di Alfredo Morganti – 16 aprile 2017
Dinanzi alla rivendicazione della ‘clausola degli investimenti’ ottenuta in Europa, ossia al “permesso di fare deficit proprio per investire in progetti produttivi”, “il conto economico delle amministrazioni mostra che la sola voce di spesa a scendere dal 2015 sono proprio gli investimenti”, tant’è che “la spesa pubblica in conto capitale – beni come strade o impianti – è crollata del 16% solo nel 2016, quasi undici miliardi in meno”, tale da spingere a parlare di “crollo degli investimenti pubblici” (il virgolettato è di Federico Fubini dal Corsera di ieri). Anche stavolta i numeri fanno giustizia di tante chiacchiere. La flessibilità europea, così orgogliosamente rivendicata dal governo in questi tre-quattro anni, non ha sortito effetti in termini di investimenti, se non negativi. Il sospetto è che sia cresciuta, invece, la spesa in bonus e regalie.
Che cosa dovrebbe fare un governo? Ragionare in termini di consenso, impiegare denaro pubblico per rafforzare la propria posizione tra i cittadini, accorciare lo sguardo al proprio naso? Oppure lavorare strategicamente per il futuro, privilegiare gli investimenti, operare sulla struttura socioeconomica del Paese, trasformarla in termini più equi? E come si misurano e giudicano le scelte compiute, attraverso quali parametri? Ecco, il crollo degli investimenti in Italia, quello certificato persino nei documenti del governo, testimonia un’azione di governo maggiormente orientata verso la cattura del consenso di cortissimo respiro, piuttosto che altro.
Del crollo degli investimenti pubblici i giornali parlano poco. D’altronde questo è stato il governo degli 80 euro, e dei bonus a insegnanti, 18enni, bebè. Il governo della spesa random, dei milioni di euro distribuiti come coriandoli, e non il governo dalla visione di lunga gittata. Il bello è che volevano cambiare tutto, anche il cambiamento stesso. E invece hanno lasciato tutto com’era, anzi peggio, stremando un Paese già stremato. Nel frattempo hanno ridotto le tutele sul lavoro, raccontandoci il contrario. Hanno tentato riforme politico istituzionali subitaneamente cancellate. Si sono dimessi dopo la scoppola referendaria, che ha certificato come anche nella meravigliosa ricerca del consenso avessero fallito. Adesso Renzi e compagnia ci vorrebbero riprovare. Utilizzando il PD come ennesimo trampolino di lancio. Come minimo sono noiosi.