Autogol – Mentana spiega il sondaggio ma è un asino in matematica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Autogol
L’egemonia della destra è una leggenda demoscopica inventata dai media ad essa incorporati. Una dimostrazione clamorosa della fallacia sondocratica sono state le elezioni successive al 2019. Dove nelle regioni date in bilico o a vantaggio della destra (Emilia, Toscana, Puglia, Campania) i candidati della sinistra hanno vinto con vantaggi massicci. Smentendo le pelose geremiadi dei vari De Benedetti, De Angelis, Rampini e Da Milano, tatticamente interpretate dalla condotta renziana, che preconizzavano una crisi del governo e la delegittimazione della nuova leadership del Pd.
Questo depistamento ha il suo algoritmo nell’elettorato sommerso che nei sondaggi non si dichiara (fra il 40 e il 50 %) ma che nelle elezioni reali esce allo scoperto condizionandone l’esito. E la tendenza in atto è che questo elettorato silenzioso premia il governo in carica e la coalizione a sostegno.
Ci sono tuttavia sondaggi che smentiscono sè stessi ad insaputa dei facitori e dei committenti. E’ il caso del sondaggio Swg ieri presentato in pompa dalla 7 con l’intento malizioso di dimostrare la fragilità dell’esecutivo testando il ‘partito di Conte’. Tale ‘partito’ godrebbe del consenso del 16 % e svuoterebbe sia il Pd che i 5S. Ciò che tuttavia è più interessante è che per un terzo almeno attingerebbe proprio all’elettorato sommerso (quello degli astenuti, degli indecisi e dei non dichiaranti).
Un imbecille aritmetico quale Mentana ne ha tratto la trionfante conclusione che la destra sarebbe comunque in vantaggio. In realtà, facendo i conti, l’alleanza di governo risulta pari al 45,4 %, ben 2,3 punti sopra la destra, mentre un altro 11,5 % si distribuirebbe fra Calenda, Iv, verdi e altri partitini.
Ne conseguono tre considerazioni.
Primo. Se si considerano le tendenze sotterranee dell’elettorato sommerso il governo giallo rosso a guida Conte non è affatto minoritario, e men che meno isolato e abusivo. Esso interpreta almeno relativamente la maggioranza del paese.
Secondo. L’elettorato sommerso tende ad emergere in forme ‘personalistiche’, bypassando l’offerta partitica. Si riflette nella persona piuttosto che nei partiti. Non solo e non tanto come forma di ‘dedizione’, ovvero di affezione carismatica, quanto come evitamento dei partiti e della loro incapacità nel sintetizzare la domanda sociale. E’ un fenomeno di transizione che sconta i limiti storici della rappresentanza.
Terzo. Il pendolo della ‘personalizzazione’ della politica, effetto perverso della perdita di mordente dei partiti, si è spostato. Sino ad ora ha premiato la destra, con i suoi emuli di grottesche fuhrerprinzip istrioniche, semplificazioniste, rutilanti e decisionistiche. Ora premia una domanda di rassicurazione se non di moderazione consegnata nel corpo sociale. Tanto più viene evocato il ‘grande Cesare’ (Draghi o chi per lui) tanto più le preferenze intuitive della ‘gente’ inclinano verso una figura soggettiva capace di incarnare elementi di gentilezza, rassicurazione, senso della misura. Persino di eleganza. In sintesi più una domanda di ‘governo’ e mediazione, invece che di protesta. E’ l’effetto della crisi pandemica.
Mai si è riscontrata una discrasia più grande fra il mondo rappresentato dai media e la realtà. Malgrado le congiure e la propaganda l’alleanza giallo rossa è forte e maggioritaria. Essa è incardinata alla realtà e può sfruttare a proprio vantaggio l’inerzia della ‘personalizzazione’. Ciò che sino a poco tempo orsono era l’appannaggio della destra, ora è il superadditum del fronte progressista. I presuntuosi che hanno perso il controllo della sinistra ‘docile’, i falsi ottimati, i moralisti al soldo di lor signori sghignazzano sui ‘responsabili’ e pontificano sul trasformismo, presentano Conte come un Chance il giardiniere, un dottor Pisanello o un oscuro Stranamore. In realtà assomiglia più a Leon Blum. E il paese è altrove dalle loro squallide rappresentazioni.
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