal fornire una soluzione, sono state parte del problema. Se avessimo continuato a seguire la macroeconomia dei vecchi tempi, staremmo molto meglio.

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2 commenti

Mario Tognocchi 20 Aprile 2015 - 8:53

La riflessione di Krugman: “GLI USA STANNO VENENDO FUORI DALLA CRISI, mentre l’Europa no. Perchè? Perché IN EUROPA GLI ECONOMISTI HANNO SBAGLIATO I COMPITI A CASA.” Non c’è bisogno di sposare le sue tesi per dire che la riflessione ci aiuta. E aiuta anche a comprendere il progetto Scaricare Tutto Tutti. In che modo? E’ la regola Keynesiana dell’intervento dello Stato, che ne nostro caso dovrebbe fare anche ben poco: RICONOSCERE E DARE VALORE A QUELLO CHE FANNO LE PERSONE. Questo è il progetto STT: riconoscere e dare valore a quello che le Persone fanno con le loro spese. Nel nostro caso, in Italia, si tratterebbe di sollevare l’economia sulla forza di 65 milioni di braccia, quanti sono gli abitanti di questo Paese. Ogni loro spesa è un contributo allo sviluppo economico, al lavoro, al miglioramento delle condizioni di vita delle Persone. Non ci sembra poco. Soprattutto se lo paragoniamo a quello che vanno proponendo, come soluzione per l’economia, l’elezione del Re politico e del suo Senato dei nominati.

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Andrea B. 21 Aprile 2015 - 11:52

Dopo la crisi del 29 l’IRI E l’IMI si fecero carico dei debiti imprenditoriali a medio e lungo termine , inoltre le banche centrali erogarono nuovo denaro, ora tutto cio’ non avviene perche’ ci sono freni istituzionali ed europei, quindi semplicemente l’economia ristagna nella depressione e le piccole e medie imprese non ce la fanno piu’, inoltre le grandi imprese in italia delocalizzano portando investimenti in paesi molto meno costosi , deprimendo cosi’ ancor di piu’ lo scenario italiano……..Semplice disamina economica, senza questi elementi non si esce dalla crisi in nesasun senso, a nulla serve avere il defict/pil sotto il 3% ……..la gente muore di fame, la realpolitik e’ lontana ancora dalla classe politica

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