Autore originale del testo: Alfredo Morganti
2020, annus horribilis?
È opinione condivisa che il 2020 sia stato un anno orribile. Certo, non è stata una passeggiata, e gran parte di noi sono davvero allo stremo. Milioni di persone hanno sofferto per il Covid, moltissimi sono morti a seguito del virus, il mondo intero si è fermato o quasi nella speranza di un vaccino e in attesa di un luce in fondo al tunnel. Eppure, io dico che questo anno ci ha anche insegnato molto, e quando si imparano cose fondamentali per la nostra esistenza in comune, vuol dire che quello non è stato affatto tempo perso. C’è del buono in tutto, così come c’è sempre il male ad accompagnarci, altro che magnifiche sorti e progressive. Insistere nel dire che il 2020 è stato orribile, vorrebbe dire salvare tutti gli altri anni trascorsi, nei quali non è mai mancata una guerra, mai la fame, mai un’epidemia, ma lo spregio delle libertà, mai la sofferenza, mai la fuga di innocenti dalla propria casa in cerca di un rifugio lontano, dove quasi sempre si è indesiderati? Tutti sono stati anni orribili, allora, non solo l’ultimo di essi.
Che cosa lo renderebbe differente? Credo anche il fatto che ci ha colpito di persona, che si è abbattuto direttamente sull’occidente ricco, mettendo clamorosamente in discussione la nostra libertà di consumo, di divertimento, le nostre movide, il nostro desiderare merci, beni, oggetti illuminati nelle vetrine, le nostre vacanze, i nostri week end, le settimane bianche, le discoteche, lo shopping, le feste. Orribile perché ci ha tolto il tempo libero, perché ci ha chiusi in casa, perché ci ha obbligato anche alla solitudine, ci ha indotto a pensare, ci ha fatto capire quanto i legami affettivi siano essenziali. E quindi perché ci ha reso consapevoli che davvero nessuno si salva da solo. Ecco, forse, qual è il cruccio vero di molti, in special modo di chi è stato colpito meno dal morbo e ha soprattutto sofferto per la mancata “libertà” di muoversi, andare in vacanza, trascorrere il tempo libero senza una regola e consumare voracemente beni e merci offerte dal mercato.
Ha scritto Giorgio Paolucci su ‘Avvenire’ di ieri che nel 2020 abbiamo clamorosamente scoperto la nostra strutturale fragilità, la nostra necessità dell’Altro, il nostro essere in special modo ‘relazione’. Una scoperta in piena controtendenza con l’idea individualista e narcisistica dominante, e che ha messo davvero in crisi la nostra attuale forma di esistenza personale e sociale. In questo senso, allora, il 2020 è stato anche anno mirabile: perché ha mostrato quanto fosse poca cosa o nulla la nostra presunta libertà di consumare e quanto fosse stolta l’ideologia narcisistica che informa le nostre vite di occidentali. E perché ci ha insegnato (o re-insegnato) la necessità di prendersi cura dell’Altro. L’Altro che è invisibile e non ha voce né esistenza sui mercati, né produce reddito e consuma quanto è necessario alla “crescita”, in special modo se è povero, ultimo, diseredato. Un ‘perdente’, in sostanza, secondo il pensiero dominante dei nostri tempi, dinanzi a tanti orribili, loro sì, ‘vincenti’.
È per queste ragioni che lascerei al 2020 un certo margine di mirabilità, un seppur piccolo riconoscimento positivo, perché ci ha introdotto in una apertura di verità che sembrava ormai chiusa per sempre ai nostri occhi. Buon 2021 a tutti, quindi, ma senza dannare il 2020. Fatene tesoro, anzi, perché un futuro migliore si costruisce anche così, andando oltre il narcisismo e la competizione individuale che ancora riemergono ad alti livelli politici e sociali come se niente fosse. Come se nulla fosse cambiato. Come se fossimo sordi a tutto. Come se non sapessimo imparare più nulla.