Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 5 febbraio 2015
Oggi Repubblica virgoletta un pensiero renziano: “Vogliamo far esplodere quelle contraddizioni [di Forza Italia]. Confermando l’accordo sull’Italicum punto per punto, senza accettare però condizioni o subire ricatti”. Sappiamo così che:
a) l’Italicum non si tocca, e dunque c’è tutto Renzi dentro quell’accordo, altro che la necessità di accogliere richieste berlusconiane a cui la minoranza PD non poteva dire di no;
b) le contraddizioni cui accenna il premier sono tutte dentro FI, e la spaccano in tre parti, due delle quali berlusconiane (cerchio di gesso) o filo berlusconiane (Verdini);
c) lasciare l’Italicum così com’è vuol dire fare ‘sponda’ su un frammento di FI (Verdini), che è anche un frammento organico del Partito della Nazione, e indirettamente su un altro, quello berlusconiano puro, per scalciare quindi l’altro, quello fittiano;
d) ciò dimostra che il Patto del Nazareno era tra individui, non tra partiti: ossia Renzi (con Lotti e Guerini) e Berlusconi (con Verdini, Letta), punto;
e) e se lo scopo di Renzi era ‘spacchettare’ FI e associarne al progetto centrista un paio di pezzi (uno di sicuro, quello verdiniano), per ora ci sta riuscendo;
f) il Patto del Nazareno non è morto, anzi, sta emergendo nella sua vera natura (punto d);
g) come dice Brunetta oggi a Repubblica, “il presidente era implicitamente dentro l’accordo istituzionale sulle riforme e si trattava di un fondatore del PD”, ossia Amato. L’enfasi va posta su ‘implicitamente’, e dunque sul non detto ‘esplicitamente’, che tuttavia ha prodotto, anche nella sua implicitezza, un certo equilibrio alla tenuta del Patto stesso, il bilanciamento indispensabile ad approvare (o quasi) l’Italicum. La “slealtà” di Renzi (o chi per lui) sarebbe nell’aver adombrato cose che non era comunque disposto a concedere e non avrebbe concesso, se non nella forma del né … né: in questo senso, Mattarella non era l’uomo di Berlusconi, ma non lo erano nemmeno gli ex PCI, PDS, DS, i ‘comunisti’ insomma, su cui lo stesso Berlusconi aveva posto un ‘veto’. La candidatura di Amato (un fondatore del PD) effettivamente avrebbe rotto lo schema renziano, che prevedeva contestualmente l’unità del PD attorno al candidato, come poi è stato;
f) Renzi e i suoi (Orfini compreso) continuano a dire che senza FI è meglio, che così si fanno le riforme più facilmente. A prima vista sembrerebbe una sciocchezza bella e buona (e in parte lo è), ma non lo è del tutto, perché il Patto, come dicevamo prima, non era tra FI e PD, ma tra contraenti individuali. “Senza FI” vuol dire, paradossalmente, “col Patto e senza scocciatori di quel partito a scassare gli zibbidei”. Renzi , infatti, ripete spesso: 20-30 voti si trovano sempre. Il mercato della vacche, insomma, è promosso a strategia istituzionale, come fu per Berlusconi nella sua ultima esperienza antiprodiana. Al premier basta un terzo di FI per andare a meta, e qualche transfuga preso qui e là. Raccontano i cronisti che nel giorno di Mattarella c’erano decine di deputati o senatori che mostravano a tutti il loro voto per il neopresidente pur appartenendo ad altri schieramenti e pur sottoposti alla disciplina della scheda bianca. È la prova dell’esistenza del Patto (trasversale e individuale) accanto e in “perfetta armonia” con l’attuale deflagrazione di FI.
g) a quando la prossima scudisciata di Renzi, a quando il prossimo ‘tradimento’? Chi dovrà cominciare a stare sereno, nel momento in cui gli obiettivi a breve-medio termine di Renzi saranno conseguiti?
Domandone finale: ma è questa la ‘politica buona’ che tutti (o quasi) vorremmo? Meditate gente.