Quale narrazione

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lucia Del Grosso
Fonte: Lucia Del Grosso
Url fonte: http://www.luciadelgrosso.it/?p=1252

Lucia Del Grosso – 19 febbraio 2015

Caro Cuperlo, so che sabato 21 febbraio ci sarà un’assemblea a Roma di Campo Aperto.

Io non ci sarò. Tanti come me non ci saranno. Ci siamo tenuti abbarbicati al PD come ad un pianta, perfino troppo, fino al momento in cui ci siamo persuasi che non è più un partito “contendibile”, per dirla alla D’Alema. Poi abbiamo lasciato il ramo.

Ora siamo in una terra di nessuno, non è una bella condizione né politica, né esistenziale, ma almeno siamo estranei alla “narrazione” che Renzi ha proposto nell’ultima direzione.

Perché, vedi, Gianni, la questione non è che ci scandalizziamo che si parli di narrazione.

La narrazione è parte integrante dell’essere umano e delle comunità, è un bisogno insopprimibile. Nasce con l’uomo, dai tempi cacciatori intorno al fuoco nella caverna. Da sempre gli uomini hanno ammantato di narrazioni le azioni, vuoi per giustificarle, vuoi per amplificarle. Quindi non discutiamo più di tanto l’enfasi che vi ha posto Renzi.

Quello che non abbiamo sentito dire da Renzi, perché non lo può dire, è che se è vero che l’uomo ha bisogno di raccontare storie è anche vero che le storie hanno bisogno di essere raccontate. Altrimenti muoiono, si estinguono. E ci sono storie che Renzi non è interessato a raccontare: le storie che hanno fatto parte del patrimonio della sinistra, quelle che raccontano la dignità, l’uguaglianza, la solidarietà.   E pur di escluderle dall’antologia politica italiana le ha diluite nella retorica del Partito della Nazione, cioè in un coro monotono che canta velocità, innovazione, efficienza e riforme.

Lì risiede il problema della concetto di comunicazione che ha Renzi: non nella sopravvalutazione, ma nella sua insignificanza perché appiattita sull’onda del momento: Tsipras stravince? E allora “una faccia, una razza”; Varoufakis punta i piedi? E allora si raffredda l’entusiasmo.

Ma lì risiede anche il problema della comunicazione della sinistra PD: dietro ogni atto di comunicazione c’è un gesto capace di generare una retorica. Se il gesto non c’è ne consegue l’afasia.

Perciò, Cuperlo, io vorrei che tu sabato, all’iniziativa di Campo Aperto, ricominciassi a raccontare le nostre storie, quelle che stanno raccontando Tsipras e Varoufakis in queste ore, storie di un popolo che si alza in piedi e non accetta di farsi umiliare, storie di vicinanza agli ultimi. Storie di socialismo.

Perché sono storie che hanno bisogno di essere raccontate. Stanno morendo.

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