La riforma della giustizia di Nordio vista da Franco Coppi: «Il problema non è la separazione delle carriere, ma separare le persone intelligenti da quelle che non lo sono»

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Maria Corbi
Fonte: La Stampa

È l’avvocato più famoso d’Italia – Treccani docet – il decano dei penalisti che ha difeso da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi – con cui non c’è mai stato grande feeling – passando per Sabrina Misseri («ancora non mi faccio una ragione della sua condanna…»). Franco Coppi sospira quando gli si chiede cosa pensa di questa annunciata riforma della Giustizia firmata Carlo Nordio. Ancora non ha digerito quella della Cartabia.

Ma partiamo da Nordio, che ha annunciato una revisione della disciplina delle intercettazioni. «Vigileremo in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria». Soddisfatto?

«Il segreto istruttorio esiste o non esiste, non si vede perché debba essere privilegiato quando è infranto con intercettazione e non con fuga di altre notizie che possono essere altrettanto gravi per i diritti inviolabili della persona, che possono voler dire la morte politica di un uomo o anche sociale. Occorre rivedere il tema del segreto istruttorio non solo nella prospettiva delle intercettazioni, ma stabilirne i limiti e le sanzioni e come possa essere contemperato con le esigenze dell’informazione. Le intercettazioni sono un mezzo di ricerca della prova che va accettato se disciplinato bene. La tecnologia va impiegata in tutte le sue possibilità quando si tratta di scoprire reati con l’accortezza di evitare abusi. Sarei contrario a una revisione del segreto istruttorio settoriale».

C’è però il diritto/dovere di cronaca, all’informazione in una democrazia. Come la mettiamo?

«Un problema difficile e delicatissimo e va affrontato. Diritto e dovere ad informare ma anche diritti individuali che meritano lo stesso rispetto. Va trovato un punto di equilibrio».

Nordio vuole la divisione delle carriere dei magistrati. D’accordo su questo?

«Io affronterei invece il tema dell’immissione dei magistrati in ruolo. Ci si deve chiedere se il sistema sia al passo con i tempi. Si deve cambiare il concorso con forme che garantiscano veramente l’idoneità del candidato al ruolo, al di la delle conoscenze giuridiche. Ricordo una brillante studentessa che mi chiese la tesi; e voleva fare il pm perché “si sentiva giustizialista”. Tutti 30 e 30 e lode, ma io non le ho dato la tesi».

Torniamo alla separazione delle carriere.

«Il problema non è la separazione delle carriere, ma separare le persone intelligenti da quelle che non lo sono. Una persona perbene e preparata sa come deve comportarsi da pm e da giudice».

Quale sono i punti della giustizia da riformare secondo lei?

«Occorre una riforma completa che velocizzi la macchina. Tra i punti c’è sicuramente da rivedere l’udienza preliminare, che si è risolta in un fallimento, dove non c’è un effettivo spazio per le difese. Meglio andare direttamente al dibattimento. Oggi a Roma tra udienza preliminare e inizio del processo passa anche un anno. Ad allungare i tempi ci si mette anche il fatto che il giudice del processo non può conoscere gli atti dell’istruttoria».

Significa però ritornare al processo istruttorio, al codice Rocco.

«Significa che il processo attuale ha fallito e i tempi si sono dilatati. Tanto che hanno dovuto mettere mano alla riforma della prescrizione».

Abuso di ufficio?

«Reato al limite della costituzionalità per mancanza di tassatività e determinatezza, fondato esclusivamente sull’abuso dei poteri del pubblico ufficiale, quindi di difficile definizione normativa e riscontrabilità pratica. Bisognerebbe rendere la norma il più definita possibile, il che non è facile».

Nordio ha auspicato una riforma del codice penale in senso «garantista e liberale». Su questo sarete d’accordo…
«Come si fa a contraddirlo? Parole molto belle. Ne riparliamo quando avremo sotto gli occhi una bozza di riforma».

Giorgia Meloni ha detto: «Garantisti nel processo, giustizialisti nella pena».

«Si è garantisti sempre anche in fase di esecuzione della pena. Cesare Beccaria diceva che l’uomo non deve essere ridotto da persona a cosa. Quando la premier Meloni dice questo riduce la persona a cosa».

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