La tragedia di essere di sinistra e la speranza che dal letame nascano rose

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

Fatece largo che passamo noi, di Alfredo Morganti – 23 marzo 2015

grams

Ho una certa età sia politica sia anagrafica. Sono un padre, più che un figlio ormai. E in questi anni ho assistito a molte svolte e a molte discontinuità, con svariati scatoloni riempiti e svuotati, per usare la nota metafora di Cuperlo. Ho insomma cambiato più partiti che paia di scarpe, che per uno di opinioni costanti come me è una vera sfida. Partiti nuovi che erano figli ognuno del precedente e, assieme, pronunciavano verso di esso una ‘netta’ discontinuità. Il PDS si era messo alle radici il simbolo del PCI.

Ma i DS successivamente lo avevano tolto, inserendo al suo posto la rosa del socialismo europeo. Il PD appariva ancor più discontinuo rispetto alle altre ‘svolte’, perché tentava un salto riformista accorpando culture sino ad allora vicine per certi aspetti ma avversarie per altri: il socialismo e il cattolicesimo democratico (almeno quelle allora riconoscibili, altre culture covavano un po’ più sottecchi…). La cosa non è finita lì, perché all’interno dello stesso PD ci sono state altre ed ennesime svolte, stavolta senza mutamento di simbolo (forma) ma solo di partito (contenuto). Dal loft veltroniano si è passati al partito strutturato di Bersani e poi, grazie alla madre di tutte le svolte, si è approdati al PDR, con una discontinuità assolutamente radicale rispetto a ogni altro precedente ‘salto’ in avanti politico-organizzativo.

Oggi l’aria è nuovamente gravida di sommovimenti. E di altri eventuali scatoloni. Non sono pregiudizialmente contrario. Solo lo si dica chiaramente che si vuole ‘altro’. Se ne parli. Non si faccia un’altra Bolognina, dove da un momento all’altro scoprimmo che il PCI non c’era più e nasceva la Cosa (ché tale era). Due anni di psicodrammatico travaglio per poi rifare lo stesso contenitore di prima al netto dei simboli. Anzi, una ‘Cosa’ che era più vuota di socialismo ma pienissima di ‘nuovo’, di una gran voglia di discontinuità, di visioni politiche molto suggestive e avveniristiche. Ma forse nulla più. Oggi, lo dico con grande franchezza, non vorrei ritrovarmi alla mia età a vagabondare ancora e sempre alla ricerca di ‘nuovo’ e di ‘discontinuità’. Sono pronto a imbarcarmi in qualche altra avventura ma che sia DAVVERO un’avventura e non l’ennesimo trasloco. Che sia politica e non roba generazionale, cose rancorose, uno sbiadito parricidio per il quale si pretende che i ‘padri’ si facciano da parte. Non sia mai: il padre che abdica in fondo vuole solo continuare a controllare il nuovo e più giovane manovratore. Il parricidio col consenso del padre è una sòla. Solo un padre davvero sconfitto, genera figli forti, autonomi, determinati. È una cosa darwiniana, è una selezione della specie politica: non è il ‘nuovo’ in astratto, ma è la lotta che deve scatenarsi affinché accada qualcosa di efficace e di competitivo per davvero.

Giuseppe_Di_Vittorio

Chiedo allora alla minoranza (anzi alle svariate minoranze) del PDR: accertato che nel partito non vi sia più spazio per la sinistra, aprite una discussione, esponete chiaramente il vostro intento, parlatene assieme, pubblicamente, create partecipazione attorno al progetto, assumetevi delle responsabilità politiche, mettetevi in gioco radicalmente, fate nel caso il parricidio vero, quello che fronteggia i padri per sconfiggerli, non quello che chiede agli stessi di farsi da parte. E che non sia un’altra Bolognina, per la quale dopo la votazione dell’Italicum, dall’oggi al domani, si sia costretti a riempire frettolosi scatoloni per un ‘viaggio’ verso non si sa dove, magari un generico ‘nuovo’. Anche perché siamo in molti già fuori (io compreso) e non ci bastano un po’ di orazioni politiche e di richiami suggestivi per convincerci che si apra davvero un’altra strada. Bisogna fare i conti con lo scetticismo diffuso, il disagio, il malessere, spesso frutto di decenni di storia politica e non solo di renzismo recente. Se è vero che la distinzione è tra chi vuole e chi non vuole la scissione, quelli che la vogliono dimostrino, nel caso, coraggio e determinazione, e non abbiano paura di affrontare dirimpetto i padri per sconfiggerli. Siamo tutti pronti, se fosse il caso, a discutere apertamente e seriamente di cose politiche e di prospettive anche a breve termine, lavorando a una fase autonoma della storia della sinistra. Anzi, riformulo: siamo tutti pronti a discutere apertamente e seriamente di cose politiche e di prospettive anche a breve termine, lavorando a una fase autonoma della storia della sinistra? Mancava il punto interrogativo, scusate.

foa

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