Fonte: il simplicissimus
Anna Lombroso per il Simplicissimus – 14 novembre 2014
Nel 2154 l’umanità rimasta sulla Terra è un’unica grande classe operaia, che mescola criminali e lavoratori, tutti tenuti a bada e dominati con pugno di ferro attraverso i robot, da un’elite che da tempo ha lasciato il vecchio pianeta devastato e avvelenato, per andare a vivere a Elysium, una stazione orbitante intorno al pianeta, dove ci sono le cure per guarire da ogni malattia, c’è il verde, il benessere e il disinteresse per ciò che accade più in basso, sulla Terra, dove gli schiavi lavorano per mantenere la stazione.
Siamo nel 2014 e i governi e le nazioni maggiormente responsabili del cambiamento climatico, dell’inquinamento, della dissipazione di suolo e risorse, di un profitto sempre più rapace e di disuguaglianze sempre più feroci, forse non hanno ancora progettato di lanciare nello spazio Elysium, come nel film, dove dare comodo e protetto ricetto alle loro elite privilegiate, meritevoli grazie al denaro e al potere che procura e garantisce, di vivere in un Eden artificiale. Si accontentano per ora di realizzarlo all’interno delle città, dove ormai la guerra di classe alla rovescia, quella che i ricchi solidali e uniti conducono contro i poveri, in armi gli uni contro gli altri, si consuma e riproduce con esemplare e imperturbabile crudeltà.
Le bombe di violenza, intolleranza, barbarie esplose a Tor Sapienza come in altre periferie definite genericamente “degradate”, sono chiaramente ad orologeria, fatte esplodere da ceffi che rivendicano la loro indole alla pulizia etnica, cui è pervenuta un’indegna solidarietà bipartisan in attesa magari che la prossima volta levino lo stivaletto tex dal pedale dei freni e si facciano giustizia da sé, da organizzazioni sottovalutate come fenomeni di arcaico folklore, che hanno trasformato il razzismo in apostolato e rinnovato il fascismo per adeguarlo a forme più moderne da adattare in cornici costituzionali, allestite benevolmente e generosamente da esponenti di partiti presenti in Parlamento e al governo di grandi città.
Ma vengono da lontano e da anni si lavora nell’ombra e meticolosamente per produrle nella fabbrica delle disuguaglianze, per incrementare le differenze in modo che diventino inimicizia, ostilità, conflitto. Da tanto agisce l’iniziativa degli imprenditori della paura, per alimentare diffidenza, rifiuto, risentimento. Perché nella guerra di classe la vittoria è assicurata per chi dirige crociate di poveri contro chi è più povero ancora, contro altri colori e altri credo, contro chi è destinato per il reato di disperazione a entrare nell’illegalità e condannato a trasgredire.
Oggi il sindaco Marino, che dimostra di prediligere alcune gerarchie di minoranze, di “altri” più accettabili anche dai benpensanti, è andato a Tor Sapienza, in coincidenza di date con la visita pastorale di Borghezio. Non dubitiamo delle parole di pacato e equanime buonsenso che distribuirà, in mancanza di fondi, risorse economiche e volontà di risolvere i problemi. Si tratta di uno degli esponenti di punta del partito dei sindaci che agli alluvionati sui tetti ha rinfacciato dei essersi comprati o affittati case abusive, che affronta il problema dei senza tetto che occupano da anni togliendo loro luce e acqua e che, per gustoso contorno, ha eliminato 24 linee di trasporto urbano che collegavano le periferie, in modo che quelle non ancora degradate, si affrettino a diventarlo.
Marino, il Pd, molti sindaci eletti grazie a coalizioni variegate, non sono come Borghezio, forse nemmeno come il sindaco che vuole bus riservati per i rom, o come quello delle panchine ad uso esclusivo per gli indigeni. Ma la verità è che il razzismo rivela modi contemporanei e contorni più indistinti. Contano meno colore, religione, lingua, abitudini: a pesare è la povertà, la disperazione anticamera dell’esclusione, il crimine di essere senza patria, il reato di irregolarità che condanna alla galera come la più spregevole delle colpe e per la quale non c’è difesa d’ufficio.
Così quelli appena appena meno poveri, appena appena meno disperati, più o meno dediti a attività o comportamenti illegali, ma dotati di diritto di cittadinanza, si sentono autorizzati a difendere a ogni costo il loro poco, il loro niente, si sentono legittimati a accusare e punire chi minaccia di espropriarli. E si consegnano a chi indirizza la loro rabbia non verso i responsabili della loro perdita di dignità e civiltà, che vivono tutti in calde e comode case, ma verso chi gli sta magari temporaneamente a fianco. In modo che nella nebbia mefitica che avvolge tutto, nel veleno che si respira nessuno si chieda come mai i centri di accoglienza non vengano mai allestiti ai Parioli o all’Olgiata, come mai i profughi dell’ex Jugoslavia arrivati da noi negli anni Novanta in attesa di un riconoscimento di status di rifugiati mai arrivato, siano stati collocati come ingombranti rifiuti in insediamenti e campi già disumani, piuttosto che in residence e alberghi come successe per improbabili pellegrini polacchi al seguito di un papa carismatico.
D’altra parte è tradizione che i pogrom vengano condotti da poveracci contro altri poveracci, come insegnano le più efferate spedizioni punitive contro immigrati e zingari, quella di Ponticelli, quella di Scampia. E a volte nemmeno occorre Borghezio, se la più veloce e spietata pulizia etnica per via amministrativa di questi anni la dobbiamo alle ruspe, alle espulsioni, alle identificazioni di massa, alle irruzioni del Sindaco Veltroni (lo abbiamo ricordato qui: http://nblo.gs/11gE9U).
Uno dei teatri di questa guerra che stiamo vivendo, globale, planetaria, sono le città, nelle quali le disuguaglianze si mostrano in quartieri fortificati, assediati da periferie, slums, bidonville, baraccopoli che incutono timore contro le quali si muovono eserciti non solo privati e vari tipi di mercenari. Ora il loro nemico, quello di chi ha molto rispetto a chi ha sempre meno, sono neri, gialli, stranieri, clandestini. Che non votano. Ma quando verrà sancita l’inutilità delle elezioni, quando i nominati avranno sempre meno bisogno delle loro liturgia, allora si allargherà la massa degli esclusi non abbastanza emarginati, dei rifiuti non abbastanza conferiti nelle discariche urbane. E tutti, noi, la gente, i cittadini sempre meno tali, saremo in pericolo.