Dalla “generazione di fenomeni” alla “generazione senza lavoro”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Valerio Morabito
Fonte: Pickline
Url fonte: http://www.pickline.it/2014/12/24/dalla-generazione-di-fenomeni-alla-generazione-senza-lavoro/194138

– 24 dicembre

I sogni, le aspettative della “Generazione di fenomeni” sono svaniti. Quei “ragazzi del muretto” sono stati traditi da quello in cui credevano e i loro desideri non si sono avverati. Oggi si potrebbe parlare di “Generazione senza lavoro”, ma sono sempre eroi

 Un termine che sintetizzava il successo e la fiducia nel futuro – Quanto sono lontani i tempi in cui gli Stadio cantavano “Generazione di fenomeni”, una vera e propria colonna sonora per le leve tra gli anni ’80 e i primi anni ’90. Una canzone che ha segnato un’epoca, un termine che era stato coniato dal giornalista televisivo Jacopo Volpi, per descrivere con ottima sintesi comunicativa l’insieme della nazionale maschile di pallavolo dell’Italia guidata da Julio Velasco. Giovani, belli, atletici e con una gran voglia di vincere e farsi notare nel mondo. Erano queste le caratteristiche dei ragazzi che hanno scritto la storia della pallavolo italiana. Stesse caratteristiche, seppur in un contesto diverso, erano quelle delle ragazze e dei ragazzi citati nella canzone degli Stadio. «Generazione di fenomeni, tutti eroi; generazione di fenomeni, come mai?», è l’orecchiabile ritornello del noto gruppo di musicisti. Un brano che sintetizzava una generazione che stava crescendo, tra la scoperta dell’amore e cambiamenti di costume rispetto all’epoca precedente.

 I ragazzi che volevano andare oltre il muretto – Una canzone che è rappresentata con grande efficacia nel suo video, dove compaiono alcune scene della celebre serie televisiva “I ragazzi del muretto”, che è andata in onda su Rai 2 dal 1991 al 1996. Intorno al muretto di piazza Mancini nel quartiere Flaminio a Roma, quei liceali affrontavano i problemi della vita quotidiana: amore, scuola, rapporti con la famiglia, litigi, soldi, lavoro. Tutto veniva narrato pensando al nuovo millennio che stava per iniziare. Quei ragazzi si identificavano con una generazione molto distante dai loro nonni e dai loro padri e pronta a sporgersi al di là di quel muretto, che sotto un certo punto di vista rappresentava un limite, una barriera tra la realtà e quella che stava per arrivare. Il solo pensiero di vivere in un contesto nuovo, rinnovato, come doveva essere l’anno 2000, era un qualcosa di entusiasmante, eccitante. Con la voglia di immergersi in un mondo nuovo, questa serie tv parlava anche di tematiche delicate e fino a qualche anno prima considerate tabù: omosessualità, sfruttamento degli extracomunitari, razzismo, violenza negli stadi, aborto, prostituzione, Aids, usura, accattonaggio.

Da una generazione all’altra, sempre eroi – L’obiettivo era sensibilizzare quella generazione a guardare con occhi diversi la realtà circostante e a comportarsi di conseguenza. I ragazzi del muretto avevano grandi aspettative, immaginavano un futuro pieno di soddisfazioni tra studi universitari e lavori gratificanti. Pensavano a un’Italia migliore, quella che si sforzavano di creare, con gesti semplici, ogni giorno su quel muretto che era una sorta di diario comune, uno scrigno dei loro sogni, delle loro aspettative. A distanza di 18 anni, però, tutto è cambiato. Quel muretto, come gli altri muretti sui quali centinaia di gruppetti di quella generazione si riunivano per parlare, scherzare, amare, sono pieni di erbacce, siringhe, scritte volgari. Nel peggiore dei casi non esistono più e hanno dovuto far posto a edifici di viario genere. Adesso si parla di meno e quando lo si fa si utilizzano altri contesti, ma in generale è meglio non parlare, non pensare a un futuro che potrebbe essere ancora più angosciante del presente. Se l’incertezza è la protagonista dei nostri giorni, il futuro fa paura e genera inquietudine. È l’assenza di lavoro a renderci precari nella via e in ogni suo aspetto. Anche se esistesse ancora quel muretto non potremmo più andarci. Cosa diremmo, cosa faremmo? Meglio tenerlo nel cassetto dei ricordi e così dalla “Generazione di fenomeni” si è passati alla “Generazione senza lavoro”, ma gli eroi sono sempre tra noi e nonostante tutto non hanno smesso di sperare.

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