Fonte: PoliticaPrima.it
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di Giangiuseppe Gattuso – 3 gennaio 2015
“Non voglio essere un politico” . Queste le parole dette da Mario Draghi nell’intervista al quotidiano economico tedesco ‘Handelsblatt’.
Ha inteso così chiudere le indiscrezioni su una sua possibile candidatura alla carica di Presidente della Repubblica per il dopo Napolitano. Resta alla Bce fino alla fine del suo mandato, nel 2019. Il ruolo che riveste in quel posto è di grande rilievo e la sua preparazione e capacità non possono essere messe in discussione. E c’è tanto da fare in Europa, ancora. I problemi della tenuta dell’Euro e della stessa istituzione europea sono tanti e molto difficili da risolvere. La sua presenza nel ruolo guida della Banca Centrale rappresenta, anche per l’Italia, una garanzia. Meglio così. Ma la questione sulla quale intendo soffermarmi non è questa. Le scelte personali e professionali sono assolutamente insindacabili. Non ci piove.
Mi riferisco alla dichiarazione con la quale ha declinato l’eventuale invito. Quel suo “non voglio essere un politico”. Come se ‘essere’ un politico fosse uno status inferiore, di secondo livello. Una “diminutio capitis”. Quindi anche per Mario Draghi la politica è un qualcosa dalla quale stare alla larga, da far fare ad altri, a chi ha capacità e ‘interessi’ diversi. Insomma non merita ‘stima’. Come per la stragrande maggioranza degli italiani. Quel 97% di cittadini che hanno risposto di non avere alcuna fiducia nei partiti nell’indagine, arrivata alla XVII edizione, su “Gli Italiani e lo Stato”, realizzata da Demos, l’Istituto di ricerca politica e sociale fondato da Ilvo Diamanti. I partiti erano al 5% nel 2013 e all’8% nel 2010.
Il credito nei confronti dello Stato è ferma al 15%. Era al 30% nel 2010 e al 19% nel 2013. Mentre il Parlamento gode della fiducia del 7% degli italiani, lo stesso del 2013 e di 6 punti meno che nel 2010. Una situazione che conferma i sentimenti degli italiani nei confronti della ‘Politica’ e, come dice Ilvo Diamanti, “mette apertamente in discussione la democrazia rappresentativa”. Almeno in questo, finora, nel suo primo anno di attività alla guida del PD e del governo nazionale, Matteo Renzi non è riuscito a invertire la tendenza. C’è tempo.
Un disastro che più di così non si può. Forse. Ho imparato dalla vita che al peggio non c’è mai fine. E non è soltanto un modo di dire. Sia la frase di Draghi che i dati emersi dall’indagine sono molto preoccupanti. Si salva, sostanzialmente, solo Papa Francesco che riscuote un indice dell’87%. Siamo, quindi, in una fase nella quale regna l’apatia e la rassegnazione. Una sorta di abitudine alla sfiducia.
Quel malessere che spinge milioni di cittadini all’astensionismo e al disimpegno nelle cose della politica. Quella convinzione diffusa che le forze che determinano gli andamenti della cosa pubblica ormai si sono distanziate dalla politica in modo totale. E che ritiene i rappresentanti delle istituzioni e i “politici” sostanzialmente inefficaci, inutili. Insomma, come qualcuno ha scritto, si ha la sensazione di essere di fronte a un malato terminale di cui l’unica cosa sana e morale sarebbe l’eutanasia della politica.
Sento di dire, però, con tutto il cuore e con profonda convinzione che è un atteggiamento e un sentimento assolutamente sbagliato, inutile e dannoso. Per se e per gli altri. È un modo per scaricare sugli ‘altri’ le responsabilità, per dire che tutto va male, che tutti fanno schifo, che non si salva nessuno. Che tutti sono corrotti, mafiosi, e potrei continuare a lungo.
Ma se è in discussione la “democrazia rappresentativa”, così come l’abbiamo concepita e con i limiti evidenziati, cosa resta se non un maggiore impegno sociale e una partecipazione attiva di cittadini consapevoli?
Cosa sarebbe la società se prendesse il sopravvento una simile concezione della politica? Chi dovrebbe occuparsene? Forse l’uomo forte. Quello che si occupa di tutto, che risolve ogni problema, che mette ordine, che libera l’Italia da lacci e lacciuoli, dai contrappesi della democrazia, e anche dall’eccesso di libertà. Un rivoluzionario che fa la rivoluzione per noi, incapaci e indifferenti.
Giangiuseppe Gattuso
03 Gennaio 2015