Fonte: ekathimerini.com
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di Xenia Kounalaki dal sito del quotidiano greco Kathimerini
L’economista turco Dani Rodrik, già professore ad Harvard e attualmente docente di scienze sociali all’Institute for Advanced Studies a Princeton, nel New Jersey, ha parlato dell’ “ineludibile trilemma dell’economia mondiale”. Secondo il suo punto di vista, “la democrazia, la sovranità nazionale e l’integrazione economica globale sono mutualmente incompatibili: possiamo combinarne due alla volta, ma è impossibile di coniugarli simultaneamente e appieno”. La teoria sembra aderire perfettamente alla attuale crisi del debito nell’eurozona. In occasione di un interessante articolo sulla Grecia, pubblicato su Project Syndicate, Rodrik ha risposto ad alcune domande per Kathimerini.
Alla richiesta tedesca : “indicateci fonti alternative di reddito [per alimentare il gettito fiscale, n.d.t.]” il governo greco risponde: “i popoli contano più dei numeri.” Come economista, cosa pensa di questa risposta? Lo stallo dipende da un conflitto culturale fra la Grecia e la Germania?
Mi pare che il governo greco stia cercando di consolidare le sue posizioni facendo appello ad un più vasto fronte europeo contro i vertici della troika. Mi pare che dica: “noi siamo il governo legittimamente scelto dagli elettori greci, I cittadini hanno votato per noi, dovete ascoltare la voce della democrazia, altrimenti anche voi rischiate di essere, prima o poi, vittima di regole assurde imposte da freddi tecnocrati.” Il governo tedesco è ovviamente molto a disagio con questa posizione, che considera populista. Per me, in quanto economista, la posizione di Syriza è perfettamente fondata, anche se, certo, deve essere sostenuta da un credibile programma economico.
Nel suo articolo per Project Syndicate, lei suggerisce che la minaccia di un Grexit da parte della Grecia non è esplicita, ma sempre sottintesa. Ma che cosa succederebbe in caso di un Grexit ‘accidentale’? Quanto è plausibile uno scenario del genere? Cosa potrebbero fare Atene e l’eurozona per evitarlo?
Sinceramente, non penso che nessuno voglia la Grecia fuori dall’euro. Questo non vuol dire che se la Grecia dovesse uscirne, le conseguenze sarebbero trascurabili. Le probabili conseguenze dell’uscita della Grecia dall’euro condizionano le trattative in corso, ed in particolare il potere negoziale delle due parti.
La probabilità di incidente a causa di valutazioni sbagliate non è mai nulla. Ma non vedo come il ‘Grexit’ potrebbe avvenire ‘per incidente’: non ci sono automatismi che determinerebbero un’uscita forzosa della Grecia, o che finirebbero per spingere in quella direzione. Il governo greco dovrebbe scegliere esplicitamente di reintrodurre la dracma, e quella sarebbe una decisione cosciente, non un incidente.
Lei sottintende anche che le conseguenze di un Grexit dall’eurozona sarebbero gestibili. Alcuni dei suoi colleghi hanno espresso diversi punti di vista sui costi. Ci può spiegare perché condivide l’opinione che il rischio di contagio sarebbe minimo?
Non ho detto che le conseguenze di un Grexit sono gestibili. Dico che alcuni, evidentemente, la pensano così. Quanto a me, penso che le conseguenze sarebbero difficili da stimare in termini di costi. È una delle situazioni per le quali non possiamo calcolare i rischi ex ante. Data l’incertezza ed i costi potenzialmente catastrofici del contagio, il Grexit dovrebbe essere l’ultimo pensiero di Angela Merkel.
Secondo il suo articolo, un ritorno alla dracma non sarebbe benefico per la Grecia, poiché una svalutazione interna non avrebbe nessun effetto sul settore delle esportazioni. Ha preso in considerazione l’idea della doppia divisa proposta da Tomas Maier e Wolfgang Munchau?
L’opzione della doppia divisa è un’idea interessante, che permetterebbe al governo greco un po’ di respiro fiscale e permetterebbe di allentare un po’ l’austerità. Non permetterebbe, però, di affrontare il problema di competitività della Grecia.
Un aumento della competitività è richiesto sia per assicurare che un recupero della domanda interna non sia deviato verso le importazioni, sia per dare slancio all’impiego e alla produzione tramite un aumento delle esportazioni. Così, come spiego nel mio articolo, è decisivo individuare quali siano le strozzature che frenano le esportazioni greche. Quello che sappiano è che la riduzione degli oneri fiscali sui salari del settore privato non è stato sufficiente a stimolare l’export.
Crede che la Grecia costituisca un’eccezione, un’aberrazione dell’eurozona che non avrebbe mai dovuto essere consentita? Vede una qualche speranza per un compromesso fra il nuovo governo greco e l’attuale regime europeo?
Il problema è molto più esteso di quello che riguarda direttamente la Grecia, anche se la Grecia è stata forse l’anello debole della catena, a causa delle politiche populiste dei governi precedenti. Il problema di fondo è che un’unione monetaria fra democrazie sovrane dovrebbe comportare una convergenza sostanziale fra i modelli economico-sociali dei paesi membri. Sul lungo periodo, non sono sicuro che nemmeno la Francia e la Germania potrebbero restare assieme nell’eurozona senza armonizzare i loro mercati del lavoro, i livelli di protezione sociale e i loro regimi fiscali.
Fonte: ekathimerini.com
Articolo di Rodrik su Project Syndicate citato nell’intervista