Invio di truppe in Ucraina, no da 94 italiani su cento Un italiano su dieci è pro Putin, due persone su dieci considerano la risposta del nostro governo al conflitto «efficace». Scarsa la fiducia in Trump (34%) e nell’Ue (15%). Il supporto militare piace solo all’8% degli intervistati

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandra Ghisleri
Fonte: La Stampa

Invio di truppe in Ucraina, no da 94 italiani su cento

Un italiano su dieci è pro Putin, due persone su dieci considerano la risposta del nostro governo al conflitto «efficace». Scarsa la fiducia in Trump (34%) e nell’Ue (15%). Il supporto militare piace solo all’8% degli intervistati

La maggior parte degli italiani è favorevole all’invio di aiuti umanitari all’Ucraina (37,5%), ma restia a inviare truppe militari (5,8%) o finanziare direttamente l’acquisto di armi (12,8%). Le ragioni possono essere ricondotte a fattori storici, culturali e politici. Di sicuro molti italiani, anche se condannano l’aggressione russa sono convinti che l’invio di armamenti possa solo prolungare il conflitto – senza esiti se non in un incremento di decessi e distruzione – piuttosto che risolverlo.

Inoltre non è scontato il timore di una escalation militare che possa portare a conseguenze imprevedibili, compreso un possibile coinvolgimento Nato in un conflitto diretto con la Russia. Il nostro Paese sta attraversando una fase economica difficile, con un’inflazione che morde e una crisi energetica che ha innalzato notevolmente i costi delle bollette. In questo contesto è evidente che l’invio di armi sia visto con una certa diffidenza da parte di un cittadino su due, anche perché i problemi interni risultano più sentiti dalla gente. In questo contesto l’invio di aiuti umanitari è interpretato come un dovere morale che non comporta – secondo quasi il 40% della popolazione – conseguenze negative dirette per il nostro Paese.

 

Con l’esito delle ultime vicende internazionali, per buona parte dell’opinione pubblica la guerra in Ucraina è sentita come un conflitto che sta riguardando direttamente Usa, Russia e Paesi dell’est Europa, escludendo la Ue e l’Italia che, giorno dopo giorno, risultano sempre più emarginate da qualsiasi accordo. Il dibattito sull’invio di armi ha spaccato da subito la politica italiana dividendo le parti tra chi sostiene il supporto militare e chi si oppone proponendo delle soluzioni diplomatiche anziché belliche.

La negoziazione diplomatica è la migliore soluzione per fermare la guerra nel cuore dell’Europa per il 60,2% della popolazione. Supporto militare (8,3%) e intervento diretto e guidato di altri Paesi (6,5%) non trovano molto riscontro nelle indicazioni di risoluzione del conflitto indicate dagli italiani, come neppure le sanzioni economiche per la Russia (9,7%) che, invece, ha saputo riorganizzare in tempi rapidi la propria economia per resistere alle sollecitazioni. Vladimir Putin ha trovato nuovi partner economici e ha mantenuto una forte volontà politica per continuare il conflitto pur di raggiungere i suoi obiettivi geopolitici. In tutto questo l’aumento dei costi dell’energia, l’inflazione e il carovita, senza trascurare il rincaro dei carburanti hanno influenzato in maniera importante la vita di quasi il 40% (36,7%) degli italiani.

 

Il conflitto non ha avuto un impatto diretto sul nostro territorio nazionale in termini militari, tuttavia ha profondamente inciso sulla nostra economia, sulla società e sulla politica. Per molti italiani la guerra si è tradotta in un aumento del costo della vita, un senso di insicurezza e smarrimento ha pervaso le percezioni di una buona parte dell’opinione pubblica. Il fatto che il 53,6% degli italiani non percepisca alcuna influenza diretta, se non poca (31,2%), suggerisce che questi cittadini associno i loro problemi quotidiani più a cause interne al nostro Paese, percependo il conflitto semplicemente come una complicazione “lontana”.

È possibile anche che dopo 3 anni di guerra prevalga un sentimento di “stanca”, proprio perché altri temi come il carovita, la sanità, il lavoro, la sicurezza e l’immigrazione sono diventati più rilevanti e sentiti. La Ue è composta da 27 Paesi con interessi economici, politici e culturali differenti dove abbiamo imparato che le divergenze interne rallentano una risposta unitaria e decisa. Non esiste una politica estera unificata per l’Europa e, se ha agito in maniera compatta nel sostenere le sanzioni contro la Russia, non si è mostrata altrettanto unita nel prendere decisioni rapide e decisive per il conflitto.

 

Questo gli italiani lo hanno ben compreso, infatti il 64,5% dell’opinione pubblica, senza alcuna sfumatura di colore politico, è persuasa che l’Unione europea non stia lavorando in maniera efficace per la risoluzione della guerra in Ucraina. È evidente che sono molte le persone che non comprendono pienamente l’ampio contesto geopolitico e le motivazioni che spingono i loro leader a sostenere Volodymyr Zelens’kyj, non mostrandosi quindi così “volenterosi” a differenza dei loro premier… ma per il momento ci viene consigliato di affidarci ad un kit di sopravvivenza, per il resto si vedrà.

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